Scritto da © Rinaldo Ambrosia - Dom, 19/06/2016 - 23:00
E sotto la neve sbucherò come fiore a maggio. Vorrei correre su sentieri luminosi, perché la luce modula e accompagna il sorriso. A volte il pensiero frena e si fa zavorra e allora occorre correre a piedi nudi su prati fioriti.
Oggi è un giorno come un altro, non c'è un perché in questo scorrere del tempo, se non la vita. Smagliature del giorno, ed ecco che il pensiero si fa scheggia, spina. Punge, sollecita. Eppure è la sola libertà priva di gabbie. Non c'è costrizione nel pensiero personale, e non c'è cammino se non nella storia individuale e famigliare.
Compirò gli anni in un giardino d'inverno, quando i fiori declineranno la luce, e il bianco del tappeto nevoso coprirà con la sua coltre il pensiero.
Scivola lenta la musica dei giorni trascorsi. Sono pause in questa corsa priva di meta. E' nel labirinto delle immagini che la notte si ferma. Si pone in ascolto. Voglio sentire una melodia amica che sollevi la gravità del mio corpo, della mia anima.
Se distendo il nastro delle mie emozioni, carta copiativa di attimi intensi, mi accorgo che sono pallide figure quelle tratteggiate, solfeggi impolverati di istanti sublimi.
Eppure corro lungo i canali imbolsiti degli anni. Corro su una traiettoria creata un secolo fa. E la corsa si fa sempre più vana, diafana e inconsistente. Sono i segmenti del pensiero che come Shangai si disperdono sul tavolo della vita. Pezzi di puzzle orfani del loro disegno. Dipingo ancora istanti colorati da brevi frammenti del giorno.
Pallide icone del tempo. Samurai di una corte in stato di pace perenne. E allora, non potendo arrampicare su pareti di roccia, corro sulle parole, solfeggio versi inutili da accartocciare al primo incrocio. Se la vita è tedio, la fuga da essa si esplicita attraverso il pensiero e la parola.
Fiorirà ancora l'Aspidistra?
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