Scritto da © Ladybea48 - Lun, 08/08/2011 - 17:14
Nel processo dei secoli è avvenuta una continua evoluzione spirituale , parallelamente con le trasformazioni economiche e sociali. La “sopravvivenza” di antiche credenze nel nostro popolo rivela una resistenza criptica alla acculturazione. Il tessuto mitico è in gran parte ormai coperto dalle feste liturgiche portate dal Cristianesimo, e in parte degradato nelle manifestazioni folcloristiche o passato alla narrativa. A rigore non possiamo parlare di mitologia; ma piuttosto di personificazioni e di frammenti di storia passati nella sfera della leggenda.
All’epoca di Carlo Magno fu steso un Indiculus superstitionum ed paganarium, l’Imperatore sollecitò i sacerdoti addetti alla predicazione domenicale che lo diffondessero; più tardi divenne obbligatorio. Sollecitò anche un prontuario di prediche ( Homiliarius ) tuttavia l’intera opera di “ evangelizzazione “ delle masse contadine non spazzò via le credenze e i culti legati alle vicissitudini dell’agricoltura. In questo periodo l’idolatria di pietre e fonti era ben radicata. Bisognerà attendere il Concilio di Trento perché si verifichi “ l’acculturamento cattolico”. Oltre ad adorare pietre, fonti e pozzi, dove la gente contadina credeva vi si celassero tesori d’oro, ivi nascosti dai nobili dopo le scorribande dei barbari, veneravano animali carichi di “ poteri “, tra questi c’è la serpe. Questa proviene dalla terra come i defunti e ha la sua “ forza “; con il suo movimento strisciante richiama il potere generatore del fallo, quindi simbolo di fertilità; per altri invece era l’emblema lunare, molto spesso viene configurata con il pane, alimento di vita, dalla forma attorcigliata come la “ gubana “ tipico dolce friulano. Nei miti arcaici il serpente custodiva l’Albero della Vita o la Fonte della Gioventù, o la Mela d’Oro. Sabazio-Bacco, il dio solare e salutifero, compagno della dea Luna, era raffigurato con le corna lunari e il serpente e a lui venivano dedicate orgiastiche feste notturne. Quello di non offendere lo spirito delle serpi è un comandamento non scritto che ha largo riscontro nella nostra tradizione, che si traduce anche nel detto comune: Lascia stare la magna che vada per la campagna perché è la madre di tutti i serpenti. Il divieto di uccidere certi animali, secondo gli studiosi risale ai tabù totemici. Se si aveva la necessità di uccidere uno degli animali che di solito dovevano essere risparmiati, bisognava scusarsi con lui cercando di attenuare la trasgressione al tabù, alla sua uccisione, usando ogni tipo di distrazione ed espediente. A tal proposito si dice che un uomo, volendo sopprimere un colubro nero gli offrì una pianta di ciliegio affinché potesse attorcigliarsi attorno ad essa e scaricare gli effetti punitivi, visto che consciamente o inconsciamente nel codice popolare vigeva il dovere di ricambiare il dono e compensare il torto oppure gli veniva offerta qualcosa di assai prezioso e che magari appartenesse alla famiglia di colui che si apprestava all’uccisione della bestia, se però così non faceva, il malcapitato in questione subiva castighi e dispiaceri che potevano ricadere anche su tutta la sua famiglia o periva entro l’anno, oppure sarebbe stata la stalla ad essere colpita.
Nel mondo agricolo c’era la convinzione che la magna mater con la sua saliva producesse una mela d’oro e che la portasse in testa o, quando invece riposava, la custodisse avvolgendola con le spire. Pomo desiderato da molti perché aveva il potere di rigenerare ed assicurare ricchezza o qualsiasi altro bene a chi ne veniva a contatto. Ma questi rettili non venivano considerati ripugnanti o pericolosi bensì dei numi tutelari della casa, custodi delle stalle che facevano prosperare e se venivano appesi alle piante queste fruttavano moltissimo. Per le culture antiche il serpente era anche l’incarnazione degli antenati . Si racconta di principesse tramutate in bisce costrette a vivere “al rezzo di una pianta di rosmarino” che è una delle 73 erbe del Capitulare di Carlo Magno, simbolo di fedeltà in amore e di immortalità ( per questo vi si poneva un rametto sulle bare). Ecco perché c’era l’assoluto divieto di ucciderle, anzi, taluni offrivano loro del latte visto che ne sono così ghiotte da succhiarlo dalle mucche o, si dice anche dalle donne e persino introducendosi nella bocca dei lattanti. Si favoleggia anche di una grande serpe dagli occhi umani che avrebbe anche il potere di parlare e di piangere: ritenuta da molti un’anima-purgante, che potrebbe lasciare il suo involucro-prigione se venisse aiutata da una persona giusta e degna che ha affinità con la sua anima. Si dice che il carbonchio abbia la testa di gatto, orecchie, cresta e un fischio particolare, squame metalliche e che attiri i fulmini e faccia rimbalzare le pallottole. Niente di tutto ciò corrisponde a verità ovvero quello che c’è di vero è il suo fischio, e se per disgrazia ne incontri uno anzi due e questi avvertono sentore di pericolo è meglio che corri a più non posso e zig-zagando per giunta perché ti inseguiranno, uno come fosse una ruota ( si prende la coda in bocca e rotola) e l’altro spiccando lunghi salti, se malauguratamente dovessero raggiungerti non ti risparmieresti le frustate che ti darebbero con la loro coda. Così mi è stato raccontato da uno che gli ha incontrati e che ancora adesso ne porta i segni sulle gambe. Il basilisco ha il potere ipnotico e l’alito che addormenta. Ha ali e cresta di gallo, è rosso e si forma da una testa di vipera mozzata. Dove lui si posa le foglie e l’erba si inceneriscono. Vola da un monte all’altro, per poterlo uccidere bisogna avvicinarglisi con uno specchio, quando muore per riverbero nella sua testa si troverebbe un diamante grosso come un uovo. Si dice anche che nasca dalle uova che il gallo depone dopo sette anni della sua vita, oppure dal primo uovo di pollastra se è molto piccolo. Altri animali che bisognava rispettare sono: la salamandra dai poteri positivi e negativi in egual misura: c’è un detto che dice: “Cadono i capelli e la barba a chi posa il piede ignudo sulla sua bava”; le si attribuisce anche poteri erotici forse perché viene confusa con la mandragola. Il suo morso però è mortale. La mantide religiosa, la rondine, la lucciola detta anche Avemaria guai ucciderla per San Giovanni, il riccio, la civetta anche se con il suo stridio annuncia morte e disgrazia.
All’epoca di Carlo Magno fu steso un Indiculus superstitionum ed paganarium, l’Imperatore sollecitò i sacerdoti addetti alla predicazione domenicale che lo diffondessero; più tardi divenne obbligatorio. Sollecitò anche un prontuario di prediche ( Homiliarius ) tuttavia l’intera opera di “ evangelizzazione “ delle masse contadine non spazzò via le credenze e i culti legati alle vicissitudini dell’agricoltura. In questo periodo l’idolatria di pietre e fonti era ben radicata. Bisognerà attendere il Concilio di Trento perché si verifichi “ l’acculturamento cattolico”. Oltre ad adorare pietre, fonti e pozzi, dove la gente contadina credeva vi si celassero tesori d’oro, ivi nascosti dai nobili dopo le scorribande dei barbari, veneravano animali carichi di “ poteri “, tra questi c’è la serpe. Questa proviene dalla terra come i defunti e ha la sua “ forza “; con il suo movimento strisciante richiama il potere generatore del fallo, quindi simbolo di fertilità; per altri invece era l’emblema lunare, molto spesso viene configurata con il pane, alimento di vita, dalla forma attorcigliata come la “ gubana “ tipico dolce friulano. Nei miti arcaici il serpente custodiva l’Albero della Vita o la Fonte della Gioventù, o la Mela d’Oro. Sabazio-Bacco, il dio solare e salutifero, compagno della dea Luna, era raffigurato con le corna lunari e il serpente e a lui venivano dedicate orgiastiche feste notturne. Quello di non offendere lo spirito delle serpi è un comandamento non scritto che ha largo riscontro nella nostra tradizione, che si traduce anche nel detto comune: Lascia stare la magna che vada per la campagna perché è la madre di tutti i serpenti. Il divieto di uccidere certi animali, secondo gli studiosi risale ai tabù totemici. Se si aveva la necessità di uccidere uno degli animali che di solito dovevano essere risparmiati, bisognava scusarsi con lui cercando di attenuare la trasgressione al tabù, alla sua uccisione, usando ogni tipo di distrazione ed espediente. A tal proposito si dice che un uomo, volendo sopprimere un colubro nero gli offrì una pianta di ciliegio affinché potesse attorcigliarsi attorno ad essa e scaricare gli effetti punitivi, visto che consciamente o inconsciamente nel codice popolare vigeva il dovere di ricambiare il dono e compensare il torto oppure gli veniva offerta qualcosa di assai prezioso e che magari appartenesse alla famiglia di colui che si apprestava all’uccisione della bestia, se però così non faceva, il malcapitato in questione subiva castighi e dispiaceri che potevano ricadere anche su tutta la sua famiglia o periva entro l’anno, oppure sarebbe stata la stalla ad essere colpita.
Nel mondo agricolo c’era la convinzione che la magna mater con la sua saliva producesse una mela d’oro e che la portasse in testa o, quando invece riposava, la custodisse avvolgendola con le spire. Pomo desiderato da molti perché aveva il potere di rigenerare ed assicurare ricchezza o qualsiasi altro bene a chi ne veniva a contatto. Ma questi rettili non venivano considerati ripugnanti o pericolosi bensì dei numi tutelari della casa, custodi delle stalle che facevano prosperare e se venivano appesi alle piante queste fruttavano moltissimo. Per le culture antiche il serpente era anche l’incarnazione degli antenati . Si racconta di principesse tramutate in bisce costrette a vivere “al rezzo di una pianta di rosmarino” che è una delle 73 erbe del Capitulare di Carlo Magno, simbolo di fedeltà in amore e di immortalità ( per questo vi si poneva un rametto sulle bare). Ecco perché c’era l’assoluto divieto di ucciderle, anzi, taluni offrivano loro del latte visto che ne sono così ghiotte da succhiarlo dalle mucche o, si dice anche dalle donne e persino introducendosi nella bocca dei lattanti. Si favoleggia anche di una grande serpe dagli occhi umani che avrebbe anche il potere di parlare e di piangere: ritenuta da molti un’anima-purgante, che potrebbe lasciare il suo involucro-prigione se venisse aiutata da una persona giusta e degna che ha affinità con la sua anima. Si dice che il carbonchio abbia la testa di gatto, orecchie, cresta e un fischio particolare, squame metalliche e che attiri i fulmini e faccia rimbalzare le pallottole. Niente di tutto ciò corrisponde a verità ovvero quello che c’è di vero è il suo fischio, e se per disgrazia ne incontri uno anzi due e questi avvertono sentore di pericolo è meglio che corri a più non posso e zig-zagando per giunta perché ti inseguiranno, uno come fosse una ruota ( si prende la coda in bocca e rotola) e l’altro spiccando lunghi salti, se malauguratamente dovessero raggiungerti non ti risparmieresti le frustate che ti darebbero con la loro coda. Così mi è stato raccontato da uno che gli ha incontrati e che ancora adesso ne porta i segni sulle gambe. Il basilisco ha il potere ipnotico e l’alito che addormenta. Ha ali e cresta di gallo, è rosso e si forma da una testa di vipera mozzata. Dove lui si posa le foglie e l’erba si inceneriscono. Vola da un monte all’altro, per poterlo uccidere bisogna avvicinarglisi con uno specchio, quando muore per riverbero nella sua testa si troverebbe un diamante grosso come un uovo. Si dice anche che nasca dalle uova che il gallo depone dopo sette anni della sua vita, oppure dal primo uovo di pollastra se è molto piccolo. Altri animali che bisognava rispettare sono: la salamandra dai poteri positivi e negativi in egual misura: c’è un detto che dice: “Cadono i capelli e la barba a chi posa il piede ignudo sulla sua bava”; le si attribuisce anche poteri erotici forse perché viene confusa con la mandragola. Il suo morso però è mortale. La mantide religiosa, la rondine, la lucciola detta anche Avemaria guai ucciderla per San Giovanni, il riccio, la civetta anche se con il suo stridio annuncia morte e disgrazia.
estrapolato da Tradizioni popolari in Friuli di Andreina Nicoloso Ciceri
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