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Birre e mandarini

Ci sono tornato dopo quattro anni e me l'hanno occupata.
"Truffasi", recitava il cartello sul balcone della sala.

La sua amica Anna

La sua amica Anna sembrava essere giunta all’improvviso.

Lettura di Ezio Falcomer, testo di Brunaccio

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La mia vita in soffitta

briciole di vento
(immagine presa nel web)
Come scarpe logore
ho appeso i miei sogni a un chiodo
e ho riposto in un cassetto
il verde intenso dei miei anni.
E’ un palloncino incolore
il giorno che si allontana
nel silenzio della sera.
Tra le dita mi restano
solo briciole di vento.

Silenziosamente.

Avevo tante cose da dirti,
il silenzio invidioso ha rovinato tutto.
Poco male, lo sai, adoro il silenzio.

Te ne sei andata, in silenzio.

Ho provato allora a scriverti,
ma il rumore dei tasti sul foglio
disturbava il silenzio amico.

Userò la penna, mi sono detto.

Inutilmente, le parole scritte
urlavano indecentemente.
Avevo tante cose da dirti.

Addio. (in silenzio)
 

Pomeriggi

 
Quando te ne stai lì, con un pensiero tra le mani. Passa qualcuno, e subito lo nascondi in tasca. Temporeggi, bevi un caffè, fumi sigarette... guardi la gente attorno a te, un giorno la invidi, un altro la detesti, un altro la vorresti. 
Passeggi lungo la via grande, si consuman le scarpe, ti guardi in giro, ti senti distratto.
 

Spingi il tuo mondo, 
come Sisifo,
 lo porti quasi in cima, 
e lui rotola giù. 
Rubi un sorriso 
al tuo riflesso in vetrina
e agli altri lo porgi
che non sanno
che non danno
che non credevano

E in qualche modo ti senti bene, e il pensiero nella tasca si mescola con le monetine, si confonde, si sbriciola, tutto riprende un po’ di colore, i contorni si sgranano, le idee si sfocano, e non importa se “anche per oggi non si vola”.

 

Giorni di festa

Voglio un tuo fremito
un tuo sogno
un gemito

dipingimi il tuo corpo
sul fondo dei miei occhi
e sedimenterà
come sabbia che graffia l'anima
e regala un bouquet di memoria
da annusare nei giorni distanti

E il sole pazzo
ha nelle tasche il mondo
e strade ubriache di occhi
del tuo stesso colore
e notti in cui bere la pioggia
dalle lingue avvinghiate.

voglio un tuo fremito
un sussulto
un gemito

I giorni di festa
su rotaie di imbarazzo
corrono violentando la noia
e ho troppo tempo per me
troppo tempo hai per te
nessun tempo per noi.

Fodera per bara

Damasco, broccato e lampasso lanciato
sono tutte varietà a sfondo di raso
che si distinguono per come l'armatura
tocca e fa diseguale trama e ordito.
 
Un piovasco, l'asfalto bagnato e un sorpasso azzardato
sono tutte volontà in fondo del caso
se s'insiste a considerare una congiuntura
un segnale che chiama chi non l'ha capito.
 
Com'è sontuoso al tatto il raso!
Com'è capriccioso e distratto il caso!
Con l'esercizio del libero arbitrio nella vita uno impara
e si prepara alla scelta della fodera per la bara.
 
[09092009]

Scorno dello scettico

Il racconto dell'oroscopo
è come una coperta troppo corta, un conflitto
tra il capo e le altre estremità;
o come la cattività
dei pappagallini e lo scopo del loro
raccoglimento autoinflitto,
quando il proprietario dimentica la gabbia
senza nemmeno una coperta sopra.
La connessione certa
è tra la corteccia cerebrale che vede
e quella che crede - gli uccelli essendo
un vicolo evolutivo magari eccelso
dal punto di vista visivo, diremo persino
il contrario di cieco, ma un po' sciocco.
Coincidenze, miracoli, magia,
tarocco e chiromanzia,
cuspidi, case, aspetti, riti e destini
sono di dimostrazione difficile, domicili di
cocorite e lutini.
 
[30092009]
 

Stella binaria

Un pianetino ametista
con pose da artista,
si specchiava vanesio e azimutale
nel cannocchiale retrovisore orbitale,
e notò delle cose
luccicanti, invitanti
dove la sua galassia curvava verso
dei quadranti periferici.
Immerso in pensieri sventati, isterici,
dimenticò la velocità di fuga,
commise un errore gravitazionale,
scese al di sotto del limite inferiore locale,
e fu ripreso da una telecamera stellare
all'infrarosso, mentre cadeva nel fosso
della sua stella binaria che ormai gli stava addosso.
 
Un pianetino scarlatto
passava un periodo distratto:
sbagliava traiettoria
tutte le volte che intercettava
un certo tratto d'orbita galattica.
La sua Lagrangiana
era piuttosto strana, aleatoria,
e il suo percorso impossibile da tabulare
nelle effemeridi di quel sistema solare.
Un dì ad un tratto raddoppiò lo sbando,
ruppe ogni regola residua, e finì col collassare
sulla sua stella binaria che lo stava sorpassando.
 
Un pianetino vermiglio
evaso da un buco nero senza appiglio,
saltò a piè pari fuori dalla mappa
delle profondità interstellari:
distava ormai soltanto qualche miglio
dal centro dell'universo, e credeva
di averla fatta franca.
Ma come si volse, si accorse
che non aveva tenuto conto della parallasse:
e che pedinato dalle due comari
della sua stella binaria bianca,
ce le aveva alle spalle,
era impossibile che scappasse.
 
Un pianetino rubino
dall'equatore arlecchino,
aveva un satellite per orecchino
e delle comete per gemelli da polso.
Era un pianetino sciocchino.
Aveva brame velleitarie.

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