sono quel poeta, del quale non ci sono documenti, pur essendo vissuto sulla Terra in un tempo recente. Poiché non si conosce il mio pensiero, né tante cose del tempo in cui vissi, ma solamente alcune raccolte, raggruppate nel titolo in mio onore: “Pianto di Stelle”, ho ritenuto duopo presentarmi, poiché è già l'ora che volge al tramonto.
Io fui Giovanni, figlio quartogenito, di Ruggero Pascoli e Caterina Vincenzi.
Per le leggi del cuore, a onor del vero, mia madre ebbe un altro nome che fu occultato dalla "adozione".
La famiglia adottiva di mia madre, apparteneva a due illustri casati: Vincenzi ed Allocatelli; quest'ultimo, essendo altolocato, si avvalse del diritto di precedenza. Le origini paterne, almeno quelle, non sono ignote... Mentre di mia madre, non si sa niente; gli storiografi si sono attenuti alle conoscenze generiche, non avendo a disposizione dati certi, mentre i miei discendenti non hanno sentito la necessità di chiarire la sua posizione. Ma ora, per offrire a chi ha taciuto, una opportunità di far la pace, il poeta vuol dire alcune cose, a cominciar da Lei, che si è annullata per dare ai propri figli ciò che Le fu tolto. Ella ci disse, prima di morire: “Non rilevate che fui poverina, perché voglio che abbiate dalla vita, ciò che vi spetta di diritto.”
Mia madre, prima di essere adottata, fu, solo nella finzione battezzata col nome di Caterina, in omaggio ad un'ava; il suo nome è invece Helenia Maria, figlia di Eliana Giseldi, di origini toscani e di Giovanni Pergolesi, veneziano.
Come nelle intenzioni del Principe, ma senza che mio padre fosse preparato all'incontro, i miei genitori si conobbero nel mese di settembre del 1839, in occasione della raccolta delle olive, nella proprietà data in appalto dai Principi agli Allocatelli. Il rapporto tra i Principi La Torre e la famiglia dei Conti Allocatelli, era curato, da interessi economici e contemplava la divisione del ricavato in parti uguali.
Il Principe Alessandro, nel giorno fissato, si recava sul luogo con mio padre che in qualità di amministratore, aveva l'onere di valutare in termini di rendimento il ricavato.
Tra il mio genitore e il Principe, vi era un'ottima intesa, fondata prima che su interessi economici, sulla constatazione di una fiducia reciproca, scaturita da reciproca lealtà.
Qualche tempo prima, l'incontro con Eliana, il Principe aveva detto a Ruggero: “Ti farò conoscere una signorina che Ti conquisterà, per la beltà del sembiante e del suo cuore.”
Dopo il raccolto, era in uso che la famiglia locataria, invitasse ad un rinfresco i dipendenti.
Dopodiché, si aprivano le danze.
In quel settembre del 1839, il rinfresco e, quindi anche le danze, erano state organizzate nella proprietà antistante la casa degli Allocatelli. Mio padre, vide all'improvviso all'uscio della propria casa, una giovane molto bella e dal portamento elegante. Si avvicinò, seguendo il proprio istinto, e le disse: “Signorina, permette questo ballo?” Mia madre gli rispose: “Volentieri, se voi prima me lo insegnate”
E mio padre, prendendo la sua mano, i passi le insegnava, ad uno, ad uno, posando sul suo cuore la sua fragile mano. Poi, le disse: “La prego, signorina, vorrei danzar con lei tutta la sera.”
Alla fine, della festicciola, il Principe chiamava Ruggero, e gli diceva: ”Allora, ho fatto bene a presentati Ilenia, la pupilla della signora Olimpia?” Ruggero rispondeva: “Principe, avete fatto bene. E voglia Iddio, che io possa portare all'altare Ilenia Caterina.”
Il Principe: “Ti auguro che il tuo sogno possa realizzarsi al più presto. Mi hai detto già che preferisci il secondo nome al primo, ma invece di Elenia, preferisci chiamarla come me, Ilenia, perché mi dici che la I, ha un suono più dolce, rispetto alla E. Ebbene, ti suggerisco di chiamarla nell'intimità, come a te piace; ma, sii prudente nella casa degli Allocatelli Vincenzi; chiamala soltanto Caterina... Per non urtare la suscettibilità dei formali genitori.”
I miei lettori, devono sapere che Caterina, in vero, non è mai stata adottata e conservò un nome che lei non conosceva: Ilenia Giseldi.
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