Voglio essere stanotte un viaggiatore
qui giunto dalla Germania: Ortigia
mi s'apra sulla soglia di una trattoria odorosa
di pasta agli scampi e rossissimi pomidoro.
Qui ceno in compagnia di Paolo Orsi,
squisito amico, esploratore della ctonia notte
che clemente abbraccia frammenti sommersi
di bellezza ed è l'anno 1925.
Egli mi parla dei labirinti incisi
sulle lastre di pietra a Pantalica;
con l'indice disegna sulla tovaglia
le anse della spirale insino al
centro,
poi dal centro verso l'
uscita:
gira, gira, svolta e s'affaccia, porte e cortili,
panni ad asciugare, desinenze in -u,
vortici di tempo, vi cadiamo
dentro,
ellissi d'orbite danzanti, colonne
tortili,
vi cadono dentro i nostri passi notturni.
Svoltiamo l'angolo del palazzo
Vermexio e Senatorio (lanterne oscillano alte
come per le feste da ballo del Vicereame:
ricordi?
Salivano a piedi le Siracusane dal lungomare,
gocce di luna tra i seni della Notte)
(si saziava il Merisi di olive nere e mandorle
d'Avola – frattanto meditava come
dipingere l'utero della terra, le fascinazioni
dell'ombra, i gridi delle quaglie).
E qui, ora, nasciamo: dentro la Piazza
dove
si ripete la forma dell'Occhio
e mi commuovo:
figlio voglio essere delle lampade che accendono
lesene e colonne e balconi – dal buio, segreto
buio oltre chiusi anditi, chiamano i giardini
il nome di Ibn-Hamdis, di Archimede,
del fiore d'agave e dell'acqua dolce -
nessuna meraviglia se Deneb,
lo stellato cigno,
venisse a inabissarsi qui.
È canto della Dea il silenzio,
canto dell'andare i nostri passi.
Ad ogni svolta irrompe il mare
ad ogni svolta s'immilla Ortigia:
i pescatori di visioni accendono lampare
sotto le mura di Castello Maniace.
Un'annunciazione il tratto pittorico
dell'Antonello che, immagino, ogni notte
si ripete in stanze fruscianti come fonti
battesimali – lungo i millenni.
Riempiamo i polmoni di luce stellare
noi pescatori di spugne
discendiamo
fino al nascosto del desiderio,
del sogno.
E forse una clarissa, dietro le inferriate
della Badia, innamorata di Altair,
benedice i nostri passi,
notturni pellegrini intuendoci
in Ortigia.
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