blog di Bruno Amore

 

Stanno, i ricordi collettivi

familiarmente seduti sulle panchine

lungo il muro ombroso della piazza antica

o sotto i lecci del parco della rimembranza.

Quando le scelte sono limitate
vivi emozioni domestiche, al guinzaglio
scelte raccolte come pecore nello stazzo
costrette al pascolo allo stesso prato
percorrendo tratturi sempre noti, sicuri
così da essere innocue, sperimentate
da inforcarsi contro il baluginare della vita
come lenti affumicate.

Forse non riuscirò mai
a scavalcare la mia ombra
e resterò seduto sullo scalino più basso
con le gambe strette tra le braccia
ed il mento affondato tra i ginocchi
come stessi pensando all'infinito e
"sottili i fili risplendono in quest'alba di silenzio".

Un torpore della mente nasce fondo
al momento senza ragione
e via via che l'alba trapassa
la cortina delle palpebre chiuse
si dissolve
incogniti contorni si disegnano
cercano appigli in realtà inesistenti
speranze vaghe oppure ansie
di un divenire che non vuol posare
il palmo sulla fronte

 

 

se il ticchettio della pioggia

ti pare più suono che rumore

il tuono più domanda che risposta

sentire la gente attorno, il grande gregge

spoglio questa calura, lentamente
bastasse l'acqua a sciogliere la mente
affogherei in vasca continuamente
solo io con te o con tutta l'altra gente
e ridere d'un bisogno fetente
scrivere ogni stronzata passi in mente.

Ho sniffato tre versi, ed ero solo
siccome non m'hanno fatto nulla
me li sono fatti in vena appena appena
ma neanche allora l'effetto c'era
volevo sentire come l'altra sera
sebbene mi guardassi a malapena.
Quello che non sono, l'ho stipato
quello che vorrei, non lo raggiungo

Eccitando il silenzio
gioco coi seni coi capezzoli
ma non mi aspetta.
Mi monta
sono tra le sue cosce lisce
stretto ai fianchi e sento il suo sesso
che mi bagna il ventre.
Nella penombra mi guarda, sorride
si china alla mia bocca
e dolcemente, piange.