Dino Pedriali, il suo grido ai politici e l'arte di mettere a nudi l'anima
Ben pochi artisti riescono a svelare la parte più recondita della personalità dell’esistenza umana. Giocando sapientemente con le luci e i colori, un antesignano di questa maestria si può considerare Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio. Guardando le foto del Maestro della fotografia Dino Pedriali ci si accorge come alcune parti dei corpi immortalati sulla pellicola, risultano in continua comunicazione con chi li osserva. È forse quell’archetipo che si riconosce nelle opere “sudate” dell’arte, che fa sì che si definiscano classiche? Fatto sta che le sue foto, o meglio, la sua Arte riesce a mettere a nudo l’inconscio, e poi la coscienza di chi viene ritratto. È come una “confessione” assolutamente privata quella che avviene nel buio del suo obiettivo e così Erich Wolf Segal, Giacomo Manzù, Giorgio De Chirico, Federico Zeri, Marcel Carné, Carol Rama, Alberto Moravia, Federico Fellini, Rudolf Nurejev, Andy Warhol, Man Ray, Pier Paolo Pasolinied infiniti altri, si sono “inconsciamente” confessati dal M° Dino Pedriali, e lui gli ha concesso… l’immortalità.
Alcune sue foto, proprio per questa loro caratteristica, da sole, proiettate od inserite in un contesto teatrale, cinematografico rievocativo o a sostegno di fatti di cronaca, sono delucidanti il personaggio stesso e fanno sì che diventino il loro avvocato difensivo. È il caso del ritratto-icona di Pier Paolo Pasolini con il pugno della mano sinistra sotto il mento che osserva il mondo: questa foto simbolo di Pier Paolo viene spesso utilizzata senza il consenso ne la citazione dell'autore Dino Pedriali, Maestro della fotografia. Pier Paolo Pasolini venne fotografato nella sua casa di Chia nel 1975, mentre era intento a scrivere con la sua Olivetti 22; correggeva alcuni passi del suo libro Petrolio poco tempo prima del suo tragico assassinio, avvenuto il 2 novembre 1975 all'Idroscalo di Ostia.
D – M° Pedriali, in questo periodo nel quale si vocifera la possibilità di riapertura del Caso Pasolini, quale è la sua teoria su quel capitolo 21, lampi sull’ENI, sottratto dal libro Petrolio?
R – La mia non è una teoria ma una testimonianza che può servire a sbrigliare le eliche dalla poltiglia; una testimonianza che dia almeno un bagliore di verità sulla morte di Pier Paolo Pasolini. Io accettai di illustrare con i miei scatti, con le mie foto il romanzo con il quale Pier Paolo Pasolini mi coinvolse nel lavoro, ma soprattutto mi disse che io sarei stato in grado di illustrarlo. E come agiva Paul Sartre, un grande uomo intellettuale e non solo, l’azione ed il pensiero di Pier Paolo Pasolini diventano una unica cosa; iniziamo con la committenza da parte di Pasolini, di eseguire delle foto di nudo. Mi disse inoltre: “Dato che è l’inizio, ti chiedo gentilmente di fare in modo che io non mi accorga della presenza di un fotografo; solo ad un certo punto mi accorgo di una presenza che sta spiandomi nella mia intimità”. Capendo io l’enorme importanza dell’azione del grande poeta Pier Paolo Pasolini, gli suggerisco di ripetere l’azione fotografica con il buio totale all’esterno e la luce elettrica nell’interno della sua stanza da letto dove avveniva l’azione del presentarsi nell’intera nudità. Il fotografo è come un ambasciatore della persona ritratta. Ecco, subito dopo Pier Paolo Pasolini mi parla con molta più precisione del monumentale romanzo che stava scrivendo, lo vidi, aveva due titoli, “Vas o Petrolio”, quel titolo, formato da due parole, dava l’idea di un contenitore. Mi disse che avremmo impiegato cinque anni per completare il tutto; lo stava scrivendo, o correggendo, in quel momento mentre io lo fotografavo; seicento cartelle che mi avrebbe consegnato per iniziare l’illustrazione fotografica; aggiunse che la stesura del romanzo era ormai di duemila cartelle dattiloscritte. Rimanemmo d’accordo che gli avrei fatto vedere il risultato dei due rullini scattati, di lui nudo, il giorno 2 novembre del 1975, con l’appuntamento stabilito in tarda mattinata. Ecco, qui termina il mio incontro con Pier Paolo Pasolini per iniziare un viaggio che io definisco infinito, in quanto in partenza, perché lavoravo a Torino, per ritornare a vivere nella mia città madre, Roma, essendomi licenziato dal lavoro che facevo, per dedicarmi completamente a questo incarico che avevo accettato. Ancora adesso che ne parlo a distanza di 35 anni, di quel 2 novembre del 1975, sento il notiziario radiofonico dell’uccisione, dell’omicidio, di Pier Paolo Pasolini. Come uno scalpello da scultore, si incide nel mio cervello questa data. Ho sempre attribuito un valore importantissimo alle coincidenze, in quanto fondamentalmente non credo alla coincidenza, ma ad una azione che si può svelare a distanza di molti anni, anche in senso infinito. Questo per dire che all’epoca, quando mi fu proposto da Laura Betti, un successo di carriera nel pubblicare per una importante casa editrice, un libro monografico, fotografico naturalmente, di un personaggio famoso… a mia libera scelta. In cambio però avrei dovuto distruggere i provini, i negativi e le prove stampa 18X24, che per la cronaca, messe in un plico, consegno all’erede universale, Graziella Chiarcossi. Da quel momento avevo una sola possibilità, diventare un grande fotografo di nudo maschile, e è dal 1976 che continuo la mia carriera di fotografo artista del nudo, coniando un motto, come io lo identifico tra i vari motti creati nel lungo cammino, “l’ARTE è una infinita corsa, non ci sono traguardi”, e con queste mie dichiarazioni di testimone oculare del mio incontro con il grande poeta Pier Paolo Pasolini, dico: “Ho salvato il corpo del più grande poeta del secolo scorso”, e spero che il secolo nascente, il XXI, possa vedere la nascita di nuovi poeti. Io sono molto addestrato all’isolamento culturale ma per non essere schiacciato dall’uso e dall’appropriazione delle mille sfaccettature “diamantesche” della grandezza di Pier Paolo Pasolini, nel 1978 decido di esporre i nudi del grande poeta alla “Galleria Ingapin” di Milano. Purtroppo oggi non esiste più per la morte del gallerista, avvenuta recentemente. Luciano Ingapin è stato un promotore della Body Art avendola lanciata internazionalmente; un solo nome per tutti: Gina Pane. Fu messo un veto sulla mia mostra. Fu dato ordine di non scrivere, di non recensire la mostra! Mi telefonò la giornalista Maria Luisa Agnese, dicendomi: “Signor Pedriali, è stato messo un veto su questa mostra, ma noi siamo Panorama, vogliamo sapere cosa c’è dietro i nudi di questo grande scrittore, dietro i nudi di Pier Paolo Pasolini?” La mia risposta fu molto evasiva sul vero scopo: “Ho voluto esporre questi nudi per dichiarare innanzi tutto la mia omosessualità, perché non è solo Pier Paolo che ama andare con i ragazzi di vita!” Oggi dire questo fa sorridere ma all’epoca non trovavi casa, venivi emarginato dal lavoro, non c’erano i gruppi e le associazioni di orgoglio omo. Si formavano all’epoca i vari movimenti a difesa della libertà sessuale. Questo fu per me un grande sacrificio perché non avevo bisogno di dichiarare apertamente, pubblicamente, le mie scelte sessuali. Questa mia dichiarazione ha fatto sì che coniassi il termine “Passaporto della mia libertà”. Questo è per dire che quest’anno, leggo una notizia sul “DNews” datata 3 marzo 2010, anno 3, n°38. A caratteri cubitali: “L’annuncio del senatore: è polemica. Pasolini inedito ce l’ha Dell’Utri”. Non ricordo a memoria d’uomo una così massiccia scesa in campo di tutte le testate giornalistiche, piccole, medie e locali, su questo argomento! Con molta fatica sono andato all’Auditorium di Roma per assistere alla presentazione del filmato di trenta minuti, commentato dalla voce di Sergio Citti sull’omicidio del regista-poeta Pier Paolo Pasolini. È importante la testimonianza di quel pescatore parente di Olimpio, l’uomo che ultimamente è morto nell’incidente sulla Roma Fiumicino che stava in macchina con Pino Pelosi. All’Auditorium parlò l’ex assessore capitolino alla cultura Gianni Borgna, parlò l’avvocato Guido Calvi, parlò l’assessore capitolino alla cultura Umberto Croppi; stava per intervenire il regista, Mario Martone, quando l’ho interrotto rivolgendomi a Borgna: “Mi scuso, ma il problema non riguarda l’arte, mi rivolgo a lei, senatore Calvi, a lei, direttore Gianni Borgna e a lei assessore alla cultura Croppi, per dirvi che il mio è un intervento politico. Sono qui per dirvi che state facendo un altro ennesimo errore, e questa volta sarà veramente la fine! Esiste il manoscritto scomparso, l’ho visto! Quello che il senatore Marcello Dell’Utri ha dichiarato è vero perché Pasolini quel fascicolo lo aveva sempre con se, insieme alla sua Olivetti 22. Il compito signor Calvi è che voi arriviate alla verità sulla morte di Pier Paolo Pasolini per condannare i vivi se sono vivi e i morti se sono morti! È stato un atroce e ferocissimo pestaggio fatto con disprezzo verso il più grande poeta del secolo appena trascorso!”
In quegli anni, sul finire del 1974, venne compiuto a Torino il primo efferato omicidio su un omosessuale, un uomo anonimo; è sembrato preparatorio alle coscienze italiane di quello che seguì tra la notte del 1° e il 2 novembre 1975 all’idroscalo di Ostia. E senza dubbio l’omicidio eccellente, compiuto sull’inventore della poesia civile, su Pier Paolo Pasolini, ha la stessa matrice di quello di Torino, ma essendo Pier Paolo Pasolini, sono 35 anni che se lo contengono destra e sinistra, dimenticandosi i politici di qualsiasi fazione o colore che Pier Paolo Pasolini è il più grande poeta civile della storia contemporanea. Ha dato voce al popolo, agli emarginati, ai diversi, ai violentati! Io leggo con gli occhi, con il mio obiettivo, io sono un uomo di immagine e traggo ispirazione dalla vita, da ciò che vedo, e chi mi guida e mi accompagna in questo fantastico cammino è la POESIA.
Per provocazione cito Marziale: “La poesia è come l’aria, il vento, l’olfatto, il gusto”, e sono commosso per quello che ti sto per dire Giuseppe, sono cinque giorni che a chiusura del TG2 vedo il “Viaggio in Italia” di Pier Paolo Pasolini, che tratta della bellezza di questo Paese. Sono fiero, orgoglioso, fanatico che oggi in Italia Pier Paolo Pasolini è come per il popolo tedesco Goethe.
Vi prego, politici, quel nudo rappresenta per me quello che Pasolini, Pier Paolo, ha desiderato che il suo corpo non diventasse polvere!
Vi prego, politici, difendete questo patrimonio culturale in maniera assoluta!
Se muore il pensiero, l’arte non ce la fa a sopravvivere!
@RIPRODUZIONE RISERVATA-INTERVISTA ESCLUSIVA DI DINO PEDRIALI RILASCIATA A GIUSEPPE LORIN.
Alla fine del 2009 al M° Dino Pedriali è stata consegnata una "menzione speciale" del "PREMIO TERNA 02" alla presenza del Ministro per i Beni e le Attività Culturali Sandro Bondi. La Giuria del Premio Terna 02 per l’Arte Contemporanea gli ha conferito una menzione speciale alla carriera dell’artista per l’opera “Miraggio”, come riconoscimento sia per qualità dell’opera, sia per il valore di una carriera coerente e rigorosa.
Ventinove fotografie sono state raccolte nel libro “Dino Pedriali e i suoi amici”. L’albo rappresenta la summa della sua arte fotografica ed i suoi incontri con chi ha segnato il secolo appena trascorso.
Riporto qui di seguito ciò che Gianluca Bemporad ha scritto a proposito elencando e descrivendo le opere:
“Gli scatti nello studio parigino di Man Ray insieme a Juliet e Luciano Anselmino, allora titolare a Torino della galleria “Il Fauno”, in un’immagine surrealista con la maschera;
Il reportage realizzato durante “Il viaggio in Italia” di Andy Warhol in un momento con Liza Minnelli e Carol Rama, a Roma;
Le immagini celeberrime destinate ad integrare l’opera postuma “Petrolio” di Pier Paolo Pasolini; lo sguardo sul cinema con i ritratti di Marcel Carné e Danilo Donati e la presenza, non meno importante, della più grande sceneggiatrice italiana Suso Cecchi D’Amico; Il momento di intimità in camerino prima dello spettacolo, durante il trucco, di Rudolf Nureyev,
che assume valore assoluto, dell’espressione e del corpo dell’uomo, nel nudo e nel ritratto in pieno giorno; Le note pensate e rimaste nell’aria, alla fine dell’esecuzione, nell’incredulità che avvolge lo spettatore prima dell’applauso, nello sguardo di Renata Scotto. Pedriali vuole condividere il privilegio di questi incontri anche con chi è meno noto, ma ha lo stesso valore evocativo “d’opera” che è: “… Una rivelazione autonoma dell’apparecchio fotografico, con la complicità dell’artista.” La passione per l’arte, che difende sopra ogni cosa, lo ha spinto da sempre verso lo studio del nudo, per lui vocazione irrinunciabile e che ha bisogno di artisti e testimoni, (questa è la ragione della presenza di Luigi Ontani e del compianto Giacinto Cerone), per non essere dimenticato”.
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