Il mercato del mercoledì delle Ceneri
Era lì, immobile, sotto il gigantesco olmo che svettava in mezzo alla piazza, incurante del continuo stillicidio gelato che le pioveva addosso.
Sorda alla cacofonia di suoni e di voci che la circondava. Piccolina che pareva uno scricciolo. I lunghi capelli neri che le coprivano il viso pallido ma grazioso dalle fossette smunte le cadevano disordinati sulle esili spalle coperte, a malapena, da uno scialle blu che aveva visto giorni migliori. Gli occhi chiari fissi in un punto lontano senza vedere nulla. Con una manina scarna stringeva al petto una scatola di legno intarsiato, con l’altra cincischiava il pizzo del scialletto, si capiva che era nervosa, quasi sull’orlo di una crisi. Accucciata ai suoi piedi, calzati da ciabattine non adatte a quella stagione pungente, una grossa borsa gonfia dalla quale spuntava un pezzetto di stoffa bianca e lucida che ogni tanto, anche a quella luce spenta, brillava come fosse accesa dai raggi del sole che ironia della sorte, quel giorno era coperto dalle nubi plumbee d’acqua.
Ogni tanto un profumo dolciastro e il forte aroma di caffè le stuzzicavano le narici e le faceva annodare lo stomaco che, per dispetto e senza vergogna, si metteva a brontolare. Insieme a quel soave profumo una voce bassa e cantilenante le giungeva all’orecchio destro: << Calda la mandorla, calda la mandorla signori!>> Leggi tutto »
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Sguardi accucciati
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Mare di Vetro
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Il Bacio che voglio
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Gnagna Meneghina
Quando mi trasferii nella mia nuova casa, in un paese così piccolo, dove non potevi fare uno starnuto senza che tutti lì intorno lo venissero a sapere, beh a quell’ epoca ero una ragazzina insulsa, impacciata, timida e magra come un chiodo ed anche l’unica ragazza di tutto quell’odioso microscopico paese fatto di vecchi che non avevano un nome proprio ma dei nomignoli come:Momigrando, Momipicio, Magnapatate, Mesapipina, Barconselo, Batoceta, Batirame, Bonanova, Spalavier, Nassavecia,Negavescovi, Sivoleta ect. ect.
La mamma ed io fummo costrette a lasciare la città che tanto amavo dopo la morte di papà causata da un incidente sul lavoro ed a trasferirci nella casa dei nonni che ora apparteneva alla mamma e l’unica che potevamo permetterci visto quel poco di sussidio che l’assicurazione ci passava.
Appena la vidi misi il broncio e cominciai a piangere. Era così piccola in confronto al bell’appartamento lasciato in città, e per giunta pure isolata. Come avrei fatto a sopravvivere in quello squallore proprio non immaginavo.
Per giorni cercammo di sistemarla e renderla più accogliente. Dipingere le tre stanze fu uno spasso ma il risultato non fu dei migliori. Io di notte piangevo ripensando alla scuola ed alle amiche, laggiù in città.
Fu una mattina, una delle tante del mio solito gironzolare per i prati ed i sentieri di campagna, che incontrai la donna che divenne per me quasi una nonna. La sua casa era a pochi passi dalla mia e quando ebbi occasione di entrarci scoprii che aveva un’unica stanza divisa a metà da un soppalco, di sopra c’era il suo letto e sotto la cucina, con un’unica lunga finestra che illuminava tutte e due le parti di quella buffa casa, il bagno naturalmente in cortile, ma era talmente linda, ordinata e perché no profumata di erbe che la donna raccoglieva e colma di cose interessanti che ne rimasi subito affascinata. Leggi tutto »
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Perle di Desiderio
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SENTO
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UOMO MIO
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Fata
Le note melodiose del flauto di Pam
per l'aria si spandevan.
Vestita solo di mughetto,
danzava al chiarore di sorella Luna,
il viso accarezzato da una lunga chioma,
di fine seta bruna.
Al capo portava una stella
dai riflessi di luce smeraldina.
Regina dei boschi era
l'eterea fanciulla,
dolce, leggiadra, bellissima fata,
io me ne innamorai
e non l'ho più lasciata.
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