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Mammiferi de tera

Mammiferi de tera,
chi sta a volà, quelli a notà
tranne che er pipistrello
io penso che ci’asomiamo
quanno che se fa notte
 
e puro i ragni
o quell’impenitente der serpente
ma me voj dì i’uccelli sempre n’volo
comm’ hanno a fa:
a’ pittima minore?
 
 

D'ologramma partente

Arrivammo a quel dì
così
senza un impatto proprio
non avvertendo altro che un cielo rosso pervinca
in capo
nell’albore della sera che precedette il canto
 
C’erano stati latridi ad accompagnarci
compagni inascoltati, oh c’erano
ancora ci leccavano
le ferite infette
 
Noi inconsci, abbracciati e soli
avevamo pianto tonnellate di follia,
usurati tutti i doni, e bruciati i fuochi nella cabala,
cercato nelle nova un segno di rammoramento
 
I coscienti a mostrarci le piantine
a urlarci sulla faccia
inutili
da oblò muti, d’ologramma partente,
dinosauri
 

E a noi

 
Mi chiesi tante volte
a cosa sarebbe servita
se potessi io
un altro
scoprire interamente i nervi
a questa puttana di classe
prona, un aratro
se potessimo noi risalire
ma ella cantava
una sirena
e a noi
a noi ci tuffavano
 
Nudo femminile in posizione prona Serigraph

Auguste Rodin

Anch'io ho fatto un viaggio, più corto

- Ehi, ehi, ehi….signor…?
Lo guardai venire verso di me caracollante sui tacchi alti non meno di due pollici degli stivali a punta.
Se al posto del cappello da cow-boy color panna avesse agitato nella mia direzione un tomahawk con la testa in pietra della stessa tinta avrei pensato che quella che stavo accarezzando fosse una puledra da sottrarre al recinto e galopparci a pelo nella notte.
Invece ci ritrovammo io dalla parte del guidatore di quella anticaglia di Studebaker marron del 1963, e l’apache con le enormi dita a stringerle i bordi del finestrino dalla parte del passeggero, deciso a non farsela sottrarre.
Capelli neri fino alle spalle, occhi che finivano oltre gli zigomi terra di siena, pietra color pietra che ancora gli ciondolava sul petto completamente glabro, il guerriero indiano straripò oltre il tettuccio con quella espressione tipica del pard di Tex, il mio eroe dell’infanzia.
E, confesso, anche di oggi.
-         E’ uno schianto signore, un vero schianto.
Gli cercai gli occhi prima di aprir bocca, incontrando solo due lame assenti. Aspettandomele,  decisi.
-         Vecchi modelli, Augh, non ne vedo in giro di auto capaci di muoversi da qui a Carmel e ritorno, gli sputai addosso sapendo già che fra se e se il nativo avrebbe riso di quel pinguino tutto infagottato nel moncler sabbia sbiadita.

Valle

Valle, valle di spiriti lievi
che accosti, e dipani
fili interdentali che si fumano
il tartaro
lasciando uno spazio
piccolo
da cui guardare
rimanendo all’oscuro
di un carcere impregnato di gigli
bellezze a sbarre come amore
insuperabile

La mia città

Era la mia città
così vilipesa, dinoccolata
curva come rami cresciuti sottoterra
senza foglie
pronta anche d’inverno
 
Penetrandoti senza fermarsi
ti succhiava avidamente, come un bambino
e sorrideva sazia, sbigottita
quando la notte le calava sugli occhi
 
Era la mia città
con i suoi assassini, i suoi ladri
i fiumi relegati
i tram che sferragliavano
le panchine in cui raccogliere il sole
 
 

Non è quello in gioco

Non sono in gioco le religioni o, perlomeno, per ora non è questo il gioco.
In gioco sono le conoscenze scientifiche di cui attualmente disponiamo.
“ Le religioni” conosciute dell’umanità, dice la Storia, alcune sono già morte. Altre, se non tutte, potrebbero seguire la stessa sorte sia per pressioni interne che per pressioni esterne.
Ciò in quanto le religioni, intese nella loro accezione mnemonica, proprio in forza del fatto di fare riferimento e fondamento su fatti, personaggi, luoghi e deità, o dio unico le monoteiste, storicistici e scientisti del tempo in cui sono venute alla luce, risultano per ciò stesso contingenti e si dimostrano sempre più inadatte a reggere il vaglio del tempo, e del progredire delle scienze.
E’ invece in gioco la religiosità nell’uomo e dell’uomo: questo senti-mento/esperimento del finito e, per tanto, la quasi generalizzata non accettazione di tale finitezza da parte del medesimo.
Ci si potrebbe chiedere, quindi, quando ha avuto inizio tale senti-mento.
Le tre religioni monoteiste hanno anticipato tale domanda mettendo il campo la Creazione.. L’uomo, creato egli stesso dal Creatore come dominus del mondo circostante, come potrà mai abiurarlo senza commettere il peccato più grave, quello del disconoscimento del padre da parte del figlio prediletto?
“ Io sono il tuo Dio, non avrai altro Dio all’infuori di me”.
Come diretta derivazione deve conseguire, ne consegue, da parte di colui che è stato creato, la Fede, l'obbedienza.

Cosmogonia babilonese

L'universo babilonese e la formazione del genere umano
 
 
La cosmogonia più importante del mondo babilonese è rappresentata dal poema scritto in accadico (lingua semitica, parte della più estesa famiglia delle lingue afro-asiatiche, parlata nell'antica Mesopotamia, in particolare dagli Assiri e dai Babilonesi) “Enuma Elis” (Quando in alto). Lo scritto è stato scoperto nel 1876 tra i documenti su tavolette d'argilla della biblioteca di Assurbanipal (669 - 629 a. C.), ma indubbiamente risale a molto tempo prima, forse al tempo di Hammurabi (re di Babilonia) (1792 - 1750 a.C) o anche al tempo di Nabucodonosor (1124 - 1103) in quanto celebra la potenza del dio nazionale Marduk, assurto a tale livello dopo essere stato un dio della vegetazione, sul tipo del fenicio Baal.
Il nome Marduk deriva con tutta probabilità dal sumerico AMAR-UTUK, che vuol dire “Giovane toro del Sole”.
Marduk veniva identificato con il pianeta Giove.
           
 
“Quando in alto non era nominato il cielo

Oppure datemi dei pesi

 
 
Pensavo di alzare un dito
mi sono visto prima di pensarmi
Né ho mosso gli occhi
ancor prima che eruttasse
prima, molto prima del frastuono
a piedi infissi nel cratere
Oppure datemi dei pesi
 

Miti: Orfeo

Sul mito divulgato dai sacerdoti agli adepti, dai filosofi e dagli Aedi, com'è d'uopo, si è gettata a pesce, giustificatamente, una moltitudine di adolescenti di am Leggi tutto »

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