Scritto da © Giuseppina Iannello - Sab, 28/05/2016 - 17:04
Quando io ti raccontavo
le mie piccole “pene”,
Tu mi aprivi
il tuo cuore.
Tu avevi in fondo al cuore,
una ferita
che si acuiva quando ne parlavi.
E sempre risalivi a
un vecchio esame
Che ebbe condizionato
la tua vita.
Rivedevi la cattedra,
un cerchio di persone…
e, infine, la più arcigna
degli insegnanti, la quale
ti fece una domanda:
tu rispondesti in modo esatto.
Ma quella ti disse: «è sbagliato!»
E ti diede un quattro.
Gli altri, fecero un «oooh!»
Di meraviglia.
Poi aggiunse la cattiva:
«questi stranieri, vogliono togliere
il posto agli italiani, ma so io come
sistemarli!»
Con l’animo in tumulto,
tu, accorresti dal preside
e gli raccontasti l’accaduto,
chiedendo giustizia.
Questi per dimostrare
che nulla aveva contro gli stranieri,
ti diede un’ingenua speranza.
«Vediamo, signorina, se il voto
è scritto a penna oppur con la matita,
ché se è con la matita si può rimediare».
Dunque, andaste a vedere:
spiccava in nero inchiostro
quel voto sul registro ben pressato.
Da allora…
tu imparasti molte cose:
che i cattivi pressano con la penna
sulla carta, quasi a forarla.
Ma, Tu, figlia della Germania,
che avevi sposato un Italiano
e amavi dell’Italia la poesia,
tu eri anche italiana, zia Maria.
Ed imparasti ancora che i cattivi,
così come i buoni, sono in ogni parte del Mondo.
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