blog di Franco Pucci

[e ora liberato dalle rime e da catene
scriverò in libertà dell’anima dolente
siamo rimasti incastrati io e te -lassù-

È la distanza di bit che soffoca
            -sentimenti e convenienze-
o l’indolenza delle articolazioni

Se mi trovi incollato ai vetri -mi catturi-
occhi che inseguono parentesi nel cielo,
che non ti rispondono parlando d’altro,

[nella camera orfana di cornici
quando l’esplosione dei colori
lascia solo graffi come cicatrici
sul muro, epigramma di dolori]
 

È questa voglia assassina di primavera
-che mi fa sognare ranuncoli di laguna-
surreali sfumano dondolando alla vista
e fluttua una tavola di puntini colorati.

“Dottore, cos’è?”
“Zucchero. Zucchero radioattivo”
 
La voce ora è davanti a me.
 

Poesia clandestina
reietta, fuggita
dal mio recinto
voli -adesso-
mia poesia di sale
 
-ti ho presa infine-
 

E poi sanno di sabbia e nevischio questi anni   
noi, orfani del racconto degli altalenanti passi
consci della fatica dell’accettarsi negli sguardi.

È una bugia avvelenata
sulla punta della lingua
-come crescono in fretta
le bacche rosse dei rovi-
 
Non ha fretta di crescere invece

No, non c’è alternativa al sogno.
Sono rimasto così -incastrato-
tra il respiro e l’attimo indocile,
presenza inopportuna -cuneo-