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Poesia

E per quest'anno ...

 
scioglie la neve
la calda meridiana
tiepida a pelle
 
brillanti occhi azzurri
dietro ciglia abbassate

Uno di quei giorni

talvolta tornare
a quel telo bianco
appeso alla parete
sul quale scarabocchiare
qualsiasi pensiero o movimento
una prateria un mare un cielo
ovunque per dovunque
scendere dall'astronave
in un campo indiano sioux
sul ponte della Croce del Sud
del pirata Uncino
o solamente tra i rami
vestiti di bianco del melo
nel giardino di casa.
 

Città morte

Parlo delle città mute
quelle morte
specchio di vicoli e miserie
perlopiù
qua e là ricche di pietra e fiori.
Le città morte
di anno in anno
fioriscono d'ipocrisia
e pochi resistono al rito.
Eppure la pietra
resta lì
secolare, un po' spaurita
a cercarsi il silenzio consueto
a consumare lo spazio
e cresce.
Sono città forti quelle morte
sanno reggere la debolezza
nutrite a lacrime e nostalgia
sfidano la natura
e vincono.
E la terra altro non può
che soccombere al cemento.

E per te un fiore di girasole

Ho raccolto un girasole da un campo del color dell’oro,
l’ho preso per te, che come questo fiore solare
sei allegria scanzonata, gioia di vivere, un capolavoro;
tutto quello che un uomo vorrebbe per se… per volare.
 
Sto in mezzo al campo, vento nei capelli, girasoli intorno;
ho imparato che vivono della forza che il sole produce
e, fedeli e tenaci, ne seguono i raggi durante tutto il giorno,
con un messaggio, una lezione di vita: segui sempre la luce.
 
Per sè non chiede nulla e sopporta il rigore d’inverno;
quel girasole, che solo ama la luce, è sentinella d’estate,
come il sorriso tuo, che scalda l’anima e nei tuoi occhi è eterno.
Un fiore e un sorriso: una luce profonda, due vite legate.
 
Ma come ho colto l’inconfondibile fiore, docile fra tanti,
non ho preso te, unico fiore, luce radiosa di tante aiuole;
presenza ineluttabile, sebbene solo per pochi istanti.
A te, per un tuo indimenticabile sorriso, dono questo girasole.
 
        

Anime

Anime nude,
come case bruciate
ed in fretta abbandonate.
Di brace e di fuoco
é fatto il loro cammino,
di cancelli chiusi
e di porte sbarrate.
Finché,
una scintilla portata dal vento
si posa su di un’altra anima
incendiandola.
…allora
l’incendio non potrà
più essere domato. 

Amplesso

Viene su il tramonto che
persi i chiarori i colori del giorno
si spande di carminio e giallo
fa esplodere un arancio infuocato
e mi invita al torpore del riposo
verso la notte.
Tu mi copri d’un lenzuolo
di quel colore, di seta leggera
come un refolo d’aria estiva.
Mi baci le caviglie le cosce
i glutei contratti dal piacere
la schiena le spalle e ti lasci
su me dandomi il tepore del corpo.
Mi parli dolce all’orecchio
e i capelli sciolti lunghi setosi
mi accarezzano il viso
e vado in deliquio
dietro il tuo sorriso.
 

Sarò te e tu me

Quando ci prendevamo
anche in modo spiccio
in preda alla voglia di
sentirci dentro uno all’altro
e in un lampo fulmineo
tutta l’energia liquefaceva e
sorridevamo col fiato grosso
io ti leccavo il collo
e tu la fronte imperlata.
Se dicono non può bastare
vivere così per sempre
io che ti voglio tu mi vuoi
il mondo vada a farsi fottere
e baciamoci ancora a lungo
che sarò te e tu me, ancora.
 
 

Le mie creature

Le mie creature le ho messe in vetrina
modeste alcune altre meno e
tutte contengono un po’ di me.
Stanno sul banco virtuale
alla rinfusa neppure sole e vento
con poco interesse rovistate
da chi cerca molto e altro ancora
anche tra tomi ambiti per l’età residui
prose poesie d’altre realtà invendute
giacenti comunque nella teca
nel silenzio e nel clamore che li annega.
Non cerco mi si dica
tu sei bravo ne com’è bello il tuo verso
solo una carezza con gli occhi hai da lasciare
e un cenno si, per affinità
compreso dalla vena mia.
E poi vai non mi cale dove
io cerco di me piccole prove
nel tuo cuore nel suo o altrove
m’è essenziale sapere che ci sono
ad altri lasciare qualche dono.
 

Libellule

Non scriverò più il tuo nome
sulla sabbia rovente
il vento l’ha già portato via
Le mie parole non dette
rimaste sospese su un albero
spoglio
povere foglie inanimate
senza più sorrisi
e vanno
vanno a disperdersi
dove muoiono le libellule
crocifisse senza colpa

ad ali spiegate

Da sempre inespresso

Lirica di Vittorio Fioravanti

Nell'intreccio umido scuro dei rami
il sole è una grossa tiepida macchia
che s'allarga sull'orizzonte spento
espandendosi rossa

Dietro boschi di pini
chiusi come bande d'armati
scende l'alito inumano del vento
ma il gelo non può carpirmi dentro
la brace povera dell'emozione

Nell'anfratto più oscuro e contorto
c'è un io che si strugge
come un dio commosso
in un lamento delirio muto
da sempre inespresso

Non mi so leggere fino in fondo
oltre le pagine aperte della vita
nello schiudersi d'una persiana
l'eco d'un riso
d'una parola sfuggita
il rimpianto in uno sguardo incrociato
nel buio appena acceso da un lampo

Non so vaneggiamenti onirici
né indecifrabili ermetismi
fuggo dal termine raro
che non oso pronunciare

Resto
in quel gesto lento di marcia
la cadenza dolorosa d'un passo
ripetuto nel tempo
quello stesso passo vissuto
e rivissuto ancora
per un'ultima estrema volta

Ulm, 19 dicembre 1988

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