e nessun tappeto rosso sopra o sotto il marciapiede
(Ho cercato ovunque una ragione per dire
- finiamola una buona volta con questo cuore -
perché ho dentro tutte le pietre e tutti i fiori, le colpe e tutti i canti.
Ma a che servono adesso che non ho un “dentro”
da svuotare o riempire?)
Racconta molto la Stazione di Lagonegro, confine di due menti
cambio di pensiero tra il sonnecchiante sei del mattino e
schifoso odore di caffè
ma non c’entrano i gerani, il macchinista, il freddo…
(Ti rubo un tempo nel tempo,
porto via qualche attimo per scansare la tristezza. Nulla più.)
Tutto quel grigiocadmio del cielo grava sui tetti come se volesse,
come se potesse violentare il mondo
o sono gli occhi lasciati sui divani volanti che vedono la parte bassa
dell’arcobaleno?
Non ci sono richiami nelle scritte sui muri o negli alberi dei “ti amo”
nati morti per arricchimento e constatazione
(Dimenticanza. Oh nume! lasciami pensare che sono ancora vivo
nel mio bell’inferno, seppur senza cavallo e dama nella torre.
Che sia una parola, menzogna o no, a darmi la speranza.)
La stazione di Lagonegro ha un ombrello e tre occhi
e mi spia.
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