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Dell’essere, un àugure.

 
 
E si torna dagli emuli
andando per responsi agguantati dalle stelle
scritte sui quotidiani - le stampe che appurano quei segni -
unici ad avere il coraggio di ammiccare
dalle pieghe a cappellaccio muratore.
 
Urlammo, è vero,
per aver temuto il buio senza tregue
e per non aver guardato più a fondo
dalle torri campanarie pur potendo lenti
 
:siamo ciechi quanto loro - mi dissi -
siamo evanescenti come sul ghiaccio: nessuna traccia di scivolamento,
una guglia! una guglia! una guglia, e: si potesse spigolare altrove!
 
Cadremmo se, intanto, un orgoglio da fiori
non reggesse al rintuzzo della piantagione.
 
Ma quale mai sarà il motto di fede
(o sguardo che si possa)
in quel crudo nero e da questo aversi un sicuro che c’è!
un quasi sulla soglia delle ciglia:
l’anima
 
schiusa per essere colta.

Come d'incanto

Ti colavan
carezze su guance
sorte prìa
colà
sui tuoi capegli aspersi
dal livoroso sguardo
d’un cielo
di te tanto invidioso
Sublime
ed amena
sì tu divenivi
come nuova atmosfera
Quasi fossi stagione
di là
ancora da invetare
 

O

Perché non mangiar fave
ma dove van le cicale
dopo l canto estivo
chissà se lo sann
di aver frinito
chissà se l’o
è l’infinito
o il nulla
l’o, sa
l’ho
o
 

Ho provato a vivere

ho provato a vivere, sollecitato dal mondo
prima di essere fagocitato da lui stesso
ho provato a viverlo osservandone i veleni
attraverso bolle di fumo sparse nelle stanze

visione invereconda di piccoli grandi delitti
perpetrati senza vergogna, a piene mani
caleidoscopio di indecenti amori ed umori,
mi si offriva al diradarsi di nebbie oppiacee

ho provato a viverti, mondo, e sono morto
 

Ad occhi chiusi

 
( Sulle note di Open Arms dei Journey)
.
Tregua
hai invocato tregua
mentre scorticate dal caos dei giorni in corsa
le tue mani osservi
mendicanti dolci
di sogni insaponati.
 
Un attimo
almeno un attimo
vorresti attorcigliarti
dentro la bianca bandiera dell’illusione
tenerezza
che non può far male.
 
Dalla sorgiva goccia
il fiore è già sbocciato
ad occhi chiusi
smetti di pensare
amore
che non conosce Amore.
 
Amara consapevolezza
che il cuore spacca
brandelli sparpagliati in cerca d’adesivo
e intanto dietro il vetro
cerchi e vuoi
quello che non vuoi.
 
In tondo giri
annusando ciò che fuggi
corridoio buio
senza porte né finestre
e la vita scorre
e tu rimani fuori.
 
tiziana mignosa
gennaio 2010
 
 

Falsi ipocriti

Ipocriti nei loro uffici
fingono di esser sordi
e si coprono gli occhi
per non vedere
persone che 
non possiedono nulla tranne 
le lacrime da versare sulle loro disgrazie.
Dio conceda loro almeno quelle. 
Ipocriti stringono le cravatte,
lucidano le scarpe e
sono pronti ad un nuovo trionfo.
Mentre molta gente per un loro schiocco di dita
potrebbe salvarsi...oppure no.
Capite,
che è tutto nelle mani di ipocriti?
Ma gli unici in grado di regalarci un sorriso anche se tutto va male, ahimè,
non sono gli ipocriti in questione.
Quelli sanno solo fingere e far credere che tutto quello che scelgono è corretto.
Ipocriti.

manette

 

Il nostro è un vento contrario
che profuma d'incenso
i vicoli ciechi dell'attesa
Non ricordi la strada di casa
perchè la conosci a memoria
 
Tu mettimi manette di neve
e fammi tremare,
poi spegni la luce

 

 

Riflessi d'amore

 C’eri anche tu sulla spiaggia quella sera
c’eri anche tu, solo tu, ed era primavera
il mare sonnacchioso stirava le sue onde
riflessi argentati e l’occhio si confonde.

E’ stato veramente amore a prima vista
ed ero orgoglioso della mia conquista
non mi sono accorto di lui che accanto
ti ha rubata a me lasciandomi nel pianto.

Amori giovanili, dico adesso con filosofia
sarà, ma ho sofferto quando sei andata via
da vecchi si trova sempre una giustificazione
per coprire gli errori fatti in continuazione.

Così se ci ripenso non sono più sereno
mi aveva abbagliato il candore del tuo seno
i riflessi argentati del mare quella sera
nascosero l’inganno…era solo primavera
 

Altre voci

Stordisce quel silenzio del tuo sguardo
che mi stringe in un battito di sole,
ferita la dolcezza di un’attesa.
 
Per troppo tempo ti ho rincorso, amore,
ora colgo altre voci lungo il mare
ed incrocio altre vele ed altre stelle.

Perfezione di schiavo (Vibeke's contest - Il tocco di una dea)

- Aaaaahhh! Aaaaaaaaaaaaahhh! -
Eskil stava irrimediabilmente per venire. Svigorito da una cinquantina di minuti di furente battaglia erotica con la sua Padrona, durante la quale aveva elargito il suo liquido seminale al pavimento già un paio di volte, sentiva che era giunto il momento d'eiaculare per la terza volta - ed auspicava ultima, per quel giorno. Aumentò la cadenza dei movimenti penetratori e, nonostante cominciasse a sentire gli adduttori indolenziti a causa di alcune contrazioni irregolari nei movimenti, riuscì a condurre in porto l'orgasmo senza particolari apprensioni.
- Mmh, sì, è stato bello! - canzonò implacabilmente Lady Malene.
- Perchè mi fa questo? - chiese Eskil, col tono candido d'un infante.
- Fare cosa? - ridacchiò beffarda la Padrona.
- Lei sa cosa... - sussurrò afflitto l'uomo.
Eskil poteva essere tranquillamente considerato l'uomo più bello di Stavanger. Alto un metro ed ottantacinque, dalla muscolatura armoniosa e flessuosa, aveva una chioma corvina lucida che gli lambiva i lobi delle orecchie per andare a sfociare ai lati della nuca, e degli occhi verdi che parevano malachite vitrea perpetuamente estratta dai giacimenti dello Zambia.
Per diversi anni era stato un infaticabile dongiovanni. D'altronde, non era un'attività che gli risultava particolarmente ostica, dato che di donne propense a penzolare ai suoi piedi al minimo schiocco di dita ne trovava parecchie, a Stavanger come altrove.
Il problema è che quel modus vivendi non era quello che desiderava lui. Condannato all'appariscenza da un'avvenenza inesorabile, l'unica voglia reale che gli era rimasta era quella d'instaurare rapporti con un'impronta tangibilmente asessuata.

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