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blog di Bruno Amore

Donna

 dolce venire
in te a navigare
apriti mare

Quiete

chiara l'anima

quando nell'immenso

scioglie il tormento

Vieni

Vieni nel mio cielo caldo di sole e profumato di mare. portami la tua fragranza di donna appassionata. dammi le tue grazie odorose di vita e fammi percorrere tutta la tua glabra epidermide con le labbra e la lingua bagnata di desiderio. ti bacerò gli occhi, le labbra e giù per il collo i seni morbidi, i capezzoli appena ruvidi e tesi. il ventre caldo e l'inguine di seta e a lungo il mio viso si poggerà sulla lanugine del tuo pube e la bocca giungerà fremente di voglia al calice di tutti i piaceri. lievemente con la lingua gusterò il sapore della rosa bagnata che tra le cosce si annida, mi inebrierò del suo profumo e leccherò gli umori del tuo godere che vorrai donarmi e di voglie colma lo dimostrerai carezzandomi il capo, attirandomi alle tue pudende. ancor più strettamente. quando i sensi eccitati chiederanno la grazie di un orgasmo, risalirò di carezze e baci il tuo corpo caldo, ti aprirai accogliendomi nel grembo, abbracciandomi stretto saldando due passioni, la tua bocca nella mia a cercar carezze della lingua, impugnerò lo scettro del nostro godimento e dolce e lento lo metterò dentro. con movimenti lunghi e lenti andremo soavemente in quel piacere che di felicità porta i fermenti, insieme coglieremo l'apice dello spasimo e quindi paghi ci abbandoneremo uno nell'altra nella pace del poi, sorridendo. tenendoti per mano quindi mi lascio cullare dal sogno che sdraiata accanto a me, anche tu sogni.

Vieni

lasciati andare or che s'accorcia il tempo
a questa brezza antica che ritorna intanto
apri le braccia e librati in girotondo largo
incrocia il mio volo che s'attarda intorno
al fremito d'ali che tu spandi quando
gli sguardi si incrociano ma restano sul fianco
d'un soave dolce desiderio anelato tanto
tra l'oro d'una gabbia un mare e un canto
nostalgico alla luna cheta lucente che
dal firmamento ai solitari induce il pianto.

Scansia di ricordi

appena poggio le immagini
che hanno ferito o carezzato
i miei occhi stretti nel pensare
nella stipata scansia mnemonica
provo uno smarrimento come
avessi perduto irrimediabilmente
una cosa cara molto importante.
così in questo tempo quasi tutto
consumato lento a sopravvivere
temo non riuscire a rivisitare sogni
o sensazioni che mi parvero degni
di essere conservate custoditi
per un poi che adesso è arrivato
e pare un deserto se non ritrovo
quello che ho passato.

Natale (d'annata) a Kabul

corpi fanciulli
in palandrane lunghe
bianchi zucchetti
irrequieti sempre
corrono verso la piana
arida recintata spinata
veloci claudicando
a destra o a manca
o sbracciando una metà.
verso l'atterraggio
dei paracadute colorati
ai pacchi strettamente legati
una pioggia di grandi cartocci
come rutilanti regali natalizi.
ognuno arraffa quello a tiro
senza curarsi di guardare dentro
poi...
il lucido acciaio d'una stampella
il rosa carne di metà gamba sinistra
oppure destra
un moncone o tutto un braccio
o soltanto una mano.
e si scambiano in allegria
scartandoli / i pezzi inanimati
secondo il bisogno.

Quanto è bella ricorrenza.

E' Natale non badare
caro buon concittadino
tu continua a consumare
un balocco e un bel panino.
Se ti fermi per guardare
che ti dice il bollettino
spreca ancora un pochettino
fatti forza non tremare
c'è chi pensa al tuo destino
confeziona cose nuove
fa già prove e poi riprove
il congegno mette in moto
come sempre lui avrà molto
e tu sempre molto poco.
Ma è per questo che passiamo
dei Natale molto belli
pur con l'astio per l'ingiusto
c'è chi dice siam fratelli.

Il posto delle more.

Vengo ogni tanto ancora
al posto dell'appuntamento
lungo il muro dirupato
del camposanto vecchio, dove
incolte canne giocavano col vento
mandando malinconici lamenti e
i rovi di more erano ricco un paravento.
quivi a sognar di labbra tumide
i baci sentire riprenderli e vedo
il pallido viso ancor tremare d'ansia
come la febbre ti corresse addosso
insieme la frenesia celar con finta tosse.
Non c'è più nulla
di quel che ho ricordato
è tutto piatto tutto lastricato
ora son cento e cento a visitare
quelli reclusi oltre il limitare
ancora in nero a portare ancora
fiori sgargianti e ripigliare pace.
Ci vengo ci torno che so esatto il posto
quello che era ai più tanto nascosto
ci sento le canne ristormire
e quasi una spina del rovo mi ferisce
sento una fitta che invece di far male
manda un tepore che l'anima addolcisce.

Pegaso

stride il coltello nella canna e
due stecche fini elastiche nascono
una curvata fissata a croce
all'altra dritta forte legata.
su spaghi si tende rutilante una
veste di colori accesi
frale all'apparenza ma potente
il vento non ha compassione
e nastri e catene d'anelli
dalle punte ai lati si sciolgono
parafrasi d'una stella liberata
per un viaggio aereo vicino.
un'eterea nave per portare
nel cielo terso dell'età più bella
pensieri grandi senza orizzonti
una vita di sogno in volo.

Nuda

nuda come la luna è nuda
bianca come bianca è la sua luce
caduto il vento che le nubi spinge
velari a nasconderla a tratti
si scopre invece la tua pelle
sensuale gelosamente intima.
sulle lenzuola di seta beige
fa morbida ombra il fianco lunato
e chiaroscuro l'inguine la calugine
lucida glabra sul monte di venere
si spargono odori e profumi.
Pregno di te il senso mio appagato
siedo ad ammirar morbosamente
il lucore giocare sulle tue forme belle
invidiando la levità
con cui ti tocca il lume.

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