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Poesia

Ce starei bene...co' lei

Comincia quasi sempre così, che l’incontri pe strada e t’arivorti appena che è passata…
 E dici: ammazza che forme e che occhi, belli come du fanali o…du fanali ar posto dell’occhi?
E mentre passa senti quer profumo…è ‘na miscela che nun se po’ di’, ‘na cannonata…
Ce vorresti uscì, avecce ‘na storia seria co lei, ma…nun c’è posto pe li marmocchi!
 
E cominci a fantasticà: ‘na gita fori porta…’na passeggiata ar mare…tenella stretta…
E quanno sei arrivato, pe paura che quarcuno je metta le mani addosso,
nun la lasci nimmanco pe annà ar bagno; stai co’ lei, te fumi ‘na sigaretta…
je parli, la guardi, la rimiri, l’accarezzi…je fai li complimenti a più non posso!
 
E già, de lei te devi da pijà pe forza cura; così se piove ve ne state ar coperto,
si c’è troppo sole l’hai da protegge, ce basta pure ‘n fazzoletto, e si se gela…
mejo sta ar carduccio e magari…je monti sopra…lei tanto ce lo sa se sei esperto…
lo riconosce subito qual’è er manico che dietro a ogni omo se cela.
 
Basta sognà. Co’ lo sguardo la seguo finchè la vedo che scompare all’orizzonte
e me dico che pur de toccalla me tajerei le vene co ‘na lametta…
Che sensazione strana, er core batte forte, er sudore me gronda da la fronte…
E stanotte me la sognerò…ma quando sarà mia quella motocicletta?
 

 

Sunrise

vieni a farmi l'alba serena
sole
una mattina piena delle cose
che ho sognato
lisciami, carezzami coi raggi
da sembrare baci
che senta un calore, almeno
e se non sentirò
il profumo dei capelli
l'odore della pelle
userò la fantasia
e mi regalerò un sorriso
quasi vero
di piacere.
 
 
PS. inspirata alla canzone di Norah Jones, stesso titolo.

Io sto bene

Mi chiedi come sto? Adesso sto bene.
Dopo tanto dolore
convivo con esso
ma la gioia che ho dentro
nulla la fermerà!
Si, sto bene.
Il mio sorriso è vero;
ho imparato a convivere con la vita,
a convivere con le avversità
e allora tutto è bello, tutto brilla
e quel dolore che non ti molla
e ti attanaglia il cuore
lo prendo in giro
e allora rido, rido, rido sempre più,
perché il sorriso è contagioso
il sorriso non si nega a nessuno,
il sorriso costa poco,
il sorriso ti fa star bene!
E allora come stai?
Io sto bene.
 
 
 

Gita in moto

 
luccicano le tante cromature
come il baluginare dei finimenti
a tradire l'irrequietezza d'andare
e la salivazione che il morso
fa colare dalla bocca equina
sono per lei gocce di benzina
che perde un momento appena
prima di partire.
calzo la tuta, il casco lucido potente
come un elmo da combattimento
i guanti moschettieri stretti al polso
liscio la sella che m'alloggi al meglio.
l'ho tra le cosce ed è già emozione
attuo il contatto, s'illuminano i led
a testare ogni funzione
un respiro lungo, mi assesto bene e
accensione!
attacca un canto, inizia una funzione
che morbida rotonda "al ciel muove
le penne" in tono basso "flebile solenne"
che dal piacere fa accaponar la pelle.
un breve ruotar di manopola
per convenir la mossa, accelero, s'alza il rombo
vanno cavalli motore alla riscossa
tuonano il loro si!
ora si parte.
 

M come Mediterraneo

Davvero lo conosci ancora questo mare?
- il mar bianco di mezzo,
come lo chiamo io che vengo da sud
e lo sto attraversando a fame e sete
insieme ai miei compagni affastellati,
con l'odore della paura e del sale
di notte nel buio.
Com'è diverso dal ricordo d'infanzia,
dal tiepido bacino che ci ha accolto
- io su una sponda e tu sull'altra -
accomunati dai giochi e dalla luce.
Com'è diverso dalle storie che ho letto
di rotte millenarie attraverso i flutti,
di eroi epici guidati dagli dei,
di commercianti avidi ed intrepidi.
Adesso è solo una distesa di solitudine
aspra, spaventosa, pronta a inghiottire
me e i miei compagni sventurati,
che non saremo seppelliti
e non troveremo requie
qui, nei fondali del Mediterraneo.
 
 
 

La sensuale danza delle gocce

 
Residui trasparenti
dal mare congedati
sull’ambra della pelle
si lasciano gocciare.
 
Germogli saporiti
la pelle fanno a oca
brivido e piacere
sul corpo somma alcova.
 
E’ danza dell’estate
e a gocce
l’arcuata schiena solcano
impertinenti orme, carezze e desiderio.
 
Morbido è il morso
sul labbro che è proteso
salsedine e languore a sorsi
sul frivolo pensiero.
 
Il mare
si fa presto gioco con il sole
capelli a intrecci d’oro e sale
vista che soddisfa, da bere e d’annusare.
 
Tra i radi fili al miele
cristalli fusi a stille
minute mani sulle gambe
e amata libertà, almeno di sognare.
 
tiziana mignosa
giugno duemilaotto
 

Un soffio d'aria

Ho le mani appoggiate sul cuscino.
Mi sfiorano i capelli.
Ho gli occhi chiusi, è notte fonda,
fa caldo.
Un leggero soffio di aria fredda
si posa sulle mie mani, le circonda,
s’infiltra tra le dita..
Rimango immobile.
Trattengo il respiro per un attimo.
Poi, leggermente, le muovo.
Le stringo a pugno, poi le riapro
allargando le dita.
Con piccoli movimenti le sposto
sul cuscino.
Gioco con il soffio d’aria fredda.
Un piccolo sorriso appare
sulle mie labbra.
Mi sento un po’ stupida
a stringere un soffio d’aria
fra le mani, eppure.
Non penso a niente.
Con le dita passeggio sul cuscino.
Mi tocco i capelli.
Il soffio d’aria segue i miei movimenti.
La finestra è chiusa.
E’ sempre rimasta chiusa

Il verso nella credenza

16 -17 - 18

Così andando per i conci col trionfo della calma
era ad un volo sulla gente
come in planata fanno i grandi alati
sorretti da un piglio di correnti
sulle ferme cupole e sui gesti da passeggio.

Attraversò il dubbio d’ogni sera:
fermarsi all’affacciata di terrazza a berla
o rinnovare l’entrata nella notte come persa?
Al giorno non si chiede quel chiarore
che la camicia avanza al colletto aperto.
Il petto incavo disfatto, un bottone
caduco, la peluria come foresta alla finestra.

C’erano donne in giro, si sarebbe detto,
per ogni cosa ferma ai tavoli dei bar.
Ogni minuto chiuso nei numeri più in voga,
quelli dei posti o dei martini, era un tesoro
di dialogo e promessa. Tutti seduti a fare gli orbi
o tutt'in piedi a provocare un flirt.

19 - 20 - 21

La doppia faccia quale occasione d’ombra
in cui riporre rabbia o delusione, per ciò rimase.
Non generava gesti: gli stavano addosso in processione
così da quando parlò piangendo
a quando pensò ridendo, ma non li vide.
Non vedeva ancora adesso che gli occhi,
ah! quegli occhi stretti come accuse,
gli davano visioni spesse, però di rado.

Guardava ciò che sapeva vedere:
il bicchiere, la bussola, la padella,
l’ora. I suoi occhi poi, gli occhi di lei
che aspettava al varco della strada
dove la frusta nera ha un manico di sedie
e il marciapiede, la rotonda della piazza piena.

Quella lei che non fu così donna
prima che lui la vedesse sciogliersi i capelli:
neri, proprio neri come un neo di vento
in cielo. Quella lei che a sedersi lì
non c’era ma lasciava sempre un’attesa
che raccoglieva. “In fine viene,” si disse,
e preparò il vaso di parole perché fiorisse dentro.

 
 
Piess: la numerazione è indicativa di un progetto più ampio che va formandosi qui.

Il silenzio del tempo

Scandiva il tempo l'orologio muto
rimasto a guardare la notte
appeso ad una parete bianca.
Le lancette libere si impegnavano
in rincorse folli dietro alle stelle
mentre un quarto di luna impigrita
stentava a bucare la coltre del buio.
 
Attendevo i suoi argentei chiarori
ma la luna sparì come inghiottita
e mille stelle fugaci saettarono
inseguite da lancette ebbre di gioia.
Presago di mutamenti improvvisi 
come lupo solitario alla finestra
ululai alla luna la mia solitudine.
 
L’orologio muto scandiva il silenzio.
 

A Lilith Rosa Malinche

Ho la lingua e il culo del caprone, quello che si bacia nei sabba.
Sono la poltiglia dei secoli che ha metabolizzato bestemmie, sputi e cadaveri.

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