Scritto da © Giuseppina Iannello - Dom, 30/03/2014 - 14:35
Giungeva...
Il professore di Latino, che dopo aver spiegato,
apriva il registro per interrogare:
tra i banchi, un silenzio assoluto
“Eh!, ad uno ad uno,
non c'è bisogno che voi vi affanniate.”
Il professore di Latino, che dopo aver spiegato,
apriva il registro per interrogare:
tra i banchi, un silenzio assoluto
“Eh!, ad uno ad uno,
non c'è bisogno che voi vi affanniate.”
A volte, invece,
il chiasso andava oltre misura;
il professore così, ci ammoniva:
“Figlioli, se pensaste voi un attimo
alla morte, non fareste più tanto baccano!
Voi non sareste più così euforici.”
Giungeva poi, il professore di Greco;
entrava in aula come messaggero
d'argomenti leggeri
perché eravam fanciulli e non voleva
che a noi si svelasse il mistero di un mondo
così crudele. “Fanciulli,” ci diceva:
“la neve già si scioglie sulle alte quote;
fra poco sarà primavera
e la prima viola ravviserete ai margini
dei rii.”
Ricordo... Un altro professore,
dall'aria mesta,
avrebbe voluto anch'egli che il suo affetto,
si protraesse nel tempo.
Mi avvicinai
e non senza emozione, gli dissi:
“Professore, noi le vogliamo tanto bene.”
Mi guardò con dolcezza
e mi rispose: “Abbi coraggio,
se mai, ma il ciel non voglia,
ti troverai a fare il mio mestiere,
ricorda: l'amore degli allievi è
molto breve:
è come il sole di marzo:
a volte ti fa male.”
E c'era poi il professore
che tutti temevano, quello di Matematica,
delle espressioni e della trigonometria
oh, che orrore...!
Ma era l'ultimo anno:
eravamo più buoni ed era carnevale
perciò un dì di febbraio, l'austero
professore, volle comprarci i coriandoli
e le stelle filanti.
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