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blog di SebastianoA

(tu bella con le tue croci)

 
tu bella con le tue croci seppur senza chiodi a non ripetere
l’unicità del faticoso ausilio con ametiste sulle unghia corrose dal grido
e tu bella con tutte le plastiche sul capo  i doni di fuoco
che bruciano parole e ti servirebbero se fossero semi oppure ossa

# 4 della sera

 
(prima lacuna)
 
c’è una certa pace tra i piatti e la bocca lontani dai tumulti sottostanti
cerchi portati giù schiantati tra le cosce dai brillamenti decodificati  e nudi
si accavallano i silenzi nel giogo dell’afa settembrina

Tutto qui… (# 1 dell‘assenza)

E’ sulle trame delle assenze che si arrampicano tutte le apatie
nell’oscuro campo dietro gli occhi

La stazione di Lagonegro

La stazione di Lagonegro ha tre occhi e un ombrello
e nessun tappeto rosso sopra o sotto il marciapiede
 

(Ho cercato ovunque una ragione per dire
- finiamola una buona volta con questo cuore -
perché ho dentro tutte le pietre e tutti i fiori, le colpe e tutti i canti.
Ma a che servono adesso che non ho un “dentro”
da svuotare o riempire?)

Racconta molto la Stazione di Lagonegro, confine di due menti
cambio di pensiero tra il sonnecchiante sei del mattino e
schifoso odore di caffè
ma non c’entrano i gerani, il macchinista, il freddo…

(Ti rubo un tempo nel tempo,
porto via qualche attimo per scansare la tristezza. Nulla più.)

Tutto quel grigiocadmio del cielo grava sui tetti come se volesse,
come se potesse violentare il mondo
o sono gli occhi lasciati sui divani volanti che vedono la parte bassa
dell’arcobaleno?
Non ci sono richiami nelle scritte sui muri o negli alberi dei “ti amo”
nati morti per arricchimento e constatazione

(Dimenticanza. Oh nume! lasciami pensare che sono ancora vivo
nel mio bell’inferno, seppur senza cavallo e dama nella torre.
Che sia una parola, menzogna o no, a darmi la speranza.)

La stazione di Lagonegro ha un ombrello e tre occhi
e mi spia.

Reintegrazione del niente

tutum tutum
tutum tutum

veloce sotto le luci
il treno fugge
verso il riscontro

tutum tutum

si armonizzano per simpatia
rumori e battito
tutum
cardiorotaia ferro-spugnosa
tutum
veloce sotto le luci
un bla - bla - bla
tonfo, sasso, orecchio,
- per carità - tutum

tutum tutum

Invasione dell’ipotalamo
con micro devastazioni periferiche
estese al sentimento medio…
Dio quant’eri bella
lenta sopra le luci
diagnosticata “tu”
l’insieme disgregato dell’incognita
tutum tutum
decadimento proto semantico
del più semplice bbbbalbettare
senza più respiro da dare
né calendule post oniriche
confuse girandole tutum
senza mani

tutum tutum

Operiamo il transito
dal cobalto al chiodo
senza intermedie illusioni
- dritto al cuore, dritto al cuore -

tutum o elusioni?   tutum?
Batti ancora processore quantico
sulla “vetta della torre antica”
saccheggiata e senza luna
per quel fiume di tutum
parole senza spine

tutum tutum
tutum tutum

- Firenze, stazione di Firenze -
- Qualcosa da dormire, per favore! -

tutum
tu        tu          m

π (#5 della notte)

Muri

Avevo un angelo in gola
un volo d'anime vaghe
e lunghe code di sogni
sorprendenti vanghe
sulla mia carne           aspettandoti

piano

Quanti giacigli persi negli abbracci
vuoti di noi, ossido di me, essenza
di te, ultimo kyrie del mio sentimento
sopravvissuta memoria e mai
accidentale groviglio           cosa ho cercato

adagio?

Tu qui  io più il là, muri

Maturate le rive ed i passaggi
immobile e con due rose sulla punta
degli occhi, ti vedo arrivare, scorgermi
riconoscermi               adesso che solo

posso darti
parole...

 

Il patriarca di Helsinki

La raffineria di Sannazzaro

 

Ero lì.

C’ero anch’io tra i fumi solfurei ed i camminatoi unti d’olio
A destra e a sinistra solo tubi e pompe, premesse al consumismo
e rari germogli avvelenati di cristalli frettolosi
 
Oltre la cortina, più in là degli occhi, nell’impalpabile memoria
dei numeri a venire, c’eri tu!
 
I rumori, le canzoni in media frequenza, le cinture di sicurezza
certo non profumavano di te. Intanto eri la con le tue mani
e tutto l’armamentario di sensi che mi avrebbe invaso.
 
E tu, chissà, guardavi dalla tua luna quegli strani movimenti
di gru e di braccia confusi dalle ciminiere e da un pulsare nuovo del cuore…
quanto ci siamo avvicinati per poi allontanarci e di nuovo sorprenderci vicini
e tutto questo solo per un veleno che nemmeno la raffineria di Sannazzaro
riusciva a processare?
 
Eppure, se di questo scrivo, t’amo ancora

Carne mia

 
Guardi. Io ti guardo che t’avvampi
seno di terra e acqua. Vaso
 
Sotto la gonna i sensi radunati

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