Scritto da © Alexis - Dom, 04/04/2010 - 10:29
Spiral Sensuality
Alexis, Spiral Sensuality, tecnica mista su compensato, 2010.
Sole d'Oriente.
Maestoso tramonto
d'ebano ed oro.
Alexis
26.03.2010
Scusate al solito la qualità delle foto che non ho capito perché vengono sempre "effetto botte". Questo disegno/dipinto risale alla scorsa settimana, per realizzarlo ho utilizzato un pennarello marrone per delineare i contorni della figura femminile, la base è a tempera e per le rifiniture mi sono servita di colori a matita (marrone, bianco, giallo). Il supporto è costituito da una base per cornice a giorno, congeniale alle mie ultime esigenze espressive.
Spero possa piacervi nella sua semplicità, sicuramente io lo considero uno dei miei figli più riusciti.
Alexis
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Scritto da © Alexis - Ven, 02/04/2010 - 14:21
L'inno dell'incoerente
No perché, a volte, il pensiero umano è difficile da comprendere.
Tutti millantano una qualche forma di coerenza, con se stessi, con ciò che si è detto o fatto, con gli ideali che si tentano di perseguire... ma in realtà è umanamente impossibile attuare il concetto di coerenza, essa è tuttalpiù un ideale cui si aspira, come tanti dei valori assoluti assolutamente utopici, uno dei più limitanti, comunque.
Condannare il proprio essere a perseguire un sentiero in linea retta senza voltarsi mai indietro, a destra o sinistra, senza la possibilità di muovere un passo al di fuori di quel tracciato tristemente bianco, pallido ed apparentemente sicuro è la più grande prigione in cui le menti possano rinchiudersi. Favorisce l'accanimento, la chiusura e lo sviluppo di infiammazioni e pruriti che possono essere placati solo attraverso lo sfogo di una viscida e sottocutanea intolleranza, un sentimento sottile e tacito, caldeggiato ad ogni sguardo pieno di fantastica e meravigliosamente umana ipocrisia.
Quanto sarebbe bello, invece, dar sfogo alle passioni così come si presentano! Lasciarsi andare nelle fantastiche danze dell'emotività, passando dal riso al pianto senza curarsi di sembrare folli, spogliandosi di quella patina grigia e polverosa che ci rende tutti tristi omuncoli rachitici oppure obesi, patologicamente affranti, insicuri, orribilmente freudiani. Corpi emaciati ed avviliti da una psiche inventata ed esplorata dall'esterno, ma ben poco compresa nel suo intrinseco potenziale mitico.
E ci rifugiamo, ancora, in quella coerenza spoglia di virtù, in quel continuo svuotarsi, inaridirsi, spegnersi.
Tutti millantano una qualche forma di coerenza, con se stessi, con ciò che si è detto o fatto, con gli ideali che si tentano di perseguire... ma in realtà è umanamente impossibile attuare il concetto di coerenza, essa è tuttalpiù un ideale cui si aspira, come tanti dei valori assoluti assolutamente utopici, uno dei più limitanti, comunque.
Condannare il proprio essere a perseguire un sentiero in linea retta senza voltarsi mai indietro, a destra o sinistra, senza la possibilità di muovere un passo al di fuori di quel tracciato tristemente bianco, pallido ed apparentemente sicuro è la più grande prigione in cui le menti possano rinchiudersi. Favorisce l'accanimento, la chiusura e lo sviluppo di infiammazioni e pruriti che possono essere placati solo attraverso lo sfogo di una viscida e sottocutanea intolleranza, un sentimento sottile e tacito, caldeggiato ad ogni sguardo pieno di fantastica e meravigliosamente umana ipocrisia.
Quanto sarebbe bello, invece, dar sfogo alle passioni così come si presentano! Lasciarsi andare nelle fantastiche danze dell'emotività, passando dal riso al pianto senza curarsi di sembrare folli, spogliandosi di quella patina grigia e polverosa che ci rende tutti tristi omuncoli rachitici oppure obesi, patologicamente affranti, insicuri, orribilmente freudiani. Corpi emaciati ed avviliti da una psiche inventata ed esplorata dall'esterno, ma ben poco compresa nel suo intrinseco potenziale mitico.
E ci rifugiamo, ancora, in quella coerenza spoglia di virtù, in quel continuo svuotarsi, inaridirsi, spegnersi.
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Scritto da © Alexis - Gio, 01/04/2010 - 11:28
Frammento di Luce
Adoro destreggiarmi
tra forme e spazi di luce.
Brillante frammento
di una sabbia tramutata ormai in vetro,
il ricordo di una spiaggia, un sole, un deserto.
Finestra da cui affacciarsi per guardare oltre,
scheggia da conservare nel cuore
per esplorarsi all'interno.
tra forme e spazi di luce.
Brillante frammento
di una sabbia tramutata ormai in vetro,
il ricordo di una spiaggia, un sole, un deserto.
Finestra da cui affacciarsi per guardare oltre,
scheggia da conservare nel cuore
per esplorarsi all'interno.
Alexis
01.04.2010
01.04.2010
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Scritto da © Alexis - Lun, 22/03/2010 - 10:07
Evanescenza
E sono essere evanescente
fra le pieghe dei giorni, dei soli,
delle nuvole che scorrono
sull'immensa distesa
di un cielo al tramonto.
fra le pieghe dei giorni, dei soli,
delle nuvole che scorrono
sull'immensa distesa
di un cielo al tramonto.
Alexis
21.03.2010
21.03.2010
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Scritto da © Alexis - Dom, 21/03/2010 - 17:48
Ode ad Athena
O Dea,
nel divino sguardo assorta,
contempli dall' Olimpo
il cammino di noi umani.
Il tuo cuore caldo
batte dietro vitrei occhi impassibili,
il tuo petto impazza,
ma compostezza e orgoglio
incatenano la tua Anima.
Perchè, o Pallade,
ostinata è la tua fronte
e contorto il tuo sorriso?
Liberati, o Athena,
dalla coltre della coscienza,
sappi, come Ninfa,
godere dei frutti di Gea,
abbandonati a Sonno,
di cui Zeus è timorato
e lasciati incantare dalle melodie di Morfeo.
Riposa, o dolce Dea,
torna bambina
e ridona al tuo cuore la spensieratezza
che Fato recise al tuo primo vagito.
nel divino sguardo assorta,
contempli dall' Olimpo
il cammino di noi umani.
Il tuo cuore caldo
batte dietro vitrei occhi impassibili,
il tuo petto impazza,
ma compostezza e orgoglio
incatenano la tua Anima.
Perchè, o Pallade,
ostinata è la tua fronte
e contorto il tuo sorriso?
Liberati, o Athena,
dalla coltre della coscienza,
sappi, come Ninfa,
godere dei frutti di Gea,
abbandonati a Sonno,
di cui Zeus è timorato
e lasciati incantare dalle melodie di Morfeo.
Riposa, o dolce Dea,
torna bambina
e ridona al tuo cuore la spensieratezza
che Fato recise al tuo primo vagito.
Alexis
13.01.2009
13.01.2009
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Scritto da © Alexis - Sab, 20/03/2010 - 13:18
Come opera [fra Uomo e Arte]
E scorrono pagine, fogli d'album intrisi di momenti accennati, aggrovigliati, fusi con le trame della vita in attesa di un pettine che li sciolga, come nodi fra i capelli.
I colori si fanno parole, pensieri inespressi o ermeticamente trascritti in linguaggi noti solo a pochi, se non a nessuno.
È uno scrigno, un forziere del cuore che non può essere aperto servendosi semplicemente di una chiave, d'oro od ottone che sia. È un libro che, per essere letto, non necessita di alcun alfabeto, di alcun codice, di nessuna norma, ma solo di silenzio, del silenzio della ragione, della razionalità.
È un fiore da cogliere che resta disperso e timido tra i mille fili d'erba che lo circondano, lo soffocano, lo nascondono agli occhi di chi si sofferma solo superficialmente sul mondo, non ne coglie l'essenza, la purezza del particolare, si accontenta della visione d'insieme sommaria, distratta, e non si cura di quelle pennellate che si susseguono una ad una freneticamente, che insieme formano, ognuna con la sua intima e peculiare diversità, l'unità, l'opera.
È il mistero d'ogni uomo in fondo, non solo il mio, come opere in musica, in poesia, in arte. Ogni singola parte è fondamentale per comprenderne il fluire, lo scorrere, il susseguirsi, il divenire. Ogni parola, nota, campitura partecipa dell'unità, dell'insieme, del tutto racchiuso nella forma sensibile che a tutti è dato vedere, ma a pochi è dato scoprire, comprendere.
È questione di sensibilità, infine.
I colori si fanno parole, pensieri inespressi o ermeticamente trascritti in linguaggi noti solo a pochi, se non a nessuno.
È uno scrigno, un forziere del cuore che non può essere aperto servendosi semplicemente di una chiave, d'oro od ottone che sia. È un libro che, per essere letto, non necessita di alcun alfabeto, di alcun codice, di nessuna norma, ma solo di silenzio, del silenzio della ragione, della razionalità.
È un fiore da cogliere che resta disperso e timido tra i mille fili d'erba che lo circondano, lo soffocano, lo nascondono agli occhi di chi si sofferma solo superficialmente sul mondo, non ne coglie l'essenza, la purezza del particolare, si accontenta della visione d'insieme sommaria, distratta, e non si cura di quelle pennellate che si susseguono una ad una freneticamente, che insieme formano, ognuna con la sua intima e peculiare diversità, l'unità, l'opera.
È il mistero d'ogni uomo in fondo, non solo il mio, come opere in musica, in poesia, in arte. Ogni singola parte è fondamentale per comprenderne il fluire, lo scorrere, il susseguirsi, il divenire. Ogni parola, nota, campitura partecipa dell'unità, dell'insieme, del tutto racchiuso nella forma sensibile che a tutti è dato vedere, ma a pochi è dato scoprire, comprendere.
È questione di sensibilità, infine.
Alexis
20.03.2010
20.03.2010
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Scritto da © Alexis - Ven, 19/03/2010 - 12:55
Tanka del deserto
Vento tiepido
attraversa il deserto,
torna il silenzio.
attraversa il deserto,
torna il silenzio.
Fra gli aridi arbusti
una volpe* contempla.
una volpe* contempla.
*la volpe del deserto, ovvero il Fennec.
Alexis
19.03.2010
Alexis
19.03.2010
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Scritto da © Alexis - Gio, 18/03/2010 - 12:50
Amore mercenario
Come ombre si muovono
questi sospiri ed affanni che m'assalgono il cuore.
Un nodo di fumo alla gola
che sale e s'insinua
fra le pieghe di una bocca ardente
questi sospiri ed affanni che m'assalgono il cuore.
Un nodo di fumo alla gola
che sale e s'insinua
fra le pieghe di una bocca ardente
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Scritto da © Alexis - Mer, 17/03/2010 - 15:34
Jan Matejko, Stanczyk, 1862
Pensieri di un Giullare
E solo, qui seduto, penso:
"Come sarebbe il mondo senza il suo giullare?"
Senza il facile riso al volger di ogni sua trista pagina,
senza la mesta ironia di un giorno che, prima o poi, diverrà ricordo
lasciando solo vaghe tracce di sé e del suo disperato pianto,
senza quello zucchero che si mescola al sale di una lacrima di sangue?
Come sarebbe il mondo senza il suo giullare,
senza il tacito assenso al patto con la sovrana morte?
E come sarebbe il giullare senza il suo amato mondo?
Qui seduto sto e
- rimembrando -
il pensier mi pongo.
"Come sarebbe il mondo senza il suo giullare?"
Senza il facile riso al volger di ogni sua trista pagina,
senza la mesta ironia di un giorno che, prima o poi, diverrà ricordo
lasciando solo vaghe tracce di sé e del suo disperato pianto,
senza quello zucchero che si mescola al sale di una lacrima di sangue?
Come sarebbe il mondo senza il suo giullare,
senza il tacito assenso al patto con la sovrana morte?
E come sarebbe il giullare senza il suo amato mondo?
Qui seduto sto e
- rimembrando -
il pensier mi pongo.
Jan Matejko, Stanczyk, 1862
Ispirata da un dipinto di Jan Matejko
Alexis
17.03.2010
Alexis
17.03.2010
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Scritto da © Alexis - Dom, 07/03/2010 - 12:24
Senza titolo
E sulle note stonate di un pianoforte
si consuma la vita che fu.
Forse vissuta da altri,
forse appena percepita
nel suo lento e pesante scorrere.
Ma che adesso si condensa ed urla
attraverso quelle dita
mosse da un cuore
che non batterà più.
si consuma la vita che fu.
Forse vissuta da altri,
forse appena percepita
nel suo lento e pesante scorrere.
Ma che adesso si condensa ed urla
attraverso quelle dita
mosse da un cuore
che non batterà più.
Sulle note di un arrangiamento di pianoforte che Jason Thirsk dei Pennywise registrò per Unknown Road ed inserito dalla band nell'ultima traccia di Full Circle in memoria della sua scomparsa. [ notizia da wikipedia©]
Alexis
07.03.2010
Alexis
07.03.2010
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