Scritto da © ande - Mar, 22/03/2011 - 23:52
Iacopo de' Benedetti, conosciuto da i più come Iacopone da Todi, fu notaio e partecipò alla vita letteraria della sua città. Nascita e morte sono incerte. La sua opera letteraria ci induce a pensare con una certa sicurezza che conosceva piuttosto bene la produzione di Guittone d'Arezzo. Nel 1268, causa la morte della giovane moglie, cambiò radicalmente la sua vita. La leggenda, infatti, narra che rimase estremamente colpito dal fatto che la moglie, sotto le vesti lussuose, portasse nascostamente un cilicio, strumento di penitenza per quei tempi. Per circa dieci anni si dedicò ad opere di penitenza. Nel 1278 entrò a far parte dell'ordine francescano come frate laico, prendendo apertamente le parti verso gli "spirituali" e attaccando con molta durezza la ricchezza e la corruzione della chiesa di Roma. Nel 1294, quando Pier da Morrone fu eletto papa con il nome di Celestino V e approvò l'ordine degli "spirituali", in lui la speranza crebbe notevolmente e infatti nella lauda "Que farai, Pier da Morrone" c'è proprio un sentimento di positività. Attese che però furono immediatamente disattese quando Bonifacio VIII vestì la veste papale e revocò subito tale riconoscimento. Jacopone, dopo questo dietro front, si schierò definitivamente contro la chiesa di Roma. Nel 1298 fu scomunicato e fatto prigioniero: la sua detenzione fu durissima, non chiese mai la grazia ma invocò alacremente la revoca della scomunica, che giunse solo con l'avvento di Benedetto XI. Ormai malato si ritirò nel convento di San Lorenzo di Collazzone, dove morì. La produzione artistica di Iacopone, costituita da 93 laude di paternità certa, è caratterizzata da uno slancio religioso ascetico e focoso. Egli si sofferma sulla negatività della vita e del mondo e il peccato resta il soggetto primario di questa involuzione dei ritmi vitali. In questa prospettiva Iacopone affronta la vita con cipiglio sarcastico e crudo, i suoi versi furono scritti in un volgare umbro di un'intensità che sorprende e sorprende perché tale volgare non era stato ancora assoggettato alle norme della lingua letteraria, anzi, in molti passaggi, le invenzioni lessico-linguistiche sono evidenti. Il frate ebbe il coraggio di portare la pedagogia nella sua poetica e questo suo atteggiamento, per alcuni aspetti davvero rivoluzionario, divenne inevitabilmente un mezzo per cercare di spiegare il mistero dell'incarnazione e della passione di Cristo, viste come capovolgimento di tutti i valori che regolano le convenzioni della società umana...E su questo tema egli scrisse versi intensi e celebri, quelli del Pianto della Madonna
O figlio, figlio, figlio,
figlio, amoroso giglio,
o figlio, chi dà consiglio
al cor mio angustiato?
Figlio, occhi giocondi,
figlio, che non rispondi,
figlio, l'alma t'è uscita,
figlio della smarrita.
Figlio bianco e vermiglio,
figlio senza simiglio,
figlio bianco e biondo,
figlio, volto giocondo,
figlio, perchè t'ha il mondo,
figlio, così spezzato?
Figlio, dolce e piacente,
figlio della dolente,
figlio, che ti ha la gente
malamente trattato [ continua ]
figlio, amoroso giglio,
o figlio, chi dà consiglio
al cor mio angustiato?
Figlio, occhi giocondi,
figlio, che non rispondi,
figlio, l'alma t'è uscita,
figlio della smarrita.
Figlio bianco e vermiglio,
figlio senza simiglio,
figlio bianco e biondo,
figlio, volto giocondo,
figlio, perchè t'ha il mondo,
figlio, così spezzato?
Figlio, dolce e piacente,
figlio della dolente,
figlio, che ti ha la gente
malamente trattato [ continua ]
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