Scritto da © Giuseppina Iannello - Mar, 13/09/2016 - 14:12
* poesia rivolta a zia Maria *
“E quanto ancora...”
Molto era racchiuso
nella tua voce
in quel febbraio freddoso.
E in silenzio perivi.
Non mi vedevi
diventar “dottore”.
E poi il giorno arrivò:
auguri e fiori
riempirono la stanza.
Io fui la sposa
che fede giura
al candido ideale.
Ideale...
Sì grande come il mare,
diamantino, come filo
di gemme in un bracciale
e non sapevo, zia,
molto ignoravo.
Qui, sulla terra, il tempo
sai, trascorre,
ma sembra non passare
quando un'ansia ci affligge.
In questi anni spesso
t'ho pensata:
eri buona, sincera,
mi volevi felice.
Dal Paradiso, ove adesso
sei, fai in modo di vedermi.
Io sono sola, qui
tra la gente,
io, che sono nessuno.
Il mio giogo conduco
e i genitori,
son tristi per me.
Vedi, qui sulla terra
ha volti ostili
lo spazio
in cui mi muovo
e sguardi torvi,
dita accusatrici.
Vedi, fra tanta gente
sono sola:
per le vie cittadine,
incerta, vago
e cerco, tra la folla,
simile al tuo,
un sorriso.
È il vuoto intorno...
Per i miei studi
un sogno s'avverava;
senza di voi,
che n'ebbe la mia vita?
E Tu,
dal Ciel comprendi
e sei informata,
che m'ebbero spezzato
le ali e il cuore.
A volte, non m'accorsi,
Tu passavi, coprivi
le mie spalle,
come per dirmi:
“Copriti sin d'ora;
c'è molto freddo,
dove andrai.”
O zia Maria,
perdono, per
non averti veduta.
Piango, in silenzio;
imploro, che Tu
mi benedica.
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