Scritto da © fabiomartini - Ven, 25/12/2009 - 18:28
Sulla facciata grigio chiaro
del nostro scolorito palazzo
qui a Pietroburgo, a un passo
dalla Prospettiva Nevskij,
questo nostro inverno russo
sta appeso alla ringhiera di ferro
e sui cornicioni.
Il ghiaccio scioglierà in estate
tuo padre tossisce ora
“Ci vorrebbe del pane”.
Dai vetri della stanza
Il brusio assordante…
tra il vapore del nostro fiato
la gente nelle strade, un fiume in piena.
Le campane delle chiese
suonano indomite
a coprire i colpi dei cannoni
dell’Aurora sulla Neva
e della polizia gli spari alla cieca sulla folla.
In un istante, anche noi
siamo laggiù, si rotola giù si spalanca il portone.
“Se vuoi, baciami adesso amore
io sono qui” e quasi urlando.
“Fallo dai… che aspetti?
Potrebbe esser l’ultimo.” Dico.
“Oppure il primo”. Rispondi.
“Che si cominci a mangiare… almeno”… sussurri.
Sei bellissima…
Sulla strada la gente vola
e anche tu, anch’io…
sulla strada voliamo tutti…
volano i nostri vent’anni.
Ho imparato a odiare, penso.
La fame insegna millanta cose.
sbatte nell’aria la rossa bandiera
terremoto la terra muove
le gocce del fucile piangono.
strepita nell’aria il nome Lenin
che dal camion con impeto
piega il braccio in avanti.
Latra nell’aria il tuo cane
che morde il culo a chi scappa.
E sulla Prospettiva Nevskij,
fischia un vento di follia.
Tu corri… io dietro
amor mio
un fazzoletto rosso al polso ed io al collo.
Che da stasera…
si ricominci a vivere… almeno…
senza morire
…di fame”
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