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Una storyboard d'artista

opera di Francesco Pagni
Che cos'è una storyboard non cinematografica o fumettistica?
C'è una storia in questi cliché da stampa?
E c'è un fil rouge tra le lastre e le immagini elaborate con lo scanner?
L' artista Francesco Pagni non getta definizioni sulla sua ricerca ma elabora il suo canovaccio artistico su i cliché ritrovati. Questi lavori nascono da un percorso che l'autore fa gettando un ponte tra il passato e il presente, nella loro odierna rielaborazione tecnologica.
Il contributo artistico è sì determinato dal recupero di immagini che provengono dai lontani anni cinquanta-sessanta ma questo salvataggio storico viene enfatizzato dagli interventi che l'artista opera con il colore, le carte - bruciate, strappate, incollate - e i segni di una grafica accennata, quasi sussurrata.
Le stratificazioni materiche sono immerse in una estetica di catalogazione che ha un sapore cinematografico. E questa estetica si evince dalle immagini e dalle aree ripartite come schede d'archivio, dove la numerazione e le note didascaliche, i frammenti di dattiloscritti e le etichette inducono ad un incipit di una storia.
E in questa storia il colore entra in punta di piedi e sale in un crescendo musicale. Rompe lo spazio. Copre immagini volutamente celate, o svelate, si coagula su frammenti di giornale, righe che contengono notizie di cronaca. C'è un equilibrio di un percorso storico su queste immagini da stampa. Provini, strisce analoghe a quelle dei fumetti; dentro questi spazi rigorosamente ripartiti le storie si animano, confondendosi con l'osservatore. Qui la libertà dell'artista sfocia in tutta la sua poetica intervenendo con strappi, graffi, annotazioni numeriche e macchie di colore.
Sequenze numeriche che risalgono la vena del tempo. Allora, dall'elaborazione del cliché di zinco nasce l'immagine intenzionalmente sfocata, che si determina in una sequenza di ingrandimenti sempre più accentuati, dove il particolare ultimo è il primo piano del soggetto che viene elaborato in immagine principale.
C'è lo scatto colto dal fotografo, dove Simone Signoret e Yves Montand passeggiano in una tranquilla strada francese e noi cogliamo i loro gesti, ci sembra quasi di sentire le loro parole. Ritagli di giornale che escono dalla notizia per ricomporsi in una creazione artistica che stigmatizza il tempo. I personaggi configurano nuove storie, in un percorso immaginario che è quello dettato dall'osservatore.
Il tempo cessa così la sua funzione. Su una fusione di materiali cartacei diversi, la bolla esistenziale dei soggetti - le loro vite - vira sul registro artistico. Brogliaccio o striscia o provino di catalogo, le creazioni seguono la radiografia dell'istante congelato. C'è una poetica dell'immagine che supera l'opera d'arte, che si libera dalla mera rappresentazione e assume una dimensione propria.
Microstorie, consegnate a frammenti di carta, dattiloscritti, dove l'incipit è dato dall'artista ma la storia si stacca e continua a muoversi dentro di noi.
 

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