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Quando ti svegli.

 
 
Quando ti svegli hai occhi minuti
per la lente del giorno che li ingrandirà
e gesti infantili che si aprono lenti all'agguato del sole.
 
Schiarito il velo della notte,
appaiono le orme dei tuoi sogni
fuggiti come prima della neve nel letargo fino a sera.
 
Poi, supponendo che la brezza del mattino
sia giunta fino al letto a sollevarti,
ti osservi dalla sponda aprir le ali
e come braccia nude muoverle in volo.
 
Così,
andando dal tuo sonno ad un sorriso,
addormentata donna
ti svegli come cigno.

Io sono l'amore rinnegato

 
Io sono lo scirocco caldo
che invade la tua pelle-poro
dilatando a dismisura ogni piacere

sudore – brivido- tentazione

ho una rosa di sale tra le gambe
e l’umido tepore della notte
una risata tra i capelli e l’opale nel cuore

sudore – brivido – calore

ho un veleno intrigante e maturo
un tocco che sa penetrare la rugiada
una poesia ammaliante che trapassa

sudore – brivido – eccitazione

La mia ragione intinge sensazioni
rimescola nel ventre la pioggia con la neve
e si fa brina ogni spalla che offre

sudore – brivido – tremore

Sono il peccato primordiale
l’invito del serpente tentatore
la vocazione della spiga e del papavero

alito-sussurro-carezza

Io sono femmina e pure maschio
la bramosia dell’ambrosia
il labbro che incatena il labbro

sospiro-musica-fruscio

Sono l’umido che lubrifica i silenzi
il brivido che non conosce povertà
sono la tentazione della penombra

palpito-gemito-graffio

Sono l’eccitazione della trasgressione
il tremore di un attimo senza dolore
il sogno che si bacia in bocca

passione - erotismo -  ardore

Io sono lo scirocco dolce
la fede a cui si crede privatamente
quando la notte colora le lenzuola.

 

Il momento delle ombre

È nel tempo che s'addensano le ombre
e ogni cosa pare sprofonda in un ciclo concluso

se qui vicino si leva un volo di cornacchie
e più distante, da velati pensieri,
nelle conchiglie il rumore del mare
e inaspettati versi di gabbiani

allora forse restituiscono la speranza
raffigurando passaggi rocciosi
percorsi da un fanciullo in un nascente giorno.

Antonio Ragone (Da "I passi sul sentiero sconosciuto - luglio 2009)

Osservando le stelle

 
La mia strada si allarga
Verso la collina,
mentre il sole si accascia
molle,
fra nuvole di sangue.
 
La mia strada è deserta,
solo io vi cammino,
guardando all’insù.
Inciampo su piccoli sassi,
mi graffio un po’ il cuore
con spine sottili,
sospinta dall’aria.
 
La mia strada va avanti,
si vede dai monti.
Non finisce nel nulla di un prato fiorito,
non si schianta su un masso
che impedisce l’uscita.
 
La mia strada è lucente,
sotto i raggi lunari,
io cammino da sola,
osservando le stelle.
 
               Danila Corlando

Soffio del fato

Soffio impetuoso, su l’angosciosa vetta
inchinate a lui, serve, son le alte fronde
inciso ed improvviso, come l’accetta
miete l’incanto d’un tempo senza spazio

Danzanti for da la lor culla, cadon giù
i puri figli nella bufera sua
in un dolce turbinio di decadenza

Scaturenti in voi o sciocchi, desii al più;
pur la morte sboccia da la furia sua.
Soffocante, tormenta, è ‘sì la su essenza

Ribollir di sfida cova ‘d aspetta
pe’ color ai quali timor non infonde
pe’ gli altri, creator di tomba in su la vetta:
Mirate e godete il portator di strazio.

Riflessi d’addio

Non ci vedo più
i miei occhi sono fermi in quel giorno
e ferme sono anche le mie mani
l’emozione ha perso sua madre
la voce ora muta  
come il mio pensiero
chiuso nel profondo scavo  
ha perso l’anima amante
e nel pianto
lacrime riflessi d’addio.

Al seme della mia pianta.

 
Sai figlio, tu porti negli occhi un frantoio curioso:
l’innocenza delle prime volte di tutto.
Nella macina ogni cosa è farina
per il pane che verrà.
Con fatica,
ridurrai le maglie al tuo setaccio e bada
che un po’ del gusto per l’azzardo resti nello scarto.
Senza piedi in scarpe già vissute,
inconsapevole delle orme attraversate,
affronta la salita come lo scirocco fa sull’onda alta:
increspa la terra ma non produrre fossi!
Porta pure il tuo seme in quanti solchi vuoi,
ma non smettere di rinforzare la pianta che vacilla.
Tieni sempre un orecchio in terra e l’altro al cielo:
col primo sentirai il passo amico o il galoppo del nemico
e col secondo riconoscerai la tempesta che si avvicina
o il soffio consolante dell’universo divino.
Quando la sorte ti sarà amica
non negarle riconoscenza e, pur non potendo,
dalle in cambio un vitalizio di ceri accesi al Santo.

Miti: Orfeo

 
 

Allora, la storia è semplice e comincia così come in una fiaba, ma non ha lieto fine.
 

Orfeo è un principe, figlio del re Eagro di Tracia e della musa Calliope, "colei che ha una bella voce", nata a sua volta da Mnemosine e Zeus, ispiratrice di Omero-Iliade ed Odissea- cioé della poesia epica e, soprattutto, ancora recitata, non scritta.
 

La Tracia è una regione a nord della Grecia, oggi potremmo situarla come estesa longitudinalmente fra la Bulgaria e la Turchia.
 

E' una terra misteriosa piena di boschi, di nebbie, e risonante di acque, di incantesimi pertanto. I viaggiatori, tra cui quel gran pallonaro di Erodoto, erano tornati in patria raccontando dell'esistenza di una cultura sciamanica, stregoni per semplificare, con poteri magici e capaci di intermediare con la natura ed il mondo dei morti, meglio ancora l'aldilà.
 

Come facevano? Procurandosi uno stato di trance attraverso la musica.
 

Questo principe, dotato come non altri del canto, (e ti vorrei vedere con una nonna ed una madre così) si innamora perdutamente di una ninfa: Euridice, ed è da lei riamato.
 

Dicono, dicono, che il loro fosse un amore casto.
 

Che sia stato per questo non so; la voce aveva cominciato a girare e Aristeo, un figlio presunto di Apollo, dio della conoscenza non dimentichiamolo, decide comunque di provarci anche lui.
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Miti: Orfeo

Adunque o, se essendo degli ortodossi lo preferiste, ordunque, avrei voluto scrivere qualcosa sul mito di Orfeo, cercando di capirci qualcosa anch'io. La bibliografia è enorme, la ricerca, e la documentazione, di più, se solo si pensa che la bibliografia è limitata al titolo, all'autore e, a volte, all'editore.
 

Quel che è certo, è che questa maschera da fascinosa ha assunto per me, arricchendosi a poco a poco, il che dell'affascinante tante sono le interpretazioni che nel corso dei millenni le sono state attribuite, tante, nel contempo esplorandomi, ne trovavo anch'io di più o meno pertinenti.
 

Mi è parsa, inoltre, mentre leggevo, sempre più dialettica, essenziale per la comprensione della prima figura, quella di Euridice. Direi fino ad attribuirle non solo uno spessore proprio e non subalterno, bensì come se in essa, in fondo, riposasse l'ultimo nodo da sciogliere per la chiusura del"quadrato".

Quindi, venendo al succo come spesso ho sentito dire  alla rettora di questo cunibolo, spererei che a questo mio appello qualcuno rispondesse: presente!

Lo chiedo come sondaggio prima di iniziare, così avremo due reciproci vantaggi.

Basteranno semplici si od un altrettanto semplice ma non...per farmi e farvi capire il seguito.

Con i miei ossequi alla Direzione

Orfeo er Rosso

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