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Parla Francesco Ferrucci

 “Tu salivi sul pulpito e poi mi condannavi. Ti davo la mia umanità; tu l'hai respinta.

L'umanità che mi hai tolto, non riemergerà per venirti incontro.

Quoque Tu vili, home mortui.

O vile, cosa pretendi dalla morte?”

 

Io fui Francesco Ferrucci. Le mie imprese risalgono al tempo dei Vespri Siciliani.

La donna estromessa dalla Chiesa, non veniva scacciata per gli abiti giudicati non decorosi.

La realtà era stata un'altra: Ella si era recata alla magistratura per denunciare gli episodi di violenza che giornalmente avvenivano nei confronti delle donne, da parte dei diplomatici del nuovo sistema governativo.

Io difesi quella donna che veniva accerchiata, dietro un tuo ordine. Ti puntai la spada... Ma non volevo ucciderti, né ferirti. Ma tu, mi rispondevi: “E, adesso, cosa aspetti?” Ti offrivo la mia spada in segno di pace, per dirti l'importanza del rispetto reciproco. Ma, Tu mi schiaffeggiavi; poi sguainando la spada, mi ferivi a morte, gridando: “Guai ai vinti!” Quello spergiuro mi risuona ancora. Fu allora, che raccolsi le estreme mie forze, per dirti la mia indignazione: “O vile, Tu uccidi un uomo morto.”

 

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