Scritto da © Giuseppina Iannello - Mer, 26/06/2019 - 11:20
Cordova, primi anni del ‘900; una giovane donna, Dafne anelante alla maternità, benché non sposata, viene attratta dall’immagine di Sant’Antonio con in braccio il Bambinello.
Ella prega il Santo perché il suo sogno venga esaudito. Un bel giorno, Dafne, ha una visione: le appare, in pieno inverno, un bimbo infreddolito. La giovane lo abbraccia e gli dà la sua mantiglia. Il bimbo è riconoscente e la bacia. Poi, le dice: “Aspettami, devo andare al convento, ma ritornerò.” Nel dire le testuali parole, il bimbetto sembra svanire.
Le persone, cui Dafne cerca di raccontare la propria esperienza, ritengono la giovane malata di mente. Dafne rimane fiduciosa alle parole del bimbo.
Sant’Antonio,
una fanciulla, ti rivide
al suo portone.
Tu portavi stretto al cuore
un bambino da cullare.
Sant’Antonio,
alla chiesetta,
io sostai per più di un’ora
sol per dirti
le parole: “Dolce Santo,
pensa a me.”
Non trascorsero
sei giorni
che un bambino mi incontrò;
freddo e lacero,
al mio cuore,
come rondine posò.
E mi disse: “Ho tanto freddo,
una casa non ce l’ho.”
Mi toglievo la mantiglia
e lo strinsi
ancora a me.
“Vieni a casa?”
gli domando.
Con un cenno dice no:
“Devo andare a quel convento,
però
sai,
ritornerò.”
Dafne si confida al genitore:
“Dolce babbo, quel bimbetto,
l'ho cercato in ogni luogo.
Non esiste, mi hanno detto;
tienti forte, sei malata.”
La risposta del babbo:
“Io ti credo mia figliola.
Anche mamma crede in te.
Non sei certo visionaria,
ma lascia il volgo...
il volgo che non crede.
E poi, ricorda:
per noi esuli figliola,
una piazza non ci fu,
perché cerchi in altre vite,
ciò che accade solo a te?
Vedi il cielo?
È molto bianco.
Se tu piangi, pioverà.”
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