L’amore e un’altra storia.
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A Nessuno.
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la festa di San Rocco
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Il Testamento di Adamo
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Se passando il fiume rotolano ciocche
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Attualità
Una domanda
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Il tappeto volante
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piccola storia di soprusi e frullatori
ghost train - daniel j. mounsey
attraverso l’occhio del mio paradiso
come in un lungo treno che odora di fantasma
deponendo in un unico blocco il destino
e le armi migliori
mentre urlo di una certa personale follia
gli ultimi fuochi del disastro
contando in un unico blocco di soluzioni
le antiche contrade della storia di tutti noi
e le invincibili armate
di un pensiero già bello e spezzettato e defunto
oggi
è ora di gelato di crema e cioccolato
sogno di una difficile arte di mettermi fuori dall’oscurità
che è una galleria senza barriere che proteggono
e pertanto pronta a ricevere il crollo dei massi
oggi
è ora di ottime caramelle al miele di te
che sei la linea di demarcazione tra tragedia e dramma
forse oasi di abbracci discontinui
ma ottima pozione sulla strada della disfatta
perché oggi
sei tu che governerai l’antica prospettiva di vittoria
in un ideale di torta al mascarpone
con nocciole e noci tritate finissime
ma mai a polvere di fragilità
tu con le spatole del miglior pasticciere
montando tuorli d’uova dallo sguardo abulico
che sanno riaccendersi alla gaiezza di un forno ventilato
di questo oggi
senza moribondi e senza guarigioni miracolose
negli albumi che diventano neve fresca
delle splendide capacità del gusto
in guarnizioni colorate a festa
di farci noi ancora più felici
e sognatori
attraverso le stelle del mio unico pezzo di cuore
come provando la velocità del fantasma sulle rotaie
negli alambicchi del purgatorio
e nei conforti delle caldaie in fiamme
spaventando me stesso e tutte le fragranze della nobiltà
in questa fucina dove i fabbri invocano gli dei
e decidono le sorti della battaglia
in questa macchina della verità dove stritolo i poteri
e decido da me le strade del disinteresse
e del disimpegno dalle grandi manovre
giocando per l’ennesima volta con gli ingredienti
preferendo le bombe caloriche
agli orrori della potenza bruta
dei muri divisori
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Istantanee d'autunno
Sono foglia sottile nell'ultimo volo
Lascio un ramo che mi diede vita
Plano e volteggio in cerca di vento Leggi tutto »
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Quella sera, a Venezia
Ora sono qui, seduto su questa sedia stile Luigi XVI, in questo salotto dove respiro Venezia e dove tutto ciò che mi circonda me la ricorda e descrive. Sono qui, arrivato buon ultimo in punta di piedi per non recare disturbo alcuno, che mi guardo attorno e cerco di trovare una posizione meno scomoda sulla sedia. Non sono abituato evidentemente. La tazzina con il caffè che gentilmente mi è stato offerto al mio arrivo ora viene rigirata pigramente tra le dita, il caffè freddo non l’ho mai amato, è una vera schifezza. Giro lo sguardo intorno a me e vedo molte facce note, ma anche molti nuovi convenuti. Manco da tempo, si vede. Le conversazioni si intrecciano, colgo mozziconi di frasi e di argomenti. Il fastidio per la posizione innaturale assunta sulla sedia sta viepiù crescendo. Raccolgo un sorriso complice dalla padrona di casa che sta farfalleggiando impegnata tra i nuovi ospiti. Non ho profferto una parola, finora. Dopo aver cercato inutilmente un tavolino appoggio delicatamente la tazzina colma della schifezza nera gelata sul tappeto e mi alzo.
Sfoderando uno dei miei migliori sorrisi idioti saluto gli astanti con un cenno del capo, inarcando un sopracciglio e mi avvio in punta di piedi, come sempre, verso l’uscita. Sulla sedia una rosa rossa fiammeggia il mio grazie alla padrona di casa. Chiudo la porta alle mie spalle, senza far rumore. Mi accolgono le note del Rondò Veneziano provenienti da chissà dove. Ah, Venexia…
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