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Il Festival della Santa Rivolta

 
sanremo

 

Sabato sera. Padre, madre e figlia riuniti davanti alla televisione. Sulla terza rete sta terminando “C’era una volta in America” di Sergio Leone, ma sul primo canale c’è uno spettacolo più impellente: la premiazione finale del Festival. Allineati da sinistra a destra sullo schermo: un ragazzo magro e timido che con la sua voce ha messo a dura prova le fondamenta del Teatro, un ragazzo più piccolo e ancora più timido con una chioma di ricci rossi e un sorriso contagioso, e infine una compagine a tre che comprende un cantante con una notevole autoironia, un tenore che se ne sta professionalmente in disparte e un principe che ha perso il posto di lavoro.
Tutti e tre gli “act” attendono il risultato finale, ma ciascuno di loro è già stato un vincitore: il primo di un talent show, il secondo – anche (il lupo cambia il network ma non il vizio..), il terzo di un’antipatia enorme ed equamente spartita tra pubblico e privato.
La famiglia spettatrice segue con ansia: la figlia ha un suo favorito, la madre anche, il padre spera che tutto finisca presto ma tutti concordemente sperano di non subire un’ulteriore dose di vergogna repulsiva..per di più in tripla dose. Arriva la “reclame”: si inganna l’attesa sbirciando Robert De Niro e James Woods che dialogano. Lo spettacolo riprende. La conduttrice del Festival, indecisa se continuare a sorridere o chiedere ai Carabinieri presenti di blindare il palco, riceve la busta fatale. L’attesa è spasmodica. La paura di sorprese lo è di più. L’orchestra si è già ribellata lanciando gli spartiti sul palco – domani dovrà toccare alle pietre sulle sedi della televisione nazionale??….
Ma tutti gli incubi hanno un limite, e sembra che fortunatamente entro quel limite ancora siamo: vince Valerio, il ragazzo con i ricci rossi e che, testo oscuro a parte, è stato dotato di una canzone bella ed efficace, saggiamente orchestrata e che con il suo andamento su due tonalità crea un vortice melodico a cui è difficile sottrarsi. A dirla tutta non era difficile a prevedersi: avversarie erano una nervosissima canzone pop-rock interessante, ma poco confortevole, e una parodia musicale di non si sa bene cosa… forse di un’altra parodia.
Lo spettacolo finisce. La famiglia spegne il televisore, con un respiro di sollievo e qualche delusione: la figlia per la vittoria mancata di Marco, l’altro ragazzo (quello con il pezzo rock, per intendersi), il padre per non essere andati tutti a letto prima. Si spengono le luci.
Per la cronaca, di disoccupati veri oltre al principe ce ne sono stati altri durante la serata: la differenza è che loro, al posto del patetismo, hanno usato la dignità e la determinazione nel perorare la propria causa. Perché loro qualcosa di serio da rivendicare ce l’hanno.
Buonanotte. La prossima volta però si guarda direttamente “C’era una volta in America.”…

Enrico De Zottis

 

 

articolo originariamente pubblicato su Flipmagazine.eu

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