Scritto da © Bruno Amore - Dom, 03/04/2011 - 18:15
Lo zio, che era vescovo, aveva fatto passi importanti perché lo ammettessero all'Accademia Militare, anche se lui, pur sentendone il fascino, ne era un po' impaurito. Ne uscì aitante ufficialetto e la prima destinazione, un reparto di istruzione reclute, gli fece subito intendere che ci potevano essere spazi per soddisfazioni personali importanti. Così prese ad impegnarsi nell'apprendimento dell'arte di comandare, sentendosi gratificato dalla rendita di posizione che il possedere un grado conferiva anche automaticamente. Avrebbe dovuto condiscendere la scala gerarchica che lo sopravanzava e imporsi su quella che sottostava. Semplice, a prima vista. L'ambiente era pervaso da quella smania di protagonismo che aiuta a salire i gradini verso i comandi più importanti, sempre tenendo in massima considerazione lo spazio riservato ai superiori in grado. Una specie di regola non scritta, sebbene i cardini fossero dettati da ferree norme in pace e in guerra.
Disse un definitivo mi dispiace a Luisa, la ragazza della giovinezza, e prese ad interessarsi alla figlia del generale comandante la piazzaforte, che acconsentì. E fu un matrimonio elegante, con tunnel di sciabole sguainate all'uscita della chiesa, lui in alta uniforme, lei in tradizionale bianco neve. Venne presto un comando di tutto rispetto, quasi contemporaneamente al primo figlio, cui dette il nome del suocero. Era schietto e stringato nell'esercitare l'autorità conferitagli dal grado, una mano gelida poco incline a tollerare inevitabili debolezze che s'annidano anche tra uomini addestrati al sacrificio personale, quando richiesto. Con queste credenziali, fu scelto per un comando prestigioso per chi ambisse fare una importante carriera: Comandante di Reggimento, dislocato in zona di operazione bellica, Balcani.
Ma la guerra guerreggiata sul campo, non è mai come quella dei manuali di strategia, tattica o arte guerresca. Questa guerra poi, che non doveva essere chiamata guerra, che imponeva atteggiamenti non ostili a volte, altre cruenti, senza che agli operatori fosse dato di conoscere le motivazioni recondite degli atti che andavo a compiere. Così accadde che una pattuglia di avanscoperta del suo reggimento, fatta segno da fuoco “nemico”, reagisse distruggendo il manufatto dal quale i colpi d'arma partivano. Nell'abituro distrutto, tra le macerie, solo il corpo di una giovane donna e due bambini. Nessuna traccia del nemico. Un pick up con alcune persone tutte chine su qualcuno o qualcosa nel cassone, violò un posto di blocco. Il blindato del suo reparto, piazzato per sbarrare il passo, fece fuoco. L'automezzo saltò in aria e prese fuoco. Tra le vittime, due adulti e una donna gravida con il parto che si concluse con la sua morte.
Il Colonnello Rossi, cominciò a dormire male e poco. Si attardava in vari distinguo, prima di dare ordini operativi decisivi della incolumità di civili e questo gli stava procurando rimproveri e critiche dagli alti comandi. Ma era un buon soldato e, alla fine, si piegava alle esigenze della gerarchia e della guerra.
Gli furono segnalate presenze di guerriglieri in un vicino borgo agro-pastorale. Prese direttamente il comando dell'unità che doveva intervenire e alla loro testa i blindati, velocemente raggiunsero il luogo del prevedibile scontro. Venti casupole al massimo. Una piccola chiesa, davanti alla quale un piccolo assembramento di persone, come all'uscita di una funzione. Per lo più donne, anziani e qualche bambino. Avvicinandoli, questi si disposero in due o tre file di fronte, quasi per farsi contare. Fece fermare i mezzi e li schierò loro di fronte, senza un qualche progetto o iniziativa operativa. In piedi, indirizzò verso i civili, nella loro gutturale lingua, l'invito a denunciare l'eventuale presenza di armati e a disperdersi pacificamente. Il suo sottoposto più vicino, lo stava avvertendo di sospettare una possibile trappola, tanto era innaturale l'atteggiamento di quei borghesi. Non vorrà suggerirmi di fare fuoco su dei civili, lo rimbeccò il Colonnello. Faccia controllare dai militari. Presto. Un sergente e due caporali, lasciati i mezzi, si diressero verso l'assembramento che, d'improvviso si aprì in due tronconi. Dal centro, proprio dalla porta della chiesa, una raffica di mitragliatrice li abbatté. Il fuoco di reazione delle blindo, decimò donne, uomini e il mitragliere ribelle. Quelli vivi erano stesi a terra in attesa di un cenno per rialzarsi. Un bambino prese a piangere, seduto tra vivi e morti. Teneva in mano il filo che aveva trattenuto un palloncino rosso.
Il Colonnello Rossi, ebbe gravi disturbi comportamentali, dopo l'ultima vicenda. Fu fatto rimpatriare, curare e collocato a riposo per invalidità. A distanza di anni, passa ancora le sue giornate davanti ai cancelli della Brigata cui aveva appartenuto, passeggiando avanti e indietro.
"Ha un viso tondo e rubizzo un cappotto liso sui gomiti, un mazzo di palloncini colorati in mano. E' l'ultimo uomo di questa storia."
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