Sognai un insieme di sogni, sognai.
Un camminar erratico, sognai.
Terre lontane, vicine,
eppur mai pensato avrei
varcar di montagne
e lavar piedi come a benedire.
Non avrei pensato mai,
pianger mai
alla fine dello stesso identico sogno
lo stesso sogno, ripetita...
La strada che scese a un fitto di bosco
Estenuante e poi, la paura,
e il bambino lì a giocare, alla cinta la sua lama
ed io ero il bambino e del tronco le radici
che impercettibilmente mosse
sentii nascosta, la mia parte vigilare, attenta.
Ma questo già dissi che non mi ripeta.
Pantaloni i miei, bianchi,
camicia la mia, camicia e rossa,
ed il cuore nella mano
e la cartella mia di cuoio appesa all’altra…
mano.
Sognai un insieme di sogni, sognai
che di dieci uno non ce n’era intero.
Solo percorsi, confusi avvenimenti e sovrani
ma i campioni degli scacchi eran due
lo ricordo a quel tempo
e il cane era pastore,
e la bimba era dai monti
e il quartiere era cemento
quarantaquattro i gatti
ed un bar sopra la piazza
e l’immondizia al muro.
Poi uscirono i grandi dai libri
uscirono i grandi e io l’imparai
laddove riuscii
e la strada in discesa divenne salita
e la buonuscita fu salvacondotto
alla vita.
Le porte alla notte, dei baci gl’amanti,
le belle canzoni, le musiche celte,
i fazzoletti al collo, le bandiere al vento,
l’urlo e il pittore, il bambino che nasce e quindi,
l’adulto che muore.
Poi la guerra, il sussulto, la maledizione,
la morte ribatte alla vita e ancora sognai...
Sognai un insieme di sogni, sognai
un camminare austero verso terre lontane.
Che all’inizio mai pensato avrei
scavare e lavarmi di mani al suo fiume
e pensato non avrei, di pianger infinito e assorto
comunque, che fosse andata la strada
alla fine del sogno, l’identico sogno vissuto…
come trasformato in vita vissuta
l'avrei...
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