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blog di Bruno Amore

A oriente del corpo e dell'anima (senryu e tanka)

 
ruvido il senso
che dell'amor fa scempio
chino sul corpo
*
impuro è l'occhio
quando guarda all'amore
senza l'anima
*
se mai l'amore
possedesse un suo corpo
dove vivrebbe?
*
la passione si

Pensieri di parole.

 
Andate pensieri sulle ali di parole
mostrate quando freme questo cuore
ognora contrito triste e quanto duole.
Spargete il senso ma non sia timore
bussate alla speranza che non suole
essere puntuale come son l' aurore.
Fategli scudo di ferro come vuole

Frecce

 
Ma quante volte
la parola scaglierò
perché sia poesia.

Mi chiedo

 
Che venga dalla tibie
questa melica malinconica
e questo ticchettare
dalle decalcificate ossa
che reggono stancamente
il peso d'un corpo che non vuole
non sa stancarsi d'esserci?
Oppure è dall'anima che
ha fatto del travaglio una veste

Allo specchio.

Caro specchio d'argento raggrinzito
dai bordi molati, incorniciato di gesso
in minute cornucopie e foglie dorate
ormai indistinte annerite screpolate
che da tanto accogli le mie confidenze
ti guardo nel centro ancora lucido
messo di fronte di sbieco e di profilo
per cercare con smorfie strane

Incubi

 
Io spesso sogno
freddi cupi marosi
senza dormire.

Vecchie rughe.

Rughe che son profonde infisse in viso
persiane chiuse che il sole hanno ucciso
nascondono speranze disattese
desideri e passioni malintese.
Più non sperano stendersi d'aprirsi
seppure nella sera della vita
il tempo ch'è passato si fa brezza
porta sollievo nell'oblio e carezza.

Cambiare marciapiede

 
il Cuore coi battiti felpati
come lenti passi per la via bagnata
nel silenzio altro della sera
improvviso Sobbalza
e tamburella a pioggia
quando aliena un'ombra nera
attraversa e va via ma, subito
riprende il ritmo appena smarrito.

Crearsi un'illusione.

 
 
Ad occhi chiusi modello
il tuo sembiante nel mio pensiero.
Se scultore domani diventassi
d’incanto da materia informe estrarrei
l’opera più bella, dai tempi di Fidia.
Dall'universo rubo l'incanto
per insufflarlo nei recessi alveoli

Le guerre che non si possono vincere

Lo zio, che era vescovo, aveva fatto passi importanti perché lo ammettessero all'Accademia Militare, anche se lui, pur sentendone il fascino, ne era un po' impaurito. Ne uscì aitante ufficialetto e la prima destinazione, un reparto di istruzione reclute, gli fece subito intendere che ci potevano essere spazi per soddisfazioni personali importanti.

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