Scritto da © Giuseppina Iannello - Dom, 27/01/2019 - 16:05
Era il maggio rilucente
del mistero dell’amor,
sempre fermi, noi studenti,
solevamo villeggiar…
Ma per gli anni miei, gaudenti,
occorreva un sol caval.
“Va’ più in fretta, cavallino,
voglio andar sulla collina…
C’è una dolce signorina
che mi vuole salutar.”
Giunsi in tempo nel paesello,
ma il cavallo, si fermò.
Chiusi gli occhi, nel vederlo;
li riapersi; egli sparì.
Con solerzia, con affanno,
ti cercai, mio grande amor.
Giunto al varco del cancello,
ti rividi:
eri più bella,
ma più pallido il visin.
«C’è chi dice: non esiste;
c’è chi dice che son morta
oggi vivo; son risorta
e, soltanto, per amor.»
Sorrideste
sorridemmo
Il mio cuore sobbalzò.
Ritornavi, come in sogno,
la fatina dei miei dì,
con i tuoi capelli biondi
e quei riccioli sul mar.
Quante volte…
Nel vedervi
volli dirvi del mio amor;
ma tu, stavi alla finestra,
incurante del mio cuor.
Per quell’aria da monella,
non compresi d’esser morto:
bussai sempre alla tua porta
in attesa del tuo amor.
“S'il vous plaît, dolce fanciulla,
sono un povero studente;
donnez à moi una tazza d’acqua…
sono fermo da due giorni
ché il cavallo, si fermò.
Da un’oretta, non lo sento
così sveglio, come un dì;
ha uno zoccolo al calcagno
sembra avere male al pie’.
Non occorse aver danzato;
ci vedemmo in gioventù…
Ci vedemmo in altra data…
Ma non voglio più pensar.
Era il tempo delle fate,
dei bei giuochi in società;
io ti vidi a quel fienile
con il vezzo dell’età.”
(1) Versi ispirati a me da Pasquale Iannello, mio avo.
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