Scritto da © Giuseppina Iannello - Sab, 24/03/2018 - 17:37
“Vieni, Eliana,(1)
siedi
presso il mio capezzale,
il tuo parere dimmi:
sarà più chiaro domani?
Il tempo... intendo;
egli è cattivo, infiera;
egli impaurisce...
e sembra... quasi sera.
Quante candele occorrono
perché si accenda il sole?
Sorreggimi... perdona,
se codesto grigiore,
l'anima non sopporta.
Son nata nelle lande
tra le nevi
che sembrano perenni;
forse un giorno appartenni
io, pure alla tua patria.
Ascolta, Eliana
parlami, parlami
dell'Italia.”
“L'Italia... sì,
ti parlerò del sole
dei mesi e le stagioni
laggiù,
lontano...
Di questi tempi
stan nascendo le viole
nei verdi campi,
pressi i rii canori,
tra smeraldi di muschio.
E poi c'è aprile:
'ogni goccia un barile',
ma non c'è oscurità
sorridono le piante
colme di brillantini.
Nel maggio poi,
tutta è un gioir di fiori
la stupenda campagna
e s'aprono le rose
d'ogni colore,
emanano profumi.
Nei giardini ingemmati,
presso le soglie delle case,
siedono le ragazze,
fanciulle innamorate
e intessono di sogni
candide trine;
Zeffiro scherza
con le loro chiome.
E poi c'è giugno,
fautore di calore
e di luce brillante,
giugno che le spighe matura
e poi le indora.
Nei lunghi pomeriggi,
egli s'addorme
come un placido bimbo.
D'erba odorosa è fatto
il suo giaciglio.”
La voce di Eliana va leggera;
l'ascolta Zelinda, rapita
il suo volto è pallido:
è giorno, sera o mattina?
Si chiudono i begli occhi
di un delicato azzurro
Zelinda dormi?
(1)La governante della casa.
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