Scritto da © Giuseppina Iannello - Gio, 04/09/2014 - 16:19
(dalla biografia di nonno Letterio; ambiente storico 1600)
Mia dolce Pina,
i particolari che ritrovo, sono tutti dovuti a transfert emozionali, ma, ufficialmente, ti conobbi quando Tu, signorina diciannovenne, venivi accompagnata aai tuoi cugini, all'Arcivescovato di Messina.
Io stavo per uscire, quando incontrai i tuoi occhi. Un cielo di bambagia mi sorrise e sentii una fragranza di viole. Allora, mi rivolsi ai tuoi cugini: “Signori, posso esservi d'aiuto? Vedo che avete dei bagagli...” “Grazie”, rispose tuo cugino “gradiamo il vostro aiuto... È per la cuginetta...” Fu così che ci presentammo: “Giulia, Casimiro, Giuseppina.” Ma io, il tuo nome, Pinuccia, lo sentivo e lo conoscevo già da anni.
“Signore” disse Giulia, “non sappiamo proprio a chi domandare; abbiamo ricevuto una lettera del Priore in cui ci esorta a far venire la ragazza, possibilmente con i bagagli per stabilire il nuovo domicilio perché Don Fernantez, il genitore, nel suo atto testamentario, l'ha nominata erede di un piccolo appartamento, da abitare ufficialmente al compimento dei diciannove anni.”
E guardai i tuoi occhi: erano più belli, ora che anch'io sapevo del tuo mistero. “Ma qui, non c'è nessuno”, dicevi impensierita.
“State tranquilla, Don Athos, verrà certamente, alla fine delle confessioni.” Seguì una lunga pausa. Ma io con quella signorina desideravo con tutto il cuore intrattenermi, perciò, appigliandomi alla scala, dissi rivolto a tutti e tre: “Abbiate cura dei vostri vestimenti, perché da poco hanno dato la vernice alla ringhiera.” “Signore”, mi dicevi con slancio, “datemi la mano, se no, non salgo; non ho mai salito una scalinata, senza tenermi fortemente alla ringhiera.”
“Volentieri”, rispondevo; “i vostri cugini potranno aspettare al primo piano, dove c'è anche la sala d'attesa.” “Noi siamo stanchi” dissero i cugini, “ma ci fareste una grande cortesia se accompagnaste Pina, anche dal Priore.” Mi porgevi la mano fiduciosa, ma dovetti darle una stretta insolita perché l'anellino scivolò dall'anulare, fece una corsetta e poi ritornò al punto di partenza. Io lo raccolsi e, molto emozionato, vi dissi: “Volete la mia mano?”
Annuisti, sorridendo. Io, emozionatissimo, lo posavo sul tuo ditino.
Ci prendemmo per mano e, percorremmo i numerosi gradini pianeggianti. Al primo piano c'era la sala dei bibliofili. “Vi serve un documento?” Dissi loro scherzando: “Per far salire alla porta, la più bella?”
Alcuni bibliofili si fecero avanti, ed io ti presentai come la nipote del Priore.
Giungemmo, finalmente, alla porta del Reverendo Leoponzio. Questi ci accolse con un caloroso “Avanti!” E, nel vederci, ci abbracciò entrambi. “Figlia, tu non sai quanto tuo padre, il reverendo Don Fernantes mi fosse caro. Egli voleva molto bene alla sua Eleuteria, ma il destino decise altrimenti.”
Coglievo le tue lacrime, nel sentire parlare dei tuoi genitori, ma prendere il fazzoletto, mi sembrò prematuro.
“Adesso, signorina, vorrei parlare coi tuoi familiari; li raggiungerò di persona e dirò loro di sostare nella stanza degli ospiti, al primo piano. Quanto a te, signorina, tu abiterai al 2° piano. Non avere paura di rimanere sola; ci sono due anziane nutrici, Donna Flavia e Donna Mariselda; di' loro che non intendi mandarle via e che speri tanto nella loro amicizia.”
Tu, mi guardavi, amore, come per dire: che cosa devo dire?
Ti feci segno di chinare il capo. Tu chinavi il capo, spontaneamente, baciavi l'anello del reverendo.
“Ora, va' in terrazzo” ti disse il reverendo; “fa' conoscenza con i tuoi cugini.”
Ma sono tutti maschietti, avresti voluto dire. Non ci fu bisogno di andare in terrazzo che la porta si aprì e apparvero la governante, seguita dalla nurse e due bambini. “Venite avanti,” disse il priore e, rivolto a Pina: “Questi che ti sorride, pallidino è Fed; l'altro, che ti fa il broncio perché avrebbe voluto un regalo, è Settimio.” “Mi ricordo...” rispondevi, facendo loro una carezza, “ma di chi sono figli... A volte mi confondo.”
“Non temere; so che ci si può confondere, poiché sono più i parenti andati in cielo che quelli rimasti sulla terra. Vedi... Noi siamo tralci di una vite molto debole, ma solida alle radici. Ora ti spiego: Agathe, sorella del tuo nonno Modesto, ebbe due figli, Geriaco e Rosa; i loro rispettivi figli crebbero e procrearono, ma morirono prematuramente, lasciando figli in tenera età. Qui, rimasero solo gli anziani e una decina di orfanelli dei quali si prende cura il signore a tuo fianco, Letterio. Quanto a me, io sono Leoponzio, non proprio un congiunto, ma alla stregua di uno zio per voi.
Ed ora, andate e, tu, Pina, non ti impressionare per le cose tristi che ti ho svelato; sei flessibile come
un giunco; non permetterai alla malattia di prendere il sopravvento. Andammo a raggiungere i cugini che aspettava non nella sala dei ricevimenti.” “Allora? Avete avuto il colloquio con il Priore? Gli avete parlato di noi?”
“Verrà a momenti, cugina” rispose Pina, “ero col signor Letterio ed egli ci abbracciava, come se fossimo i suoi nipoti.”
Pinuccia, ti guardavo commosso. Era evidente che tu, amica mia, eri già nel mio cuore.
Continua.
»
- Blog di Giuseppina Iannello
- 620 letture