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Com’è fatta una poetessa?

Com’è fatta una poetessa? Con tutti quegli occhi
che non si vedono, quei cuori nascosti dietro le parole
ed una reflex per cellula sempre in posizione…

E’ sostanza rarefatta sui gradini della sera
e compensa l’umano nei primitivi suoni

Senza riparo lungo la bufera, quindi,
una poetessa è sola!
"come le pizie cumane
io canto il dolore di tutti" (Alda Merini)

ed io che parlo con te, quindi, sono solo anch’io…
e poeta…!
e noi, noi…
quale sostanza ci avvinghia, dunque?
Di che amore è fatto il disprezzo d’ogni libertà
schiavi come siamo di noi, di te e di me
che da fuori della porta ci bussiamo inuditi?

fra le vene screziate,del mio ultimo sonno

Sciogliendomi nelle ombre della sera
La notte cullerà l'attesa fino a domattina
come un abbraccio caldo.
Blu notte.
Silenzio.
Stringimi.

Teoria dell'estremo praticante.

Si, lo so! io sarò prosaico.
m'inuzzola gaiezza giocare
con verbi grassi e grasse rime
rincorrere di vernacoli le mode
dei motti detti solidi dialetti
voci di gleba a bassa lega stretti.
 
Che seppure è verità ripa non trova
poiché nessun che abbia sale in testa
vorrà con l'ira, ancorché giusta, replicar
a uno scherzo che molto rode ma
gli altri di risa fa goder e nulla cale.
 
La lirica più si specchia e si rispecchia
ammanta di bontà la sua maniera
rende graziose nane favole e concetti
maschera povere realtà minime banali
esalti miti insulsi in bella forma detti.
 
Poiché l'anima del cerebro si nutre
sede del vero del mistero e intelligenza
non nell'intestino o nella forma sciala
voglio testar che nulla è più eloquente
del frutto d'ogni dì che il praticante
mastica, in questa vita laida, snervante.

La tua melodia

 
 
É notte, il tempo si è fermato, cammini in questa città straniera che sa di medioevo e spezie. I tuoi passi ti portano a perderti in un labirinto di vie sconosciute. In distanza senti i rintocchi di un orologio che annunciano la sera. Una melodia si alza da una via laterale, incuriosito ti infili nella via e segui quel suono. Come il pifferaio magico, il suono ti calamita verso la sua fonte. Attraversi vicoli bui, ti infili in androni che si immettono in vie parallele, passaggi costruiti quando il ghetto si estendeva ancora tra queste antiche case. Ora il suono si fa più forte, riconosci la melodia, l'hai ascoltata numerose volte. Sbuchi su una piccola piazzetta dove il selciato si è arreso a zolle di terra sconnessa. Seduto dietro a un violoncello, con la schiena che rasenta i mattoni di una chiesa, un musicista anziano fa scorrere l'archetto sul suo strumento.
Corde che gemono, che emettono un suono greve, enfatizzato dai legni della cassa.
E la suite N°1 di Bach per violoncello, come una bolla di sapone, si stacca dallo strumento e si diffonde nell'aria. Tu, riverente di tale magia, ascolti con la tua anima che si stacca dalla realtà esterna. La musica ti rende leggero, ti fa salire verso il cielo. Come un bambino che osserva una vetrina di dolci, ti senti struggere tutto. Un pensiero di gratitudine prende lentamente forma nella tua mente. Pensi a come sarebbe ancora più grigia la vita senza la musica. Ti avvicini, in punta di piedi al musicista, deponi una moneta tra il velluto liso della custodia dello strumento appoggiata a terra, poi lentamente, religiosamente, con la musica ancora nel cuore ti allontani, e il labirinto medievale della città ti inghiotte.

E' bastato un attimo...

Lasciare senza rimpianti tracce di noi sul cuscino,
arginare con indifferenza la nausea montante,
mistificare la solitudine come scelta di vita.
Tutto nell’attimo espresso dalla parola addio.
 
Grande la consolazione in tutto questo:
non ho sprecato fiato e parole.
 
Adoro la sintesi!
 

Chi di spada ferisce...

parole incise con il temperino
lame fendenti il suo cuoricino
a prima vista la sua semantica
mi appariva davvero romantica
 
così mi son detto è proprio amore
versi che vanno diritti al cuore
poi mi sono infilato gli occhiali
ho letto: erano frasi molto banali
 
deluso pensai ora vado a dormire
oppure il mio drink altrove a finire
troverò  di certo aperto qui vicino
un altro bar, un altro tavolino
 
dove bevendo la mia solitudine
inciderò, come di consuetudine
questo pensavo al bar lì sul molo
non mi accorgevo che non ero solo
 
sentivo occhi  bucarmi le spalle
di colpo voltai lo sguardo alla calle
non v’era nessuno però una voce
diceva “sono come Cristo in croce
 
incidi su me le tue oppressioni
e non ti curi delle mie emozioni”
sono sicuro, non c’era nessuno...
una lacrima rossa sul mio tavolino
 

Il foulard

Un foulard come un pensiero
un foulard e il vento tra i capelli
di mattina
la musica addosso
lo sguardo alle nuvole
cantavamo
di certo
quando il cielo ci ha visti
e di doni ha riempito i paesaggi
di tinte e fragili suoni.
Un foulard
se annodarsi non è proibito
il sorriso
il sorriso!
ha tenuto la virgola
quest’oggi.

Tra spazi vuoti

...
 
Sento senza sapere
di trovarmi incauto e riverso.
Non ho opinioni e non ho verso.
 

Cin Cin

cin cin
 
il nostro amore era come champagne,
un coppa piena di parole dolci e di promesse
che come bollicine d’aria rendevano frizzante
ora è finito e non abbiamo più niente da dirci
le bollicine sono svanite non ha più sapore
senza parole è rimasta solo aria
brindo al silenzio con
un bicchiere
d
a
c
q
u
a
senza bollicine

in corsa ...

 
Una lacrima si ferma all’estremità
del pianto,
chiuso in un angolo il tempo conta
la sua caduta.
La roccia scalfita dal vento
disegna forme geometriche,
ma le soluzioni si fermano
nel battito di un secondo.
Cerco tra le pieghe di un foglio
una lettera mancante
nelle note di un violino,
è solo il grido di una stella che cade
nel silenzioso suo mondo, incompresa.
Sfreccio,
sfiorando il mio volto nella barba incolta,
tra aliti e soffi di pioggia caduta sul vetro,
formando venature senza senso,
ma cariche di tensione,
la ricerca del perduto, in un futuro presente.
Una mano conduce quel filo attaccato ad un ago
nell’orlo della vita,
cucendo l’attimo, stracciato da un impulso
che porta assente lontano…
 
 
                                   Amfortas
 
 
 
 

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