Come stai?
Come state?
Di Noi si perse il giorno,
malinconie di un cielo ché inespresso.
Avremmo forse, consentendo il
tempo...
potuto esser sorelle...
fors'anche cugine.
Vi vidi alla ringhiera
della veranda antica
dai sette... ai nove anni...
La terra sapeva di bosso
e di ferraglia rugginosa.
Fu proprio quell'odore, a rivelarmi
il pianto. Guardavo i vostri volti...
E ne provai dolore,
i vostri sguardi, il mio...
restavano perduti, senza incontrarsi:
“Noi non vogliamo dirti,
che Tu, ci rassomigli...
Perché sei una introversa; così, si dice.”
Vi scrutai ancora...
Sì tanto smarrimento
senza nessun fastidio, mi sconvolse.
Eravate quiete, composte...
Le ciglia appena mosse, al tremito del vento.
Eppure, nei mesti occhi, c'era lo stesso
pianto
e quella pioggia che da me scaturiva
a catinelle...
Vi vidi, nel proseguo, su due fronti: il timido
Universo
e il muto albergo.
Dalle nostre radici
esala il sangue che amate...
senza parole
perché
parlar dei morti “ottenebra la mente”.
Ed io, che parlo loro,
disturbo, inutilmente.
Cugine,
non sapeste
che Noi ci somigliammo
nel timbro della voce... eccetto, quel
concetto che si oppone,
all'idea spazio-temporale.
Ognuno ha il proprio tempo,
ma lo spazio, è la divina Essenza della Croce.
Cugine,
voglio dirvi che se parlo coi morti,
non fu per caso.
Il fato mi travolse
ma non sono cambiata,
fui oggi,
come sempre,
la fragile fanciulla
e la solerte
rude donna del Mare.
Coi Nostri morti,
converso ogni giorno.
E sono con il nonno
che vi dice: “Ci rivedremo presto
nella Città dei fiori.”
- Blog di Giuseppina Iannello
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