Scritto da © matris - Lun, 20/06/2011 - 04:03
Un giorno l’uomo decise che non poteva più ottenere vantaggio da una competizione d’intenti e lasciò i suoi passi rincorrendo il falso dell’organizzazione sociale.
Oltre alla gioia dismessa per il duro lavoro inventò un controllo spietato e ottimizzante per scardinare ciò che negli uomini è più vitale, la libertà.
Questo potere autoconferitosi si chiamava denaro, e per il denaro si uccidevano le speranze le gioie, le scelte e molto di più. La sopraffazione dell’uno sull’altro era regolata dal conto in banca o dal possesso di cose che mai prima erano state designate come così importanti da essere liberatorie e vessatorie al tempo stesso. Così un giorno i rapporti tra gli uomini si indurirono e partivano sempre dal presupposto che i soldi dovessero essere la lente d’ingrandimento per valutare la persona con cui ci si avvicinava a parlare. Il danno insito in questo pensiero distorto e irreale fu incalcolabile e pieno di una stupidità unica, le persone non erano più tali ma degli oggetti inanimati lasciati al caso e alla mercè dei mercanti. Se uno aveva lavorato e prodotto tanto era un buon soggetto e la sua progenia poteva assicurarsi un futuro, in caso contrario diveniva un uomo lontano dall’ottica degli altri, solo perché assumeva le sembianze primarie, quelle più vere e solide, e questi, diveniva oggetto di scherno e di disprezzo da parte degli altri uomini, uguali a Lui , ma che si credevano migliori per effetto del loro gruzzolo in denaro o delle loro proprietà.
Quanto più questi uomini si dimostravano avere quegli strani oggetti che chiamavano soldi, o avere racimolato beni e materiale di scambio, tanto più erano autorizzati a sostituirsi a dio in terra e a poter dialogare con lui, nella credenza di esserne più vicini e solidali. Il dio in questione pensava a tutto, ad accudirli nel momento del bisogno e della sconfitta, a incoraggiarli quando gli anni venivano a minare la loro integrità, a vederli crescere a battezzarli con dell’acqua che chiamavano santa ma che in realtà era inquinata, a pregare per loro e assolverli quando compievano un misfatto in specie contro qualcuno meno “ricco” di loro.
Era un dio ben strano ma sempre il loro dio, a questo dio faceva piacere abitare nella casa più grande e più alta del villaggio perché era un dio molto grande e abbisognava di molto spazio.
Questo dio agitava gli animi dei suoi simildei in terra e talvolta gli esortava ad andare a massacrare con bombe e aerei i poveri che abitavano a mille miglia dalla sua casa, perchè dall’alto della sua sapienza riteneva giusto liberarsi di uomini che avrebbero costretto i suoi alleati a divenire buoni o ad assistere per forza questi altri, ma in troppi simildei che avevano parlato con lui erano d’accordo sull’eseguire questi stermini in nome della pace.
La pace si ottiene, per questi uomini con la guerra, è fondamentale attuarla e liberarsi il più possibile dei poveri che minano la loro pace, una volta uccisi tutti o quasi si può tornare a dormire sonni tranquilli e a far l’amore con le donne che sopravvivono allo sterminio, e dio può essere placato della sete di sangue che li ha portati a uccidere così fieramente chi non aveva i soldi per fuggire. Le donne e gli uomini che non partecipavano più alla guerra, non sarebbero salvati a loro volta, perché la loro fine sarebbe avvenuta attraverso gli stessi semidei che inventavano ogni giorno nuove trappole per ucciderli, per esempio il mangiare insano, le medicine insane, il lavoro insano, i mezzi di locomozione insani, gli incidenti nucleari insani, le case insane, le città insane, le armi insane, i veleni insani, l’inquinamento dell’acqua insano, e non per ultimo la pazzia insana.
Tutto questo i simildei lo chiamavano il progresso, e per il progresso si potevano attuare qualsiasi forma di trappola al fine di ammazzare con calma e spesso incruentamente senza che nessuno ne fosse consapevole, chiunque nel gruppo sociale. Tutti gli altri ripeto, era preferibile ammazzarli con le bombe.
Oltre alla gioia dismessa per il duro lavoro inventò un controllo spietato e ottimizzante per scardinare ciò che negli uomini è più vitale, la libertà.
Questo potere autoconferitosi si chiamava denaro, e per il denaro si uccidevano le speranze le gioie, le scelte e molto di più. La sopraffazione dell’uno sull’altro era regolata dal conto in banca o dal possesso di cose che mai prima erano state designate come così importanti da essere liberatorie e vessatorie al tempo stesso. Così un giorno i rapporti tra gli uomini si indurirono e partivano sempre dal presupposto che i soldi dovessero essere la lente d’ingrandimento per valutare la persona con cui ci si avvicinava a parlare. Il danno insito in questo pensiero distorto e irreale fu incalcolabile e pieno di una stupidità unica, le persone non erano più tali ma degli oggetti inanimati lasciati al caso e alla mercè dei mercanti. Se uno aveva lavorato e prodotto tanto era un buon soggetto e la sua progenia poteva assicurarsi un futuro, in caso contrario diveniva un uomo lontano dall’ottica degli altri, solo perché assumeva le sembianze primarie, quelle più vere e solide, e questi, diveniva oggetto di scherno e di disprezzo da parte degli altri uomini, uguali a Lui , ma che si credevano migliori per effetto del loro gruzzolo in denaro o delle loro proprietà.
Quanto più questi uomini si dimostravano avere quegli strani oggetti che chiamavano soldi, o avere racimolato beni e materiale di scambio, tanto più erano autorizzati a sostituirsi a dio in terra e a poter dialogare con lui, nella credenza di esserne più vicini e solidali. Il dio in questione pensava a tutto, ad accudirli nel momento del bisogno e della sconfitta, a incoraggiarli quando gli anni venivano a minare la loro integrità, a vederli crescere a battezzarli con dell’acqua che chiamavano santa ma che in realtà era inquinata, a pregare per loro e assolverli quando compievano un misfatto in specie contro qualcuno meno “ricco” di loro.
Era un dio ben strano ma sempre il loro dio, a questo dio faceva piacere abitare nella casa più grande e più alta del villaggio perché era un dio molto grande e abbisognava di molto spazio.
Questo dio agitava gli animi dei suoi simildei in terra e talvolta gli esortava ad andare a massacrare con bombe e aerei i poveri che abitavano a mille miglia dalla sua casa, perchè dall’alto della sua sapienza riteneva giusto liberarsi di uomini che avrebbero costretto i suoi alleati a divenire buoni o ad assistere per forza questi altri, ma in troppi simildei che avevano parlato con lui erano d’accordo sull’eseguire questi stermini in nome della pace.
La pace si ottiene, per questi uomini con la guerra, è fondamentale attuarla e liberarsi il più possibile dei poveri che minano la loro pace, una volta uccisi tutti o quasi si può tornare a dormire sonni tranquilli e a far l’amore con le donne che sopravvivono allo sterminio, e dio può essere placato della sete di sangue che li ha portati a uccidere così fieramente chi non aveva i soldi per fuggire. Le donne e gli uomini che non partecipavano più alla guerra, non sarebbero salvati a loro volta, perché la loro fine sarebbe avvenuta attraverso gli stessi semidei che inventavano ogni giorno nuove trappole per ucciderli, per esempio il mangiare insano, le medicine insane, il lavoro insano, i mezzi di locomozione insani, gli incidenti nucleari insani, le case insane, le città insane, le armi insane, i veleni insani, l’inquinamento dell’acqua insano, e non per ultimo la pazzia insana.
Tutto questo i simildei lo chiamavano il progresso, e per il progresso si potevano attuare qualsiasi forma di trappola al fine di ammazzare con calma e spesso incruentamente senza che nessuno ne fosse consapevole, chiunque nel gruppo sociale. Tutti gli altri ripeto, era preferibile ammazzarli con le bombe.
Bambini ricordatevi questa storia e pensateci bene prima di voler costruire la vostra futura società, accatastate tutti i soldi che trovate e fatene un bel falò, magari comincerà da qui la vera svolta per riottenere quello a cui gli uomini anelano ma non sanno mai come fare a trovare…
La Libertà.
La Libertà.
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