Oggi è giorno di mercato, giù in piazza ci saranno tante bancarelle. Così esordiva mia sorella tutti i lunedì. Mia madre si stringeva nelle spalle come se la faccenda non la riguardasse.
Sinceramente l’unica cosa importante, almeno per me, era il colore variegato delle bancarelle, un colore che spezzava la monotonia di un quotidiano sempre uguale. Così di lunedì, quando non c’era scuola s’intende, raggiungevamo la piazza a passo svelto, quasi correndo. Laura riusciva a sorprendermi sempre quando girava tra le mani le stoffe. Mostrava un distacco particolare nel girare il cartellino del prezzo, e quello che a tutti poteva apparire una sorta di disinteresse per l’oggetto per me aveva un unico significato: è troppo bello, peccato non avere un centesimo in tasca. Il bisogno di distrazione che sentivamo si trasformava in frustrazione. A me però non interessavano gli oggetti, mi piaceva ascoltare le urla astruse degli ambulanti, gli odori che gli oggetti di poco conto potevano assumere. Mi distraevo guardando e immaginando. Erano tante le storie che si sviluppavano nella mia testa e non mancava di certo lo spazio per l’immaginazione. Qualche volta sono proprio le persone che amiamo che ci portano via gli spazi che di diritto appartengono alle storie. . La realtà di quegli anni era basata sugli acquisti e iniziava a svilupparsi nelle persone l’idea assurda di voler apparire diversi da ciò che si era. Ma cos’eravamo lo sapevamo benissimo nel momento in cui l’uomo coi denti cariati ci urlava : mille lire, solo mille lire signorine. E noi scappavamo via piano , lentamente, a piccoli passi e in silenzio. A casa portavamo gli odori di tutte quelle cose. Cose di poco valore, cose che puzzavano di muffa e di magazzini umidi. Cose troppo costose.
- Blog di raffaela ruju
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