Scritto da © Giuseppina Iannello - Sab, 16/01/2016 - 16:57
In silenzio, piangendo,
t'ho evocata:
e mi sei apparsa,
come in un miraggio,
col cielo azzurro
e il piccolo villaggio
della mia infanzia;
e mi sei apparsa ancora,
con il tuo lido:
era sereno il mare;
spiegate eran le vele
che andavano leggere,
incontro al sole.
E ti rividi ancora
nei tuoi prati,
tappezzati di viole
e nei giardini,
ove ristora il cuore
l'essenza dell'arancio.
“O Terra, o Patria mia”,
stavo per dirti,
ma mi fermasti tu:
quasi turbata:
“Non mi hai amata, abbastanza:
tu sei fuggita, tu sei andata via,
molto lontano, eppure...
Ti perdono.”
“Si, è vero,” replicai, “molto lontano...
Ma non volevo:
il tempo mi travolse:
mi portò nel suo antro,
dove i giorni
passan veloci,
inesorabilmente.
Il tempo mi travolse,
il fato mi ferì;
mi chiusi dentro un guscio...
Le poche volte che
son ritornata,
per pochi giorni,
onde vederti, terra,
nessuno, sai,
mi ha riconosciuta:
ho sofferto il silenzio
dell'ignota.
Ma quel che importa,
è ritornar fanciulla,
almeno per un poco...
Abbandonarsi alla fragranza cara
delle tue note...
Ma quel che importa,
dolce terra mia,
è che tu, ora,
mi abbia perdonato.”
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