Scritto da © Livia - Lun, 02/01/2017 - 13:45
L’utopia della bellezza è il trovarmi per caso dentro la tua anima gentile.
E’ accaduto un milione di anni fa, mentre studiavo il cielo e i misteri di un dio troppo distratto per darsi pena di tutto il dolore che ha creato in una sola settimana. In così poco tempo le cose non possono riuscire bene. Si rese conto dello scompiglio, del casino globale, del fatto che nessuno riuscirà a passare indenne, immacolato dalla vita alla morte ? non so cosa volesse sperimentare prima di dimenticarsi completamente di questo sfacelo.
Eppure anche tu vieni dal caos.
E non so nemmeno chi sei, che viso hai, se senti come me quel richiamo che viene da lontano, quasi impercettibile al timpano dell’ultima vibrazione d’aria, romanticamente si potrebbe dire un alito di cembalo sperso per l’universo. Non è sbagliato avere uno sguardo romantico in tutto questo caos, ma non desidero sapere, conoscere, toccare i tuoi lineamenti, il tuo viso, la tua pelle. E’ una forma d’amore che supera il concetto fisico di carne e si perde ben oltre, in quei luoghi dove lo spirito può tutto e non rovina nulla, non rovina i sentimenti. Tanto non mi capirai, e come te tutto il resto degli altri, ma ci ho fatto l’abitudine, così me ne sto fuori spesso, a guardarvi come guarda colui che si sente troppo inadatto o scartato dalle logiche comuni.
Svolti la strada sfiorando questi tetti d’inverno, il bavero rialzato su quegli occhi che sfiorano un cielo radente e qualche stella sbriciolata dentro le pupille. E fra le dita. Perchè è dagli occhi che ti viene la luce e la spargi intorno, ti basta poco. Però hai gli occhi tristi. Sì, hai quegli occhi, vagano immensi dentro i pensieri del mondo. Li cercano e a volte non li trovano. Sono vele o strade che girano intorno alle buffe geografie umane, navigano parole, idee, percezioni, poesie, amori. Non so come mi hai trovato o come non mi hai trovato, non importa. Purché tu sia qui.
E’ accaduto un milione di anni fa, mentre studiavo il cielo e i misteri di un dio troppo distratto per darsi pena di tutto il dolore che ha creato in una sola settimana. In così poco tempo le cose non possono riuscire bene. Si rese conto dello scompiglio, del casino globale, del fatto che nessuno riuscirà a passare indenne, immacolato dalla vita alla morte ? non so cosa volesse sperimentare prima di dimenticarsi completamente di questo sfacelo.
Eppure anche tu vieni dal caos.
E non so nemmeno chi sei, che viso hai, se senti come me quel richiamo che viene da lontano, quasi impercettibile al timpano dell’ultima vibrazione d’aria, romanticamente si potrebbe dire un alito di cembalo sperso per l’universo. Non è sbagliato avere uno sguardo romantico in tutto questo caos, ma non desidero sapere, conoscere, toccare i tuoi lineamenti, il tuo viso, la tua pelle. E’ una forma d’amore che supera il concetto fisico di carne e si perde ben oltre, in quei luoghi dove lo spirito può tutto e non rovina nulla, non rovina i sentimenti. Tanto non mi capirai, e come te tutto il resto degli altri, ma ci ho fatto l’abitudine, così me ne sto fuori spesso, a guardarvi come guarda colui che si sente troppo inadatto o scartato dalle logiche comuni.
Svolti la strada sfiorando questi tetti d’inverno, il bavero rialzato su quegli occhi che sfiorano un cielo radente e qualche stella sbriciolata dentro le pupille. E fra le dita. Perchè è dagli occhi che ti viene la luce e la spargi intorno, ti basta poco. Però hai gli occhi tristi. Sì, hai quegli occhi, vagano immensi dentro i pensieri del mondo. Li cercano e a volte non li trovano. Sono vele o strade che girano intorno alle buffe geografie umane, navigano parole, idee, percezioni, poesie, amori. Non so come mi hai trovato o come non mi hai trovato, non importa. Purché tu sia qui.
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