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per dirti mai che m'incanti

ognuno esprime il sé,
le iridi devastano il globo ACQUEO,
solo per te a volte
ghiaccio a tratti il volto,
mi blocca il sensato,
buffe le mie emozioni
che si contendono ll tuo spazio.
ma devo raccogliere
a coppa ferma

zolfo

E poi sarei io
il male allo stato brado
Il serpente, la voce, la mela
l'eterna tentazione

Ma tu che mi metti in croce
 quando m'ingoi
sento che odori di zolfo
e ti c'impiccheresti sul mio monte
 

 

Nell’Intervallo Quantico di Scatole Cinesi

 
Vorrei il tuo ventre in collisione
nel centro esatto del potere,
a congiunzione di cateti ardenti
nei fuochi d’acquosa ipotenusa.
Manipolando stelle di zolfo rosa
innesco radici d’Africa selavggia,
in tremiti d’argento e lana
nel vuoto di culla ansiosa.
 
Unisco i punti dell'accordo
con gli spilli e le saette
d'un linguaggio crepuscolare,
per traboccare le domeniche
d'immagini in copia a un dio,
nell'ambrato calice di gioia,
sull'altare offerto a chiome nere
in tempesta di delizie ai lombi,
a scoccare un grido soffice,
predato ad arte e ripagato.

sospensione d'argento

 
 Sprovvista d'accetta,
a metà è tagliata.
Curiosa tuttavia
sullo sfondo ariosa
 sta la  Reina
su Roana,
 Il cielo
cinereo
tenue s'accappona,
 mentre volteggia  una gazza.
Lei dimentica
e sospesa ,tremula
in attesa del sonno
e del suo re.
 

Diario del Che in Sicilia / 3

“Capitolo 25/60. Dazione ambientale”
Dove il Nostro è costretto a pagare il pizzo. La sua gentile amica gli spiega che le autoreggenti le sono costate una fortuna per regalargliele così, con leggerezza.
 
“Capitolo 26/60. Il padrino”
Dove il nostro Eroe, attraverso un esponente della famiglia dei C…, del mandamento di P…, tenta di prendere contatto con la Cupola. Ma nel Duomo non si trovano scale abbastanza alte.
 
“Capitolo 27/60. Onorificenze”
Dove giunge una notizia bomba da Londra. Il Che, in quanto vittima reiterata del pizzo, è insignito dell’Ordine della Giarrettiera.
 
“Capitolo 28/60. Manna”
Dove il Nostro, sulle Madonie, assaggia la manna di frassino. Poi ne mangia come un lupo. E, logicamente, si trasforma in un lupo mannaro.
 
“Capitolo 29/60. Mannà”
Dove la Ninha, divertita dalla trasformazione del padre in lupo mannaro, afferma: “E poi il lupo dice: ‘Mannà…ggia’. E l’Eroe, fra sé: ‘E poi dice pure: Mannà… tevene a f….’ ”.
 
“Capitolo 30/60. La Leggenda del Santo Pescatore”
Dove, sul peschereccio, Santo, di 24 anni, di A…, racconta al Picaro una storia. (L’Autore assicura, seriamente, di aver riportato in modo oggettivo quanto ascoltato dall’intervistato).

Il grande bluff

Difficile dire se sia uno stato dell’anima
o solo un crepuscolare, patetico sentimento.
Certo l’ansia e l’angoscia che mi attagliano
quando il tempo presenta il suo salato conto
mi rendono conscio che la notte si avvicina.

Credevo davvero di poter dominare le paure
ma la coscienza dei propri limiti è l’unico regalo
che la vita ti concede a due passi dall’arrivo.
La saggezza dei vecchi è quindi solo timore
di affrontare il domani non avendo più difese.

Così sfido l’inverno, titillo dolcemente la primavera,
corteggio l’estate per illudermi giovane ancora.
Questo diabolico gioco di rimpiattino col tempo
riempie la mia stagione, mistifica i sentimenti
e senza alcuna vergogna bluffo al tavolo della vita.
 

Diario del Che in Sicilia / 2

“Capitolo 13/60. Matelico o Spacchiuso?”
Dove, davanti ad arancini al burro e a un pane alla milza, da pastiddaru di Siracusa, cugino catanese acquisito tramite ex moglie chiede provocatoriamente al Protagonista se è un vero matelico o solamente uno spacchiuso. Il nostro, disorientato, telefona ad Andrea Camilleri, per chiarimenti.
 
 
“Capitolo 14/60. Anagrafe tattile”
Dove il Nostro prende contatto visivo e manuale (nel senso di “strette di mano”) con le piacenti signore presenti nella Struttura Ricettiva: mamme, animatrici, amministrative e cuoche. Quella che, in un’accezione di rozzo, bieco e deplorevole maschilismo, potrebbe tradursi col termine di “fauna”. Il Picaro non manca naturalmente di registrare, seppure a fatica, i nomi di padri, animatori ecc.
 
 
“Capitolo 15/60. Cinquantenni posati e maturi”
Dove il Che, constatando la presenza nel Locus del non esiguo numero delle circa-trentenni, tenta di autoipnotizzarsi con un mantra ricavato da una battuta di Sean Connery nel film “The Rock”: “Sono troppo vecchio per queste cose”. E pensa di averne abbastanza, ormai, delle near 30 per rimettersi nei guai.
 
 
“Capitolo 16/60. Vanitas Vanitatum”

Manifesto del nuovo me (Addio)

 
Addio schiera di vuoti specchi
Addio inutili monili senza profondità
Gli spettri non si accorgono di voi
Ma è qui che parte la rivoluzione
Io senza più riflessi ormai
Cerco adesso la strada in un blues
 
Gente persa nella propria serra
Che crede ancora nella verginità
I gelsi macchiano di sangue le utopie
Ma è qui che parte la contestazione
Io senza più radici ormai
Pianto adesso le mani in un blues
 
Coraggio il cacciatore ha un solo colpo in canna
La preda va stanata con abilità
Rimosse le paure sono solo ombre
Non c'è altra via altra possibilità
Io senza più un confine ormai
Trovo ancora posto in un blues
 
Addio...Addio...Addio...
 
(canzone)

Sguardo d'infanzia

Due bottoni d’oro
cuciti su una nuvola
di seta corvina.
Piccoli soli intrisi
di luce e agguati
fra gli alberi stenti
sulla riva di ieri.
Ma uscivi per sempre
in quel pomeriggio
estivo che affogava  
il suo fuoco celeste
nell'acqua scura.
Svanendo dietro l'angolo
in cerca di un giaciglio
fresco d’edera e ruggine,
dove posare infine
il tuo vecchio sguardo
e indossare due pietre
scavate dai germogli
nella rugiada del mattino.
Dolce Sfinge da guardia
ai miei ricordi d’infanzia.
 

Il puzzle della vita

 
Siamo caselle nella scatola dell’esistenza
seppure in tanti  ci sentiamo spesso soli
germogliano così fiori e desideri
meravigliosi incontri
perfetti ai nostri lembi.
 
A mezz’aria la conca seduce il mezzo cerchio
e bacio unisce retta a retta
ma quando l’aria si fa terra
ben presto il cerchio si fa schiena al cerchio
e la retta ondeggia sulla retta retta.
 
Bendato allora appare
colui che ogni pezzo afferra
anche se
con cura cerca e sceglie
e solo dopo posa.
 
Così è la vita
quando l’osservi con gli occhi della terra
caselle su caselle
fatica su fatica incastonate
o peggio stanno lì tutte sbilenche
 
eppure a volte basterebbe
anche solo un pochettino
volgere lo sguardo verso il firmamento
per accorgersi di quanto invece sia perfetto
quello che è il quadro divino.
 
tiziana mignosa
dicembre 2009
 

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