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blog di Bruno Amore

Veniva da Kabul.


S'addobba la bara in “tricolore”
si nasconda la mera faccia della morte
al padre, alla madre, alla consorte
che piamente e affranti accolgono le spoglie
fra tante autorità,  prelati e generali
piantati qui, a bordo pista, a far da pali.
A oriente o verso Nord, chi lo sa mai

"Ubi maior, minor cessat" ?


Quanto ancora subire lo scenario
dove annega il sano e quieto nel precario
quanta corda vorrà, quanto sapone
per legarci di questa questa galera al suo pancone.
E suona il flauto quel “posteggiatore”
strappando sorrisi da bravo adulatore
per rubarci le paure dalla mente

Immigriamoci.

Con l'anima vedo, sento tormenti                                 

L'incontro.

Da quel viso anticato per il male
inciso d'occhi liquidi, piangenti
incurante d'un filo lucente
che dal labbro gli colava
guardava curiosissimo
il mio grigio onor del mento
allungando la mano scheletrita
tentava di toccarlo, a stento.
M'avvicinai vieppiù
lasciandoglielo fare

Il mondo che vorrei.

Vorrei perdere la vista
abbacinato dalla bellezza
essere afflitto da otalgia per la musica soave
e non poter più un fioco richiamo
per aver cantato in coro tra di  noi.
Ma vorrei non m'ottundesse i sensi
non mi facesse procombere
col viso nel fango
la mia stessa gente

Fame & sete

 

Vorrei aver tanta fame
quanto ho voglia di giustizia
e mangerei la merda morale:
quelli che intristiscono il mondo.
Vorrei aver tanta sete
quanto ho voglia di libertà
per bere questo piscio di gente
che ci cavalca come pecore alla tosa.
Vorrei avere tanta ferocia

Livellando spazzatura (quasi parodia)


Fa Don Vomero a Scampia
sei pezzente passa via
è città per importanti
uomini nobili ed eleganti
col tuo sporco nauseante
tu m'ammorbi anche le piante.
E come osi pidocchioso
disturbare il mio riposo
qui del mare c'è la brezza
non di certo la mondezza.

Limerick anch'io

46. “addio mia bella Napoli”
 

Da quel “basso” buio tetro, Pulcinella
non vede come un tempo la sua stella
mondezza putridume
posata dal comune
cilicio perché fu Napoli bella.

 

Attraverso specchi.

Con occhi semplici
poggiati lì sugli spigoli
della vita ormai passata
vedo scorrere figure sconosciute
vestite con abiti miei dismessi.
Mi chiedo sempre quando mai
li abbia regalati
eppoi perché a questo e quello
che non so dire chi siano.
Si voltano verso me, alle volte

Cent'anni, cento voglie.

Avrò cent'anni, la prossima estate
di quelli corti, vissuti appena appena
con la vita che scappa tra le imposte accostate
e lì a pensare cosa è migliore a cena.

Non lascio una scia, neppure faccio ombra
subito si cancella non c'è proemio
la voce è sommessa non ingombra

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