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Dalle memorie di un Professore - La casa di Firenze

La casa di Firenze, l'ebbi scelta all'insaputa di Maria. Mi recavo da solo una mattina, presso un'agenzia immobiliare; il suo nome era apparso sul quotidiano “Il Gazzettino di Firenze”: “Antica Casa Immobiliare Fiorentina”. Il nome mi aveva suscitato simpatia, perché per me antico, equivale a prezioso. Così dopo i primi tentativi andati a vuoto, perché, l'agenzia Chiaravalle alla quale mi rivolsi in un primissimo tempo, mi aveva demoralizzato, affermando che gli immobili da vendere o da locare, erano pochissimi, mi trovavo ad avere un colloquio con lo stesso proprietario dell'appartamento, messo in vendita. “Piacere di conoscerla, Giseldi...” disse stringendomi la mano... Sorrisi; stavo per dirgli che Giseldi, era anche il cognome di mia madre, ma ricordando che ella non voleva che si sapesse, non dissi nulla. “Quello proposto dal mio rappresentante” mi disse il proprietario, “è un bell'appartamento; l'intestataria era mia sorella. Le stanze sono ampie ed ariose perché la sorellina era malata ed aveva bisogno luce ed aria. Se è interessato ad acquistarlo, la porto volentieri.” Salivo nel calesse; mi sorpresi di esser taciturno per paura di infranger la speranza che nutrivo. Marco Giseldi mi indicò la via, dicendo: “Ecco, ci siamo...” Ed anche quella volta mi stupii di un nome familiare. Scendemmo: vidi una palazzina verde acqua, in ottimo stato. Salimmo e giunti al pianerottolo, notai il color dell'uscio... Era un marrone, simile al rosso Prussia. Il proprietario apriva: ci accoglieva una sala d'ingresso esagonale: sul davanti, nella parte centrale, una porta dava ingresso all'ampio soggiorno. Il soggiorno comunicava con la cucinina, una stanza rettangolare che fungeva anche da tinello. Lateralmente, a destra si trovava la camera da letto di Clotilde, la giovane signora, che aveva preferito vivere da sola per non far pesare sui propri familiari, la malattia; annessa alla camera da letto era la toilette. Dalla parte sinistra della saletta esagonale, ci si immetteva, invece, alla camera degli ospiti, anch'essa molto bella, ma con mezzo servizio all'angolo una porta riservata, dava ingresso allo studio, molto accogliente per ampiezza, simmetria perimetrale e luminosità. Dopo avermi mostrato quella casa, senza tentare di invogliarmi, il proprietario, mi chiedeva: “Allora, che gliene pare?” Risposi: ”È molto bella e mi sembra risponda alle nostre esigenze; dipende ora dal prezzo...” Marco Giseldi quella divagazione non se l'aspettava, perché la sua famiglia era agiata. Mi disse: “Quanto al prezzo, può ritenersi fortunato, perché ho deciso di rispettare in tutto, la la volontà della mia sorellina, che in punto di morte, mi disse, le testuali parole: Fratello, lascio a te che mi hai assistita, il mio appartamento, ma, se decidi, di venderlo, non cedere alla persona più aitante; rendilo a chi può comprarlo solo con i proventi del suo stipendio; questo per dimostrare a quel cialtrone del mio ex consorte che con i soldi non si compra niente; egli ha inteso comprarmi... Io mi sono ammalata. Vorrebbe la mia casa, non l'avrà perché la lascio a te, fratello mio, con il divieto di venderla ai suoi parenti.” Ero visibilmente commosso... “Signor Marco, pensa che io meriti, le attenzioni di un angelo?” “Penso di sì” rispose, “perché ella è venuta in questo luogo, senza chiedermi prima, se avevo provveduto alla disinfezione; ed io ho voluto metterla alla prova.” Abbracciai quel signore, dicendo che per la sua spiritualità, avrei gradito averlo tra i miei amici, ed egli mi sorrise, dicendo: “Siamo già.”
Per poche centinaia di lire io comperavo quel bell'appartamento, in Viale Pergolesi. E quanto al suo cognome e a quello del viale, più tardi raccontavo a Marco, la mia storia
 
Scesi dal treno, Maria ed io, ci incamminammo... Pochi minuti e avremmo preso definitivamente, alloggio, nella nuova abitazione. Mia sorella era ansiosa ed anch'io lo ero... Non vedevo l'ora di conoscere il suo parere. Giungemmo, finalmente, a destinazione.
“Maria,” le dissi con trepidazione, “che cosa te ne pare?” Rispondeva: “L'alloggio sembra bello...”
Entrammo in ogni stanza: tutto era lindo, luminoso, bello.
La camera di Clotilde era la più bella; per celia, mi rivolsi a Maria dicendo: “Questa la prendo io che ho avuto il merito di scegliere la casa.” Maria storse le labbra leggermente; poi, sorridendo, disse: ”Viva la cavalleria.” Rimasi disarmato e mi risolsi di raccontarle tutto, anche perché non era nel mio carattere, avere dei segreti con le persone amate. “Maria” le dicevo, “Se tu la vuoi, io te la cedo, però devi sapere...”
Maria si mise sulle difensive, perché aveva capito tutto... “Va bene, mi diceva, hai ragione... Quella più bella la prende il Professore.”
Abbracciai mia sorella, che era diventata comprensiva; aveva un po' di impressione, riguardo alle malattie, ma non più le fisime del contagio; questo grazie all'amore di Alessandro perché l'amor da sempre compie magie.

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