Risacca
con furore si frangono
in scroscio di scogli.
che un tramestio di danze
nella risacca
che canore s'accordano
alle mie nostalgie.
rev. aprile 2010
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Margine di primavera
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A lume di candela
solo una magia di candele
nella penombra della stanza.
Quest’aria liquefatta
reclama un tempo, rivorrebbe una voce.
Squarci che non osiamo. Sognati invano.
Tra me e te un timore.
Ogni parola resta dentro sola.
E muore.
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Altre voci
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Tre stanze per un marinaio
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Preghiera di Natale (2009)
d'oggi il mio viso in Te tutto è riflesso,
Verbo che sveli all'Uomo la sua effigie,
siedi nell'universo e nella carne,
quella corrosa, quella crocefissa,
dall'alto a noi, da un non distinto luogo,
entri nel mondo a spendere l'essenza,
tra gli oscuri dirupi,
tra i densi labirinti,
tra i nostri mancamenti.
Amor che muovi sì le stelle e il sole,
ma molto più per noi doni la Vita
http://www.francescoballero.it
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Se una notte d'inverno un viaggiatore
Questa poesia si appanna
come i vetri di un bar della stazione
al fischio delle nuvole di fumo
della sua macchina per il caffè.
Un uomo vi si affaccia dalla nebbia,
guarda, entra poi sbottona il suo soprabito
mentre si posa l’umido del vapore
su tutti questi inquieti andare a capo.
Un fischio secco di locomotiva
si leva alto da un’altra nuova strofa
dove si annota un torcersi degli occhi
degli avventori al banco
e ai tavoli di alcuni giocatori,
chiuso il ventaglio della carte al petto.
Si assomigliano tutte le stazioni
della nostra provincia,
le loro macchine-espresso nei bar.
Di carbone un pulviscolo tuttora,
dopo così tanti anni,
nella loro aria aleggia.
I lampioni non bastano a schiarire
oltre uno sbiadito alone
e tu che stai leggendo non afferri
a che tempo appartiene la stazione
della quale io racconto.
Ma una sera d’inverno un viaggiatore
si aggira come un’ombra nella nebbia.
Non ti è detto se arriva. Forse parte.
Forse attende un convoglio che non c’è,
si è perso in altri abissi, in altri tempi.
Qui tra i binari di ieri e di oggi
c’è di treno un odore che rimane.
© francesco ballero http://www.francescoballero.it
questa poesia è stata ispirata dall'omonimo libro di Italo Calvino
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Di sera
Tu prendimi, Signore, e fammi fuoco
in questa mia sera
di sfibrati abbandoni.
Io affido al tuo respiro la mia pena,
la brace che mi inchioda,
come ali che riposano sul vento.
Se all’ombra si diradano i colori
nelle parole tremule
dette tra me soltanto,
plasmami uccello che vola alla foce
tra le case che illuminano i campi
nella minuta fiamma del mattino.
Risillaba la vita
quale allegra aria che scuote i bambini
questo tuo riflesso agile di luce.
© francesco ballero
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.
Per me il tuo ricordo è come vento
solamente di pagine strappate
talvolta quel profumo di pinastro,
da strisce di colline alla finestra
l’illusione del mare.
fragori d’onda nel migrar di luci,
a manciate dagli alberi le foglie
teneramente sole.
come un sospiro cupo di battelli.
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Graduale
Di tua radice e cenere rimane,
tra terra ed aria,
solo un profilo in controluce
con un ultimo battito di fiamma,
in sospensione fievole.
Coi miei brandelli e lividi ritorna,
tra rancori e anima,
un sogno sorto al plenilunio
nei lieti canti di giovani sguardi,
col timbro di un miraggio.
Del loro soffio d’uomini mi penetra,
tra volti e voci,
un suono che trema nella notte
con un amore in bilico nel sangue,
attaccato alla vita.
Da un qualche vento rigido d’inverno
mi assolve il volo grigio dei passeri
col fuoco dei bivacchi per la strada.
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