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Poesia

E' bastato un attimo...

Lasciare senza rimpianti tracce di noi sul cuscino,
arginare con indifferenza la nausea montante,
mistificare la solitudine come scelta di vita.
Tutto nell’attimo espresso dalla parola addio.
 
Grande la consolazione in tutto questo:
non ho sprecato fiato e parole.
 
Adoro la sintesi!
 

Chi di spada ferisce...

parole incise con il temperino
lame fendenti il suo cuoricino
a prima vista la sua semantica
mi appariva davvero romantica
 
così mi son detto è proprio amore
versi che vanno diritti al cuore
poi mi sono infilato gli occhiali
ho letto: erano frasi molto banali
 
deluso pensai ora vado a dormire
oppure il mio drink altrove a finire
troverò  di certo aperto qui vicino
un altro bar, un altro tavolino
 
dove bevendo la mia solitudine
inciderò, come di consuetudine
questo pensavo al bar lì sul molo
non mi accorgevo che non ero solo
 
sentivo occhi  bucarmi le spalle
di colpo voltai lo sguardo alla calle
non v’era nessuno però una voce
diceva “sono come Cristo in croce
 
incidi su me le tue oppressioni
e non ti curi delle mie emozioni”
sono sicuro, non c’era nessuno...
una lacrima rossa sul mio tavolino
 

Il foulard

Un foulard come un pensiero
un foulard e il vento tra i capelli
di mattina
la musica addosso
lo sguardo alle nuvole
cantavamo
di certo
quando il cielo ci ha visti
e di doni ha riempito i paesaggi
di tinte e fragili suoni.
Un foulard
se annodarsi non è proibito
il sorriso
il sorriso!
ha tenuto la virgola
quest’oggi.

Tra spazi vuoti

...
 
Sento senza sapere
di trovarmi incauto e riverso.
Non ho opinioni e non ho verso.
 

Cin Cin

cin cin
 
il nostro amore era come champagne,
un coppa piena di parole dolci e di promesse
che come bollicine d’aria rendevano frizzante
ora è finito e non abbiamo più niente da dirci
le bollicine sono svanite non ha più sapore
senza parole è rimasta solo aria
brindo al silenzio con
un bicchiere
d
a
c
q
u
a
senza bollicine

in corsa ...

 
Una lacrima si ferma all’estremità
del pianto,
chiuso in un angolo il tempo conta
la sua caduta.
La roccia scalfita dal vento
disegna forme geometriche,
ma le soluzioni si fermano
nel battito di un secondo.
Cerco tra le pieghe di un foglio
una lettera mancante
nelle note di un violino,
è solo il grido di una stella che cade
nel silenzioso suo mondo, incompresa.
Sfreccio,
sfiorando il mio volto nella barba incolta,
tra aliti e soffi di pioggia caduta sul vetro,
formando venature senza senso,
ma cariche di tensione,
la ricerca del perduto, in un futuro presente.
Una mano conduce quel filo attaccato ad un ago
nell’orlo della vita,
cucendo l’attimo, stracciato da un impulso
che porta assente lontano…
 
 
                                   Amfortas
 
 
 
 

Un tedio colorato

Chiudiamo bilanci in un saldo invisibile
facciamo conti e perdiamo
fra un’addizione e un'altra
nella malia insipida di uffici silenziosi
 
contiamo numeri e delusioni
le dimenticanze dell’amore
in un tirocinio monotono
ascoltando un’impossibile grammofono che suona nella nostra anima
la vita che si perde
in una porpora di versi e filo spinato
 
viviamo autunni che abbiamo già perduto
nel cigolio di cose ferme
in perfetta stasi d’illusione
vacillando nell’acqua dei sogni
piccole barche  di carta piegate agli angoli.
 
Poi
scriviamo appunti ai margini della pioggia passata
in un tedio colorato
pieghiamo il collo alla vita come un giogo
in un tenero supplizio d’Apocalisse
in  un allegra compagnia di soldatini di piombo
 
e stringiamo al seno la primavera
quando in cielo ricominciano le stelle.

E' tempo di acquerello.

schiacciato tra due toni di blu prepotente
il rosso del cuore si fa viola per lo sforzo
cianotico è il respiro del grigio dei polmoni
il nerofumo di un’anima in disuso fuoriesce
da una bocca spalancata ad urlare il silenzio
 
eppure primavera incombe e vorrebbe
toni gentili, tinte pastello e acquerelli delicati
sentimenti lievi e soffici veleggiare il cuore
verso azzurri cieli puntati di batuffoli bianchi
e l’anima sorridente plauderebbe al bel dipinto
 
così vorrei fosse questo momento dove i colori
hanno l’aggressività e la forza di un Van Gogh
crudi e incombenti violentano, mi tolgono respiro
bruciano gli ultimi fuochi dell’anima in attesa
e sibilando pezzi di cuore cercano nuovo ritmo
 
da tempo la tela che ho davanti è strappata
l’apatia ha vinto, mi ha tolto di mano i pennelli
una tavolozza a me sconosciuta e mai gradita
ferisce e imbratta con violenza di forti colori
il trascorrere plumbeo di queste ultime giornate
 
appenderò queste tele ferite al muro dei ricordi
rimarranno lassù, volgari ricettacoli di polvere
tutto è pronto anche la nuova, gentile tavolozza
attende tele vergini per riempire con dolcezza
di colori acquerello l’arrivo della primavera
 
l’anima sta cercando la cornice adatta
 

Pescatore

5748843[1]
   (foto di Diego Rocco)
Capo chino nel tramonto
le dita antiche di sabbia e sale
a liberar mute speranze
impigliate
tra i nodi della vita
come  frantumate conchiglie
sgretolate dal tempo.
All’orizzonte
solitario
un biancheggiar di gabbiani.

Quel teschio anch'esso un tempo ebbe una lingua

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