Scritto da © Bruno Amore - Mer, 03/03/2010 - 10:44
Teoria dell'estremo praticante.
Si, lo so! io sarò prosaico.
m'inuzzola gaiezza giocare
con verbi grassi e grasse rime
rincorrere di vernacoli le mode
dei motti detti solidi dialetti
voci di gleba a bassa lega stretti.
Che seppure è verità ripa non trova
poiché nessun che abbia sale in testa
vorrà con l'ira, ancorché giusta, replicar
a uno scherzo che molto rode ma
gli altri di risa fa goder e nulla cale.
La lirica più si specchia e si rispecchia
ammanta di bontà la sua maniera
rende graziose nane favole e concetti
maschera povere realtà minime banali
esalti miti insulsi in bella forma detti.
Poiché l'anima del cerebro si nutre
sede del vero del mistero e intelligenza
non nell'intestino o nella forma sciala
voglio testar che nulla è più eloquente
del frutto d'ogni dì che il praticante
mastica, in questa vita laida, snervante.
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Scritto da © Maria34 - Mer, 03/03/2010 - 09:58
La tua melodia
É notte, il tempo si è fermato, cammini in questa città straniera che sa di medioevo e spezie. I tuoi passi ti portano a perderti in un labirinto di vie sconosciute. In distanza senti i rintocchi di un orologio che annunciano la sera. Una melodia si alza da una via laterale, incuriosito ti infili nella via e segui quel suono. Come il pifferaio magico, il suono ti calamita verso la sua fonte. Attraversi vicoli bui, ti infili in androni che si immettono in vie parallele, passaggi costruiti quando il ghetto si estendeva ancora tra queste antiche case. Ora il suono si fa più forte, riconosci la melodia, l'hai ascoltata numerose volte. Sbuchi su una piccola piazzetta dove il selciato si è arreso a zolle di terra sconnessa. Seduto dietro a un violoncello, con la schiena che rasenta i mattoni di una chiesa, un musicista anziano fa scorrere l'archetto sul suo strumento.
Corde che gemono, che emettono un suono greve, enfatizzato dai legni della cassa.
E la suite N°1 di Bach per violoncello, come una bolla di sapone, si stacca dallo strumento e si diffonde nell'aria. Tu, riverente di tale magia, ascolti con la tua anima che si stacca dalla realtà esterna. La musica ti rende leggero, ti fa salire verso il cielo. Come un bambino che osserva una vetrina di dolci, ti senti struggere tutto. Un pensiero di gratitudine prende lentamente forma nella tua mente. Pensi a come sarebbe ancora più grigia la vita senza la musica. Ti avvicini, in punta di piedi al musicista, deponi una moneta tra il velluto liso della custodia dello strumento appoggiata a terra, poi lentamente, religiosamente, con la musica ancora nel cuore ti allontani, e il labirinto medievale della città ti inghiotte.
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Scritto da © Franco Pucci - Mer, 03/03/2010 - 06:53
E' bastato un attimo...
Lasciare senza rimpianti tracce di noi sul cuscino,
arginare con indifferenza la nausea montante,
mistificare la solitudine come scelta di vita.
Tutto nell’attimo espresso dalla parola addio.
Grande la consolazione in tutto questo:
non ho sprecato fiato e parole.
Adoro la sintesi!
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Scritto da © Franco Pucci - Mer, 03/03/2010 - 04:30
Chi di spada ferisce...
parole incise con il temperino
lame fendenti il suo cuoricino
a prima vista la sua semantica
mi appariva davvero romantica
lame fendenti il suo cuoricino
a prima vista la sua semantica
mi appariva davvero romantica
così mi son detto è proprio amore
versi che vanno diritti al cuore
poi mi sono infilato gli occhiali
ho letto: erano frasi molto banali
versi che vanno diritti al cuore
poi mi sono infilato gli occhiali
ho letto: erano frasi molto banali
deluso pensai ora vado a dormire
oppure il mio drink altrove a finire
troverò di certo aperto qui vicino
un altro bar, un altro tavolino
oppure il mio drink altrove a finire
troverò di certo aperto qui vicino
un altro bar, un altro tavolino
dove bevendo la mia solitudine
inciderò, come di consuetudine
questo pensavo al bar lì sul molo
non mi accorgevo che non ero solo
inciderò, come di consuetudine
questo pensavo al bar lì sul molo
non mi accorgevo che non ero solo
sentivo occhi bucarmi le spalle
di colpo voltai lo sguardo alla calle
non v’era nessuno però una voce
diceva “sono come Cristo in croce
di colpo voltai lo sguardo alla calle
non v’era nessuno però una voce
diceva “sono come Cristo in croce
incidi su me le tue oppressioni
e non ti curi delle mie emozioni”
sono sicuro, non c’era nessuno...
una lacrima rossa sul mio tavolino
e non ti curi delle mie emozioni”
sono sicuro, non c’era nessuno...
una lacrima rossa sul mio tavolino
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Scritto da © ventodimusica - Mar, 02/03/2010 - 22:33
Il foulard
Un foulard come un pensiero
un foulard e il vento tra i capelli
di mattina
la musica addosso
lo sguardo alle nuvole
cantavamo
di certo
quando il cielo ci ha visti
e di doni ha riempito i paesaggi
di tinte e fragili suoni.
Un foulard
se annodarsi non è proibito
il sorriso
il sorriso!
ha tenuto la virgola
quest’oggi.
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Scritto da © Wingdings - Mar, 02/03/2010 - 21:20
Tra spazi vuoti
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Scritto da © Franco Pucci - Mar, 02/03/2010 - 20:59
Cin Cin
cin cin
il nostro amore era come champagne,
un coppa piena di parole dolci e di promesse
che come bollicine d’aria rendevano frizzante
ora è finito e non abbiamo più niente da dirci
le bollicine sono svanite non ha più sapore
senza parole è rimasta solo aria
brindo al silenzio con
un bicchiere
d
a
c
q
u
a
senza bollicine
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Scritto da © mondoamfortas - Mar, 02/03/2010 - 20:11
in corsa ...
Una lacrima si ferma all’estremità
del pianto,
chiuso in un angolo il tempo conta
la sua caduta.
La roccia scalfita dal vento
disegna forme geometriche,
ma le soluzioni si fermano
nel battito di un secondo.
Cerco tra le pieghe di un foglio
una lettera mancante
nelle note di un violino,
è solo il grido di una stella che cade
nel silenzioso suo mondo, incompresa.
Sfreccio,
sfiorando il mio volto nella barba incolta,
tra aliti e soffi di pioggia caduta sul vetro,
formando venature senza senso,
ma cariche di tensione,
la ricerca del perduto, in un futuro presente.
Una mano conduce quel filo attaccato ad un ago
nell’orlo della vita,
cucendo l’attimo, stracciato da un impulso
che porta assente lontano…
Amfortas
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Scritto da © neraorchidea - Mar, 02/03/2010 - 18:49
Un tedio colorato
Chiudiamo bilanci in un saldo invisibile
facciamo conti e perdiamo
fra un’addizione e un'altra
nella malia insipida di uffici silenziosi
contiamo numeri e delusioni
le dimenticanze dell’amore
in un tirocinio monotono
ascoltando un’impossibile grammofono che suona nella nostra anima
la vita che si perde
in una porpora di versi e filo spinato
viviamo autunni che abbiamo già perduto
nel cigolio di cose ferme
in perfetta stasi d’illusione
vacillando nell’acqua dei sogni
piccole barche di carta piegate agli angoli.
Poi
scriviamo appunti ai margini della pioggia passata
in un tedio colorato
pieghiamo il collo alla vita come un giogo
in un tenero supplizio d’Apocalisse
in un allegra compagnia di soldatini di piombo
e stringiamo al seno la primavera
quando in cielo ricominciano le stelle.
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Scritto da © Franco Pucci - Mar, 02/03/2010 - 18:47
E' tempo di acquerello.
schiacciato tra due toni di blu prepotente
il rosso del cuore si fa viola per lo sforzo
cianotico è il respiro del grigio dei polmoni
il nerofumo di un’anima in disuso fuoriesce
da una bocca spalancata ad urlare il silenzio
il rosso del cuore si fa viola per lo sforzo
cianotico è il respiro del grigio dei polmoni
il nerofumo di un’anima in disuso fuoriesce
da una bocca spalancata ad urlare il silenzio
eppure primavera incombe e vorrebbe
toni gentili, tinte pastello e acquerelli delicati
sentimenti lievi e soffici veleggiare il cuore
verso azzurri cieli puntati di batuffoli bianchi
e l’anima sorridente plauderebbe al bel dipinto
toni gentili, tinte pastello e acquerelli delicati
sentimenti lievi e soffici veleggiare il cuore
verso azzurri cieli puntati di batuffoli bianchi
e l’anima sorridente plauderebbe al bel dipinto
così vorrei fosse questo momento dove i colori
hanno l’aggressività e la forza di un Van Gogh
crudi e incombenti violentano, mi tolgono respiro
bruciano gli ultimi fuochi dell’anima in attesa
e sibilando pezzi di cuore cercano nuovo ritmo
hanno l’aggressività e la forza di un Van Gogh
crudi e incombenti violentano, mi tolgono respiro
bruciano gli ultimi fuochi dell’anima in attesa
e sibilando pezzi di cuore cercano nuovo ritmo
da tempo la tela che ho davanti è strappata
l’apatia ha vinto, mi ha tolto di mano i pennelli
una tavolozza a me sconosciuta e mai gradita
ferisce e imbratta con violenza di forti colori
il trascorrere plumbeo di queste ultime giornate
l’apatia ha vinto, mi ha tolto di mano i pennelli
una tavolozza a me sconosciuta e mai gradita
ferisce e imbratta con violenza di forti colori
il trascorrere plumbeo di queste ultime giornate
appenderò queste tele ferite al muro dei ricordi
rimarranno lassù, volgari ricettacoli di polvere
tutto è pronto anche la nuova, gentile tavolozza
attende tele vergini per riempire con dolcezza
di colori acquerello l’arrivo della primavera
rimarranno lassù, volgari ricettacoli di polvere
tutto è pronto anche la nuova, gentile tavolozza
attende tele vergini per riempire con dolcezza
di colori acquerello l’arrivo della primavera
l’anima sta cercando la cornice adatta
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