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poeti maledetti

Raffaele R.

 
 
Chi scopre la propria ombra obbedire alla morte
parla alla vita con la grazia dell’agnello:
una lingua innocua, natale.
 
Non parlammo della pietra nello sterno
perchè sapevi che così la roccia annuncia

Ad un amico intatto


Tutto ciò che sei, acqua e domeniche
e spartito, ricorda
la tabulazione nel corpo, la distanza ripetuta
tra umori e costole, dove eravamo
con lungimiranza al telefono.

 

Legàmi

qui si parla di fili intrisi di colore
di lontananza in lontananza
tesi, vibratili di musiche.
si parla di noi, anime legate
da una trama sottile di rimandi
che s'oppone alla forza centrifuga
del dolore.

sola salvezza possibile, nel tempio
sconsacrato della vita,

Pupilli

 
 
Ancora non arrivo a capire
i versi e le direzioni
come riducano la vista a volo.
Ancora nelle voci, gli assembramenti, la scomparsa
pollazione, straluna
il senso educato a parole; ma quante?
 

Un che di plastica\cassonetto

Quanto mi piace questo bar, io e te sotto l’albero del glicine
Creato non generato, umano tutto umano,
DNA di pvc e fiori rossi.

 

E questo è l’amor proprio, il più vero,

Venite, venite, superbe terrecotte

 
 
Credi che sia importate la mia origine?
No. Il mio paese ha un nome
d’acqua, ma è nella gola
che neppure comprende
perché si sorpassano
in cielo le credenze.
 

Difficile che sia

 
Si potrebbe pensare alle vette come equivoci
che inchiodano piani di roccia dove si scioglie il cielo.
O, dal ventre della terra, profili di campane
per le domeniche dell’universo.
 
Ma se si guarda bene sulle cime

La scelta del golfo

 
 
Quando la prima acqua venne alla terra
e l’angelo preparava la cometa,
non era la vita che un inseguimento
di minuscole promesse:
assegnare avamposti alle mutazioni seguenti.
 

Estratto

Estraggo/ ad uno ad uno i cassetti del comò, e li richiudo/
perché non c’è più niente
tranne/il mio primo milano, la cotoletta/ una traversa conosciuta/ quando ciò per cui ero salito è il gran lesso a casa tua.

Ad H. nel giorno del suo compleanno

                                            «Non è niente, non è
niente», mi dicevi mentre versavo fiumi di lacrime
sul fiume di birra con cui festeggiammo il mio
diciottesimo compleanno

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