È il vischioso inganno del “sublime” a intrappolare l’uomo prima di ogni altra cosa, per poi farlo sospirare con intollerabile pazienza, dopo l’immensa, indicibile chiarezza”
Mishima Yukio, Il tempio dell’alba
Il porto, di notte, conserva tutti i misteri del docile mare a riposo. Le navi, puntellate di luci accecanti, che disturbano lo sguardo stanco, sembrano conchiglie gelose dei propri segreti. Immediatamente, sento il timore di scrutare quegli involucri perlacei, delicati, maestosi, che dominano le acque con monotona naturalezza.
Le strade, maculate di pozzanghere fangose, s’irrigidiscono al freddo e si piegano all’umido che vela la luna di un manto ombroso.
In lontananza, dove l’indistinto umano si mescola all’oscurità, scorgo un riposo di gabbiani, che ha l’aspetto di un manto di perle rilucente. Il silenzio, commisto a quel prato lattiginoso, mi fa pensare ai sogni marini di quegli uccelli che conoscono l’eternità del matrimonio tra sole e mare.
Gelosa di quel sonno abbacinante, vago di ombra in ombra, per sentire più da vicino quel respiro simile all’alito degli dèi.
Di tanto in tanto, il faro spolveraquel luogo rubato alla città, e una luce azzurrina, pari a un fascio lunare, si posa qua e là come una cavalletta impaziente.
All’improvviso, una macchina, con la voce simile ai suoni gutturali di un barbaro, fende quella candida melodia del riposo.
I gabbiani si ergono in volo come aerei pronti all’attacco. Si uniscono come api, le loro ali si sfiorano, i loro corpi, caldi di ore esposte al sole, si toccano, lievemente, come due mani di timidi innamorati. Il loro grido rauco, come un lamento, si riversa nel vuoto del mare. Sembra quasi che stiano piangendo e le loro lacrime, stille di rugiada, accarezzano l’asfalto grigio.
Di colpo, stanchi di quel volteggiare ribelle, si posano con grazia sul manto della strada. E riprendono i loro sogni di acqua e cielo.
Ho osservato, stupita e attonita, quell’antro recondito della natura. Il volo dei gabbiani, offesi nel loro momento di calma, mi è sembrato al movimento del sublime che avviene quando conosciamo la persona che amiamo. In quell’istante, con il nostro viaggio verso il prato celeste, condanniamo gli occhi al demone dell’illusione e un nuovo teatro, nell’anima, fa recitare ruoli che non corrispondono alla realtà. Ma quello slancio notturno ha creato un’azione: che sia l’illusione, con il dolore della verità, a far muovere il mondo?
Mariella Soldo
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