Rosa scarlatta
La sua bellezza era tagliente, acuta, penetrante.
Quegli occhi, così grandi e scuri, scrutavano ogni particolare dell'ambiente circostante. Sulla bocca rosea e carnosa, era dipinto il beffardo sorriso di un jin, qualcosa di magico e demoniaco al contempo, enigmatico eppure capace di dire cose che la lingua avrebbe in altro modo taciuto.
Se ne stava sempre in disparte, pervasa da una mistica aura di maestà, e dal suo trono di sabbia e silenzio studiava tutti coloro che le passavano accanto.
Molti uomini rimasero affascinati da lei, tentando di domare il suo corpo e la sua anima, ma la fiamma che le ardeva dentro era come un incendio impossibile da estinguere.
Soltanto la potenza di un maremoto avrebbe potuto fermarla, ma, quando questo fosse avvenuto, i suoi occhi si sarebbero spenti, le sue labbra avrebbero assunto un sorriso mesto e contratto, il suo volto e le sue gote sarebbero divenuti emaciati, pallidi, scarni e nulla più in quel suo viso ridente avrebbe brillato come una stella solitaria immersa nella notte più buia.
Il suo spirito altero e felino non fu mai piegato dall'amore e desiderio di possesso dei molti uomini ch'ella ebbe.
Nessuno fu mai capace di legarla a sé.
Un giorno, la gelosia di un uomo troppo ottuso per poterla comprendere la uccise.
La trovarono distesa sul ciglio della strada, un fiume vermiglio le scorreva dalle labbra socchiuse, rosa scarlatta, gli occhi brillavano ancora su quel volto candido colpevole soltanto del troppo amore concesso.
Il maremoto era giunto a porre fine all'incendio, ma le stelle, quella notte, brillavano di luce più intensa.
Alexis
4.10.2009
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Il verde della foglia e la conchiglia
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Memorie E Analogie: La Donna BIanca
L’ora era tarda.(l’ora e l’allora… pessimo accostamento! E una via non veglia! Fai vegliare i muri della via, al limite! O i cani! O gli alberi!)
L’allora via D’Annunzio vegliava sul sonno delle poche famiglie agglomerate ai suoi lati.
Una folata d’aria insita e misteriosa bussò al numero 3.
Onil, non foss’altro che per il fastidio, si rese conto che il rumore proveniente dall’anticamera non apparteneva all’emisfero onirico, ma era una vera e propria realtà.
♪Braccia penzolanti lungo i fianchi♪
Il vecchio si trascinava pesantemente verso l’ingresso. L’azione sembrava infinita in una dimensione spaziotemporale del tutto finita.
Pochi secondi.
Incurante dei vari perché e percome, Onil aprì la porta, quasi fosse una normalità la presenza di qualcuno a quell’ora della notte ed in quel determinato periodo
“C’è Elisabeth?”
esordì la donna. Estremamente bella, archetipo della donna angelo acclamata e descritta nei classici, musa ispiratrice di arte e pensiero; capelli ricci e aurei le contornavano il viso corteggiandone gli zigomi, e lo sguardo spettrale si irradiava con diafano inganno di occhi verdi. La cute rischiarava l’ombra della notte con il suo biancore candido e fantasmagorico, di completa assenza cromatica, esangue… Irradiava un’aurea limpida e tersa tutt’intorno.
Lei sapeva…
Portava un lungo vestito opalescente, anch’esso di lucentezza vitrea. Non si intravvedevano i piedi, sembrava aleggiasse nell’aria. Leggi tutto »
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Enea a Didone
Ci sorprese la pioggia, ricordi?
Avevo negli occhi l'incendio della mia patria distrutta
ed il tuo cuore piangeva il talamo con i suoi geli
forse per questo la grotta ci spinse ad obliare il dolore
per risentirci viventi con tutta la forza d'amore.
Dopo volevi tenermi per sempre accanto da sposo
ed io non compresi che senza di me meglio morte
all'alba sciolsi le vele a settentrione puntando
così decise la Dea forzandomi a seguire la Sorte.
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Luniloquio
sperando che non t'oscuri la nube a dispetto.
Luna, sorridi?!
Ti sembro fuori del tempo?!
Non io, gli altri lo sono:
quelli che si dicon poeti
se gridano e sprezzano il mondo
gli stessi che crudi amplessi
magnificano al posto d'amore
e tronfi per critici amici
si fanno un punto d'onore
di ritenersi sublimi
cercando la trasgressione.
Sai, io me ne sto a riva
osservo il fiume del tempo
la luce alternarsi con l'ombra
e attendo ogni notte il momento
del sogno per darti parola.
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Una fantasia
Sorrido al pensiero nell'appagamento del dopo.
Non siamo divi da basico istinto
ma piacciono gli stuzzichini
servono per fuochi più accesi
e poi come stimola il ghiaccio
proprio lì a calma del morso.
Ricominciamo? Mi dici.
Facciamolo è troppo bello!
Conviene mia cara fermarci
ai giovani amare è permesso
e degli amplessi vantarsi
dei vecchi fa scandalo il sesso
pensati avvizziti già morti.
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Quella dolce ossessione chiamata poesia
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Avvicinarmi e specchiarmi
il nastro immobile
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Un momento difficile
Sono tanto stanca.
Non è quella stanchezza fisica che tonifica e predispone ad un sano riposo.
È una stanchezza morale. Il cervello si rifiuta di pensare e tende a voler dimenticare.
Devo, voglio difendere questa mente che è rimasto il mio unico bene.
Gli scaffali che cerco per depositarvi i miei pensieri e ritrovarli nel momento che li desidero, posso solo collocarli nel mio cervello e se esso non li vuole ricevere resto veramente senza più un posto tutto mio.
Perdere tutto, saper rinunciare a tutto, l’ho già fatto ma non posso rinunciare ai miei pensieri alternando chiarezza e vuoti, mi impressiona troppo, preferirei non più vivere.
Il mio unico e solo desiderio in questo momento è il bisogno di stabilità.
Di essere abbandonata da questa compagna di strada che, da qualche tempo, affianca la mia esistenza e che si chiama PROVVISORIETA’.
Vorrei non provare più quella sensazione di provvisorio che non mi permette di dare un ordine alle mie cose come pure ai miei pensieri.
Camminiamo insieme come due compagni inseparabili che non si amano ma convivono e la mancanza di coraggio di queste due esistenze fa si che non riescono a staccarsi.
Sento come se a questa provvisorietà mi ci fossi affezionata tanto da non riuscire a starne lontana.
Ma ora veramente comincio a provare disagio, stanchezza, desiderio di essere abbandonata dall’incertezza del poter vivere.
Questo abbandono richiede uno sforzo di volontà che più non posseggo. Sarà quindi duro, sofferto ma necessario per alfine riunire le mie idee, i miei ricordi.
Poterli collocare in un posto tranquillo, sicuro, non più soggetti a spostamenti e riordinarli in nitidi scaffali, evidenziati tutti a me di fronte per poter attingere da loro e con sicurezza ritrovarli là dove li appoggio. Leggi tutto »
- Blog di Maria34
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sinfonia del lavoro che non ho (primo movimento: andante con variazioni)
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