Scritto da © Giuseppina Iannello - Dom, 18/08/2013 - 16:02
Mi congedavo da mio Padre con un abbraccio e mi avviavo alla piccola comunità che mi aveva accolto. Ora ero in grado di ricordare anche le cause del mio scompenso, l'irrigidimento muscolare e
le lo smarrimento per il quale non ricordavo più nulla.
“Se tu mi aspetti, ce ne andremo insieme” dicevo alla mia sposa. Ma era l'alba e sapevo, che non avrei trovato aperti i cimiteri. Pianse a dirotto, l'anima fanciulla...
Sentii un formicolio in tutto il corpo; poi... Uno scorrimento alle tempie. Perdevo i sensi. So che mi soccorrevi, dolce amore, mentre ero disteso sulla strada, ma ti dicevo: “Senza di Te, non vale.” E reclinavo il capo. Ma tu, eri venuta, dolce amore; so che mi stavi baciando, aiutandomi a rinvenire. I miei ricordi per il momento, si fermavano lì.
le lo smarrimento per il quale non ricordavo più nulla.
“Se tu mi aspetti, ce ne andremo insieme” dicevo alla mia sposa. Ma era l'alba e sapevo, che non avrei trovato aperti i cimiteri. Pianse a dirotto, l'anima fanciulla...
Sentii un formicolio in tutto il corpo; poi... Uno scorrimento alle tempie. Perdevo i sensi. So che mi soccorrevi, dolce amore, mentre ero disteso sulla strada, ma ti dicevo: “Senza di Te, non vale.” E reclinavo il capo. Ma tu, eri venuta, dolce amore; so che mi stavi baciando, aiutandomi a rinvenire. I miei ricordi per il momento, si fermavano lì.
La notte sopraggiunse nel piccolo ospedale e mi sorprese in lacrime: “Amore, dove sei?”
E mi sembrò sentirla, tra le ombre la sua mano, poi... La sua voce, simile a un sussurro: “Amore, sono qui. Devi sapere... Che son successe molte cose...”
Mi ero appena mossa... E un fanciullo mi vide: “Mamma, papà, accorrete, la giovane s'è mossa!”
“Cosa hai veduto?” Chiese il genitore.
“Niente, in particolare, ma solo che la pelle ha traspirato, allontanando un moscerino. La famigliola, ch'era alla veglia di un a zia, si premurò di avvisare i necrofori. E vennero i necrofori, senza aver la forza di capire: “Se si muove di nuovo, che faremo? La legge non concede un altro giorno...”
Poi vennero i custodi... Le braccia non eran più conserte, ma penzoloni. Provarono a socchiudere la bara, ma mentre stavano per farlo, le mie ciglia tremarono. Allora, li sentii farfugliare qualcosa, l'uno, nell'orecchia dell'altro: “N'i desiru n'a morta? Oppure n'u fantasma? E, adesso, che facciamo?”
“Mettiamola un po' in parte, vicino al cancelletto; se si sveglia, vede la strada.”
“Sapessi, Amore, con il cuore in gola, mi preparavo per alzarmi, ma ogni volta, quando sembrava stessi per farcela, ricadevo... A causa dei capogiri.”
Venne ancora il custode, e li notò gli sforzi... Perché mi vide esausta, riversa su me stessa.
Allora, ritenne giusto, assumersi le proprie responsabilità, ma fra il faceto e il serio mi disse: “Avete
fatto di tutto, signorina, per metter lo scompiglio...”
Senza scompormi, mi bagnò delicatamente con olio Santo, affinché mi rigenerassi; poi, mi prendeva sulle spalle e mi condusse fino alla cripta centrale, all'ingresso del cimitero. Entrati, mi distese su di una panca e mi disse: “Aspettate, che passo prima dall'imbianchino che abita in questi pressi... Poi cercherò dell'acqua e qualche alimento.” Là, sulla panca, rimanevo sola, ma mi rianimavo grazie all'olio santo, che rigenerava la mia pelle e alle fragranze del ginepro e dei cipressi, preziosi al mio respiro.
Intanto, il custode, chiedeva all'imbianchino: “La vostra signora, avrebbe uno scialle da prestarci?” E gli raccontava, quanto era accaduto. L'imbianchino, sorpreso, si dimostrò subito solidale. “Prenderò meglio una coperta,” rispose.
Era una mattina senza sole e mi sentivo delle punzecchiate al petto...
Ma quando giunse l'imbianchino, con la coperta, mi sentivo subito meglio e ringraziavo con un cenno del capo. Si attendeva il custode, che dopo una buona mezz'ora, giungeva a passi lenti.
“Non ho trovato gran che; vogliate scusarmi, ma vi ho portato un frutto e l'erba cedronella, che dicono, sia un rimedio contro le morti apparenti.”
“Non fu morte apparente,” gli dissi, sottovoce. “Io mi librai lontano... Vidi un monte... Una Croce.”
“Ma non parlate,” disse “potreste stare male.”
“Dunque, non mi credete?”
“Fu, a mio parere, solamente un sogno.”
Ma l'imbianchino, prendendomi la mano, mi disse, dolcemente: “Suvvia, non vi sforzate... Noi, invece, ci crediamo, la mia famiglia ed io.”
Intanto, non me lo aspettavo, quasi di brutto, venivo presa e messa su di una lettiga e legata perché non scivolassi; era necessario per la certificazione, portarmi al più vicino ospedale.
“Ma che cosa fate?” Avrei voluto ben dire, ma per evitare di sentirmi male, soprassedevo!
All'ospedale, il medico di turno, mi accolse con aria beffarda e rivolto ai miei salvatori, disse loro: “Che cosa mi portate... Un uccello rapace?”
“Noi vi informiamo che vi trovate di fronte a una miracolata. Perché la Signora era già stata dichiarata morta. Ora ci occorre un altro documento che ne attesti il ritorno in vita.”
Il medico, inorridito, quasi pensando di essere contagiato da un'ammalata di peste, pretese che venissi lavata in infermeria, con acqua e sapone. Dopo di che, mi tastò i polsi, trovandoli regolari. Poi, guardo la lingua; era pulita. Fu allora, che quasi in uno scatto, disse: “Vi divertite, eh, a farci impressionare... Non ha nulla... Potete rimandarla al suo paese. In quanto alla storia del miracolo, io non posso sottoscrivere che la paziente è stata miracolata, non essendo io il medico curante che ne appurò il decesso, mettendolo agli atti.”
“Signora”, mi disse l'imbianchino, io non posseggo un calesse, ma posso regalarvi un somarello...”
Scossi la testa, in segno di diniego, dicendo: “Io vi ringrazio molto, ma vado a piedi... Ce la farò. La mia casa è distante poche miglia da qui. E, dopo, c'è la forza del pensiero.” “Signora”, disse il custode, “ricordate una cosa: ora siete tra noi, in carne ed ossa; perciò fate bene attenzione.”
“Non fa niente”, risposi. “È quasi mezzogiorno ed il mio amore, dovrebbe essersi imbarcato. Io vi ringrazio ancora. Vi do l'arrivederci in altra data.”
Nota esplicativa e di riepilogo
Nonno Letterio si trova, senza saper come, nel primo novecento. Ricorda che, relativamente all'amore, ha vissuto una storia dolcissima con Pina; ma si era nel 1700.
Letterio, non riesce dapprima, a spiegare il perché di un così grande salto nel tempo. Poi si rende conto di aver abbracciato ben quattro esistenze temporali, intervallati da periodi di quiescenza. Le quattro esistenze hanno determinato il corso della sua vita. Perché tutto questo?
Attraverso l'aiuto dei propri familiari defunti, attraverso la realizzazione dei propri programmi idealistici, Letterio, perviene alla consapevolezza del suo sempre esser se stesso, in ogni momento, in ogni occasione della vita. Tutto ciò che accade ha una logica intrinseca e corrisponde ad una finalità.
E mi sembrò sentirla, tra le ombre la sua mano, poi... La sua voce, simile a un sussurro: “Amore, sono qui. Devi sapere... Che son successe molte cose...”
Mi ero appena mossa... E un fanciullo mi vide: “Mamma, papà, accorrete, la giovane s'è mossa!”
“Cosa hai veduto?” Chiese il genitore.
“Niente, in particolare, ma solo che la pelle ha traspirato, allontanando un moscerino. La famigliola, ch'era alla veglia di un a zia, si premurò di avvisare i necrofori. E vennero i necrofori, senza aver la forza di capire: “Se si muove di nuovo, che faremo? La legge non concede un altro giorno...”
Poi vennero i custodi... Le braccia non eran più conserte, ma penzoloni. Provarono a socchiudere la bara, ma mentre stavano per farlo, le mie ciglia tremarono. Allora, li sentii farfugliare qualcosa, l'uno, nell'orecchia dell'altro: “N'i desiru n'a morta? Oppure n'u fantasma? E, adesso, che facciamo?”
“Mettiamola un po' in parte, vicino al cancelletto; se si sveglia, vede la strada.”
“Sapessi, Amore, con il cuore in gola, mi preparavo per alzarmi, ma ogni volta, quando sembrava stessi per farcela, ricadevo... A causa dei capogiri.”
Venne ancora il custode, e li notò gli sforzi... Perché mi vide esausta, riversa su me stessa.
Allora, ritenne giusto, assumersi le proprie responsabilità, ma fra il faceto e il serio mi disse: “Avete
fatto di tutto, signorina, per metter lo scompiglio...”
Senza scompormi, mi bagnò delicatamente con olio Santo, affinché mi rigenerassi; poi, mi prendeva sulle spalle e mi condusse fino alla cripta centrale, all'ingresso del cimitero. Entrati, mi distese su di una panca e mi disse: “Aspettate, che passo prima dall'imbianchino che abita in questi pressi... Poi cercherò dell'acqua e qualche alimento.” Là, sulla panca, rimanevo sola, ma mi rianimavo grazie all'olio santo, che rigenerava la mia pelle e alle fragranze del ginepro e dei cipressi, preziosi al mio respiro.
Intanto, il custode, chiedeva all'imbianchino: “La vostra signora, avrebbe uno scialle da prestarci?” E gli raccontava, quanto era accaduto. L'imbianchino, sorpreso, si dimostrò subito solidale. “Prenderò meglio una coperta,” rispose.
Era una mattina senza sole e mi sentivo delle punzecchiate al petto...
Ma quando giunse l'imbianchino, con la coperta, mi sentivo subito meglio e ringraziavo con un cenno del capo. Si attendeva il custode, che dopo una buona mezz'ora, giungeva a passi lenti.
“Non ho trovato gran che; vogliate scusarmi, ma vi ho portato un frutto e l'erba cedronella, che dicono, sia un rimedio contro le morti apparenti.”
“Non fu morte apparente,” gli dissi, sottovoce. “Io mi librai lontano... Vidi un monte... Una Croce.”
“Ma non parlate,” disse “potreste stare male.”
“Dunque, non mi credete?”
“Fu, a mio parere, solamente un sogno.”
Ma l'imbianchino, prendendomi la mano, mi disse, dolcemente: “Suvvia, non vi sforzate... Noi, invece, ci crediamo, la mia famiglia ed io.”
Intanto, non me lo aspettavo, quasi di brutto, venivo presa e messa su di una lettiga e legata perché non scivolassi; era necessario per la certificazione, portarmi al più vicino ospedale.
“Ma che cosa fate?” Avrei voluto ben dire, ma per evitare di sentirmi male, soprassedevo!
All'ospedale, il medico di turno, mi accolse con aria beffarda e rivolto ai miei salvatori, disse loro: “Che cosa mi portate... Un uccello rapace?”
“Noi vi informiamo che vi trovate di fronte a una miracolata. Perché la Signora era già stata dichiarata morta. Ora ci occorre un altro documento che ne attesti il ritorno in vita.”
Il medico, inorridito, quasi pensando di essere contagiato da un'ammalata di peste, pretese che venissi lavata in infermeria, con acqua e sapone. Dopo di che, mi tastò i polsi, trovandoli regolari. Poi, guardo la lingua; era pulita. Fu allora, che quasi in uno scatto, disse: “Vi divertite, eh, a farci impressionare... Non ha nulla... Potete rimandarla al suo paese. In quanto alla storia del miracolo, io non posso sottoscrivere che la paziente è stata miracolata, non essendo io il medico curante che ne appurò il decesso, mettendolo agli atti.”
“Signora”, mi disse l'imbianchino, io non posseggo un calesse, ma posso regalarvi un somarello...”
Scossi la testa, in segno di diniego, dicendo: “Io vi ringrazio molto, ma vado a piedi... Ce la farò. La mia casa è distante poche miglia da qui. E, dopo, c'è la forza del pensiero.” “Signora”, disse il custode, “ricordate una cosa: ora siete tra noi, in carne ed ossa; perciò fate bene attenzione.”
“Non fa niente”, risposi. “È quasi mezzogiorno ed il mio amore, dovrebbe essersi imbarcato. Io vi ringrazio ancora. Vi do l'arrivederci in altra data.”
Nota esplicativa e di riepilogo
Nonno Letterio si trova, senza saper come, nel primo novecento. Ricorda che, relativamente all'amore, ha vissuto una storia dolcissima con Pina; ma si era nel 1700.
Letterio, non riesce dapprima, a spiegare il perché di un così grande salto nel tempo. Poi si rende conto di aver abbracciato ben quattro esistenze temporali, intervallati da periodi di quiescenza. Le quattro esistenze hanno determinato il corso della sua vita. Perché tutto questo?
Attraverso l'aiuto dei propri familiari defunti, attraverso la realizzazione dei propri programmi idealistici, Letterio, perviene alla consapevolezza del suo sempre esser se stesso, in ogni momento, in ogni occasione della vita. Tutto ciò che accade ha una logica intrinseca e corrisponde ad una finalità.
Nota esplicativa
Il 1711 fu l'anno degli eventi più significativi: il 22 aprile mi sembra di capire, Letterio e Pina si univano in matrimonio. Ma il giorno successivo Pina spegneva, a causa del mal sottile; sfuggiva però alla persecuzione dei cospiratori, nei confronti degli ecclesiastici sposati e delle loro famiglie.
Nota esplicativa
Il 1520 segnava nella storia d'Italia una svolta; veniva emanato un editto, che stabiliva il nuovo ordinamento clericale: le città più importanti, avevano ognuna il proprio arcivescovato. Ogni arcivescovato, definiva le nuove norme per gli ecclesiastici. Nella città di Messina veniva riconosciuto il pieno impegno sacerdotale, non ai celibi, ma ai sacerdoti sposati, perché la famiglia costituisce il primo amorevole nucleo, in una società civile che si fonda sull'amore. Tra le famiglie ecclesiali, si registra in Messina la famiglia De Meo, o nella forma latinizzata De Meis.
Ogni sacerdote, non viveva a spese dei benefattori, ma aveva un lavoro autonomo.
L'Arcivescovato di Messina, rifiutava accettazione dei Dogmi perché come si sa, racchiudono favolette molto strane, che mettono a disagio il credente.
Il 1520 segnava nella storia d'Italia una svolta; veniva emanato un editto, che stabiliva il nuovo ordinamento clericale: le città più importanti, avevano ognuna il proprio arcivescovato. Ogni arcivescovato, definiva le nuove norme per gli ecclesiastici. Nella città di Messina veniva riconosciuto il pieno impegno sacerdotale, non ai celibi, ma ai sacerdoti sposati, perché la famiglia costituisce il primo amorevole nucleo, in una società civile che si fonda sull'amore. Tra le famiglie ecclesiali, si registra in Messina la famiglia De Meo, o nella forma latinizzata De Meis.
Ogni sacerdote, non viveva a spese dei benefattori, ma aveva un lavoro autonomo.
L'Arcivescovato di Messina, rifiutava accettazione dei Dogmi perché come si sa, racchiudono favolette molto strane, che mettono a disagio il credente.
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